Nella sua prefazione del libro di Guido Milana “l’Europa che ci crede”, il Ministro Paolo Gentiloni afferma: “L’Italia è, con la Germania, il solo grande paese europeo nel quale il mito dell’Unione e dell’Unità politica del Continente ha caratterizzato le forze democratiche in tutto il dopoguerra”. Per la Germania l’incarnazione di queste posizioni indefettibili pro-europee sono riconducibili ad autorevoli rappresentanti, scomparsi recentemente, come l’ex cancelliere Helmut Schmidt e Hans-Dietrich Genscher, Ministro degli Esteri tedesco per 18 anni e artefice accanto ad Helmut Kohl, entrambi brillanti strateghi, della riunificazione della Germania dopo la caduta del Muro di Berlino.

L’Europa si è costruita in tempi molto più difficili rispetto a quelli odierni, ha dovuto superare scogli molto complicati. Ma oggi il quadro non è tra i migliori.

In Italia tutto è cominciato con l’atteggiamento euroscettico veicolato dai Governi della destra berlusconiana tenuti in ostaggio da una Lega Nord – allora secessionista – che non ci impediva, stranamente a tutti i livelli, di dimenticare la necessità di spendere i fondi europei assegnati.

Saranno poi la crisi del 2008 e le sue drammatiche conseguenze, accompagnata dai debiti sovrani ed il crollo del mercato interno, a consegnarci la situazione complicata che stiamo attraversando ora e alla quale bisogna aggiungere anche il prossimo referendum della Gran Bretagna sull’uscita dall’Unione (Brexit).

La condizione economica attuale, con una forte disoccupazione giovanile nei paesi avanzati, si può definire “precaria”. Eppure, il mondo continua a correre. Forse sarà in questo contesto che la Gran Bretagna vuole sciogliere le sue briglie con l’obiettivo di soddisfare mire espansionistiche e conquistare il futuro mercato finanziario mondiale dettato dall’Asia?

È solo una ipotesi. Ma nel frattempo, la tenuta dell’Europa è quanto meno in grande difficoltà, per non dire a rischio.

Come se non bastasse, le recenti elezioni amministrative in Germania hanno registrato la forte crescita di un partito della destra nazionalista e suscitato allarme e spavento, dettato dai ricordi delle guerre e dagli stermini della seconda guerra mondiale. Il Ministro tedesco delle finanze Wolfgang Schäuble ha finito per accusare la Banca Centrale Europea di essere il vero responsabile del successo del partito populista Alternative für Deutschland.

Oggi l’Europa si trova davanti ad una sfida titanica. Bisogna mediare gli interessi dei cittadini che – allo stesso tempo – sono anche dipendenti, contribuenti, disoccupati, debitori, investitori, richiedenti asilo e migranti. Poi ci sono entità quali le imprese, le collettività locali, gli organi di governo e così via.

Questo mondo non ci viene in aiuto. La crescita esponenziale di vari rischi – economico, geopolitico, ambientale, sociale o tecnologico – è alle nostre porte e bisogna affrontarla. Nell’estate del 2014 il barile di oro nero era scambiato al valore di 100 dollari. Nei tre mesi successivi, il suo prezzo è sceso drasticamente fino a 30 dollari (44 dollari circa ad aprile 2016). L’impatto di questa caduta mette sotto pressione l’intero settore e, peggio ancora, vede crollare i redditi dei paesi produttori. In questi giorni, il Fondo Monetario Internazionale ha di nuovo ridotto le previsioni sulla crescita mondiale, da +3,4% a +3,2% per il 2016.

Varie soluzioni e configurazioni devono essere messe in piedi. A livello europeo, l’indirizzo del Comitato delle Regioni è senza dubbio una strada da percorre puntando ad un maggior coinvolgimento di enti locali e regionali. La dimensione territoriale della legislazione europea è importante anche per ridurre divari, distanze e contribuire a rendere più favorevole il contesto imprenditoriale.

Ma poi, a livello nazionale, come ogni paese che cerca di impostare soluzioni in base ai propri problemi e vincoli affrontando con coraggio riforme come, ad esempio, la questione delle Riforme Costituzionali, l’Italia deve prendere il proprio destino in mano e impostare una strategia senza prescindere dall’Europa. Serve maggiore integrazione come superamento della crisi ed è quello a cui punta l’Italia nel progetto “una strategia europea condivisa per crescita, lavoro e stabilità” presentata dal Ministro Padoan lo scorso 9 aprile dove si evidenzia una forte azione di riforme strutturali e di stimolo agli investimenti sia pubblici che privati.

Quale deve essere la strada da seguire? Andiamo a cercare le soluzioni al livello più basso possibile in termini di contatto tra governanti e governati. Andiamo a cercare soluzioni anche sui mercati lontani da casa nostra per un obiettivo che non deve farci dimenticare da dove veniamo, come siamo finiti in questa situazione e come intendiamo uscirne.

Migliore conclusione tuttavia non può che essere affidata all’Europarlamentare Nicola Danti che nel suo libro “La strada da percorrere” scrive: “Abbiamo davanti sfide epocali. Di fronte ad esse, l’Europa deve tornare a incarnare il sogno e la visione racchiusi nel manifesto di Ventotene. Deve sapere tornare a raccontare quella storia meravigliosa che ha trasformato un insieme di nazioni in guerra in una luogo di convivenza, libertà e democrazia. E per farlo deve riuscire ad agire come un soggetto concreto, unita nelle sue diversità, capace di superare contrasti ed egoismi nazionali che ancora oggi frenano un agire comune. Per farlo, serve un’Europa più integrata, un’Europa più coraggiosa. Un’Europa all’altezza della propria storia”.

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