Europa. Decisioni, incertezze degli USA e congiuntura internazionale giustificano il nostro europeismo

I danni dell’uragano “Maria”, che ha devastato le isole caraibiche sotto sovranità francese ed olandese con venti che hanno soffiato a più di 250 Km orari per oltre nove ore, rendono chiaro che nessuno ce la potrà fare da solo.

Anche l’isola di Puerto Rico (fortemente indebitata e sotto una sovranità che si può definire statunitense) ha subito danni ingenti alla sua rete elettrica e, per sperare in un aiuto, sta guardando proprio a quella Washington con un Governo scettico sul cambio climatico.

Il crollo della scuola in Messico ci ricorda il dramma nostrano dell’edificio scolastico molisano, a San Giuliano di Puglia, durante il terremoto avvenuto tra il 31 ottobre e il 2 novembre 2002.

Lo straordinario numero di soccorritori – andati per fare del bene – e la presenza di forze specializzate, che utilizzano telefoni cellulari tutti contemporaneamente, sta cominciando ad intasare la rete, aggiungendo così ulteriori problemi alle operazioni di soccorso.

Nel frattempo, lo scenario in corso nell’Assemblea dell’ONU vede la messa in discussione dell’accordo sul nucleare – e del principio del multilateralismo – da parte del Presidente degli Stati Uniti. Questo crea imbarazzo in tutto il mondo occidentale, specialmente se sappiamo che ci sono voluti mesi e mesi di negoziati per mettere fine ad oltre dieci anni di crisi. I paesi firmatari sono stati Francia, Gran Bretagna, Russia, Cina e Germania.

Se da una parte può essere comprensibile la posizione di una grande potenza come gli Stati Uniti d’America – che devono fare i conti con una minaccia come la Corea del Nord e così “evitare di far vedere segni di debolezza” – il varo di misure di aiuto finanziario da parte della Corea del Sud in favore del suo vicino del Nord, in momento di crisi così grave, sono un “segnale di distensione” che non va ignorato.

Sappiamo bene quello che può significare spingere un avversario politico con le spalle al muro oppure cercare scuse o inventare prove per costringerlo sulla strada che vogliamo. Il mondo occidentale – e gli Stati Uniti per primi – non devono più (ancora una volta) commettere l’errore delle “armi di distruzione di massa” come nell’Iraq di Saddam Hussein. Sappiamo quanto ci è costato quell’errore e non ci ricordiamo abbastanza che quasi 5.000 giovani americani hanno perso la vita in quel conflitto.

Abbiamo più volte ribadito che l’Europa si trova in un periodo molto critico della sua Storia. Forse il più difficile dalla sua fondazione nel 1957 a Roma. Certamente, sono venute meno alcune condizioni che rendevano molto più facile la sua sopravvivenza e la sua “giustificazione politica”.

Sparita la minaccia dell’Unione Sovietica, che aveva – anche lei – una componente atomica non indifferente con sottomarini in continuo movimento, la promessa europea di “Pace” rimane ancora viva. Quella di “Prosperità” rimane solo se guardiamo i numeri degli scambi, ma è assente nella percezione dei cittadini e in una realtà nella quale povertà, precarietà e percezione di minacce alla nostra sicurezza sono molto più presenti e visibili.

Ma il contesto internazionale odierno ci deve convincere ancora di più che la “Via Europea” sia quella meglio indicata per attraversare questo ennesimo periodo di transizione da un ordine internazionale ad un altro. Poi ci sono le questioni legate all’impossibilità delle nazioni europee – neanche quelle più grandi dal punto di vista demografico e fortissime economicamente – di “farcela” da sole.

Nonostante tutto, le attuali minacce politiche, economiche e sociali rendono l’Europa un concetto, una realtà ed un obiettivo ancora attuale e da difendere con le unghie e con i denti.

Basti guardare alle pressioni di disgregazione interne ad una Spagna che conosce, in questo momento, pressioni di disgregazione della nazione e che non ha imparato niente dalla Brexit, cioè da quello stesso evento che sta mettendo in difficoltà il sistema finanziario della Gran Bretagna.

Mentre i fautori della Brexit sono spariti dalla scena politica nazionale, i politici saliti al governo in Gran Bretagna stanno avviando con grande riluttanza i negoziati necessari per l’uscita dall’UE.

Dall’altra parte, la recrudescenza del populismo in numerosi paesi europei – spinta dalla questione delle migrazioni internazionali – ha scoperto una pentola di problemi che arrivano fino al cuore del deserto del Sahara e nessuno può più dire che non ci riguardano.

La questione più centrale è anche la questione economica, che vede i sistemi produttivi europei minacciati da mercati sempre più lontani, ovvero mercati in posti in cui, trovandosi in piccole nazioni singole, non saremmo capaci di andare o di difendere le nostre prerogative e i nostri interessi.

Sfide future, come una società che invecchia ma con cittadini ancora molto attivi, da una parte, e anche purtroppo, dall’altra, in molti altri colpiti da malattie, oppure una nuova modalità di produrre – come Industria 4.0 – ci impongono di affrontare un mondo completamente nuovo in compagnia di partner che conosciamo almeno dal 1957 fino all’ultimo e recente Allargamento.

Non sarà mai sufficiente ripetere – ancora e ancora – che oggi l’Europa non deve solo rappresentare un obiettivo strategico legato alla pace e alla prosperità.

Oggi, con le minacce sulla cybersecurity e alla protezione dei dati in generale, così come quelle dei fondamentalisti di tutti i bordi e di populismi che vogliono la disgregazione invece dell'”Unità nella Diversità”, l’Europa – è già e può diventare sempre di più – un obiettivo che costituisce un fattore di stabilità e di sicurezza.

I dubbi e le perplessità dei singoli cittadini e le azioni dei politici – meteore in Europa e nel mondo che vogliono mettere in dubbio la forza e l’efficacia dell’Europa – se ne andranno e ne verranno altri.

La confusione internazionale e le azioni negative dei singoli non ci devono far perdere la bussola. L’Europa merita il nostro amore e il nostro impegno politico e sociale, perché l’Europa è come la nostra astronave, quella che ci deve portare dentro il vortice delle galassie del nostro futuro.

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