Venerdì primo aprile l’Onorevole Valeria Fedeli, Vice Presidente del Senato, ci ha onorati della sua presenza in occasione dell’incontro: “Quando la politica è donna”. Una gran parte dei cittadini forse ricorderà la bella immagine del Presidente Mattarella accolto alla Camera dei Deputati da sole donne, il giorno del suo giuramento. L’Onorevole Valeria Fedeli era una di loro.
In quella occasione, in attesa del ritorno di Pietro Grasso (Presidente Supplente in seguito alle dimissioni dell’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano), entrambi i rami del Parlamento e le rispettive Segreterie Generali, seppur provvisoriamente, si trovarono con una guida tutta femminile. E’ stato un simbolo. Importante.
Dopo 70 anni dall’estensione del voto alle donne (1945), questo curioso e lieto evento ci dimostra quanti passi in avanti l’Italia è riuscita a fare.
I simboli sono tappe necessarie, importanti e sono l’occasione per intraprendere, iniziare o continuare cammini di riflessione, come quello dello scorso venerdì primo aprile, durante il quale è stato proposto di inserire un focus dedicato all’imprenditoria femminile.
Per questo motivo, in attesa che decolli nelle prossime settimane un’iniziativa specifica programmata dedicata anche alle imprese a guida femminile, è necessario ed è un dovere affiancare la Commissione tematica Pari Opportunità. C’era anche l’obiettivo di dare spazio e voce alle donne imprenditrici, poco conosciute, individuate sulla base di alcuni criteri oggettivi come quelli del raggiungimento di risultati ormai consolidati, la presenza in un settore strategico per le Marche, la presenza in un settore e canale promettente o comunque orientato verso il futuro.
Queste donne hanno già intrapreso la via del successo o stanno dimostrando tenacia. E sin qui è la parte degli aspetti positivi. Tuttavia per altre donne e per altre imprenditrici, oltre ai normali problemi legati alla gestione quotidiana di un’impresa, i dati analizzati non sono confortanti e, in alcuni casi, dettano anche una grande preoccupazione.
Sono questi stessi dati che ci impongono di prendere provvedimenti nel più breve tempo possibile e che dimostrano come per le Marche puntare sull’imprenditoria femminile debba da subito diventare una strategia prioritaria, una via irrinunciabile.
L’incrocio di dati riferiti alla disoccupazione femminile (11% rispetto al 9% maschile), frequenza universitaria femminile nelle Università Marchigiane (25.000 donne rispetto a 20.000 uomini) e al tasso di disoccupazione delle donne con una laurea (9.5% dalle donne rispetto al 5.7% degli uomini) è già un chiaro campanello di allarme per il futuro.
E’ evidente che, per vari motivi, la politica non possa permettersi il lusso di trascurare questi dati.
Quali sono le conclusioni immediate che possiamo trarre da questi dati? I numeri dicono che le donne hanno oggettivamente delle barriere all’entrata nel mondo del lavoro. E sappiamo già, da tempi remoti, che quando ci sono guadagnano comunque di meno.
Il rischio verso il quale le Marche si stanno orientando è grave. Se, come dimostrano i dati, rispetto agli uomini le donne studiano di più e subiscono delle barriere all’entrata nel mondo di lavoro, una volta conclusi gli studi negli Atenei marchigiani, che cosa farà l’altra metà del cielo marchigiano originario della nostra regione e che deciderà di rimanere sul territorio?
Queste donne andranno ad allungare le file dei disoccupati, pur avendo speso – o fatto spendere – un patrimonio per la propria formazione e dopo aver accumulato alte capacità e competenze. A tutti questi rischi bisogna aggiungere il fatto che la popolazione continua ad invecchiare molto rapidamente. In effetti, ad oggi oltre il 20% dei marchigiani è ultrasessantacinquenne.
Quali sono le cause di questa situazione che difficilmente si discosta da una vera e propria discriminazione?
Si tratta innanzitutto di un problema culturale. Sono limiti oggettivi, resistenze, purtroppo imputabili alla storia, al sistema, agli uomini, ma talvolta anche alle donne stesse. Ancora oggi e troppo spesso, si continua a non accettare che una donna sia in grado di gestire, dirigere e decidere.
L’esistenza di imprenditrici forti motivate sono la prova che tutto questo sia falso, specialmente in una Regione come le Marche dove le imprese femminili rappresentano il 23% del totale.
Ma c’è anche un problema politico: In Italia, siamo stati obbligati a ricorrere alle leggi per inserire le donne nei Consigli di Amministrazione delle società ed in politica (con le cosiddette “quote rosa“).
La regola generale vorrebbe che il patrimonio dell’imprenditorialità andasse difeso, indipendentemente da chi ne è l’autore: perché anche le donne possono creare occupazione, ricchezza e benessere, assumendo il potere di scegliere, comandare e decidere. In più nelle Marche, zona manifatturiera, l’imprenditoria femminile è un fattore strategico, che dovrebbe essere addirittura, secondo il parere di chi scrive, trasformato in un cluster strategico a sé.
Da un lato, per lottare contro e colmare i limiti culturali, da qualsiasi parte essi provengano, donne comprese. Dall’altro, l’imprenditoria femminile può e deve diventare una vera opportunità per ridurreil tasso di disoccupazione, come questo spetta a tutte le aziende in generale. Infine, potrebbe rivelarsi una leva straordinaria per il sistema imprenditoriale marchigiano al fine di intervenire e agire sulla disoccupazione femminile di donne diplomate e con alto grado di competenze. Ed anche un’opportunità per le donne stesse. Bisogna aumentare le occasioni perché si convincano di essere capaci di abbracciare un mondo difficile ma che ha bisogno di loro non solo come risorse umane ma come persone competenti.
Difendere il patrimonio imprenditoriale non è uno slogan: è una priorità assoluta e lo diventerà sempre di più per creare e salvaguardare posti di lavoro. Per questo nelle prossime settimane verrà lanciata l’iniziativa tematica dedicata, partendo dal mondo del Coworking, e rivolta a realtà innovative che contribuiscono allo sviluppo dell’economia e ai nuovi metodi di fare impresa partecipando alla trasformazione dei modelli economici che il mondo odierno e l’economia digitale continuano ad imporci.
Le donne non devono e non possono essere lasciate fuori. Ascoltiamole e lavoriamo tutti insieme per l’evoluzione del sistema politico, economico e sociale della nostra Regione. Per il bene del nostro Paese, per un futuro più sereno della nostra Europa.