Europa. Il difficile risveglio dai tentativi di disgregazione
Neanche le difficoltà di un’entità sovrana e che dispone di una forza economica e militare come quella del Regno Unito, che fatica a districarsi da una Brexit che – al momento – sta presentando più lati negativi che positivi, sono riusciti a dissuadere.
In effetti, siamo in presenza di una palese situazione nella quale entità come Stati centralizzati e organizzazioni di Stati (paesi federali), in difficoltà nel mondo odierno, non si sognerebbero mai di “dividersi” in un momento storico e soprattutto di congiuntura economica come questo.
Nonostante ciò, abbiamo assistito e continuiamo ad assistere al fenomeno di voglia di disgregazione di piccole regioni – in questo mondo diventato gigante con la globalizzazione – che dall’Europa ci hanno solo guadagnato e che da sole non potrebbero sopravvivere neanche un secondo sotto la pressione dei vincoli di uno Stato indipendente.
Facciamo qualche esempio come l’accesso al mercato del credito per finanziare il proprio debito, pensiamo alle relazioni commerciali internazionali con concorrenti dei paesi emergenti diventati attori globali, all’interesse della presenza delle imprese che creano posti di lavoro, senza dimenticare “i vantaggi del mercato unico europeo” che adesso, dopo il voto, i Britannici non vogliono buttare via insieme alle disfunzioni dell’Unione Europea, insieme a quello che consideravano “acqua sporca”.
Intendiamoci bene. Quello che ci deve unire in Europa non è l’economia anche se la crisi del 2008 sta per compiere dieci anni – un decennio – lo stesso periodo intercorso fra il 1943 e il 1953, anni decisivi per il destino e la costruzione europea come la conosciamo oggi.
Proprio in quei dieci anni – 1943/1953 – sono successe catastrofi e l’intesa iniziale per mettere in piedi un nuovo modo di stare insieme. Dalle lotte fratricide, allo sterminio di gruppi etnici e di gruppi sociali ritenuti responsabili della degenerazione della razza pura, dalle intolleranze nei confronti di chi la pensa in modo diverso.
L’Europa non è mai stata immune dai tentativi di disgregazione. È sempre stata un continente diviso, nel quale – dall’antichità – convivono sistemi politici e sociali diversi e spesso antagonisti. Abbiamo conosciuto scismi tra imperi, religioni, famiglie regnanti, nazioni e paesi nati o divisi sulla base di religioni.
Oggi, è lo smarrimento nel quale la globalizzazione e la digitalizzazione (con la sua trasformazione dei modelli economici) hanno gettato i “popoli” a far pensare che la salvezza sia nella disgregazione. Niente di più falso e ingiustificato.
L’Europa è ormai un continente vecchio. Ma questo non significa affatto che ha finito di segnare la Storia, l’economia, la politica e soprattutto la tecnologia.
Significa solo che oggi, nessuno dei singoli paesi può ormai pensare di fare da solo. Neanche questo “gigante dormiente” quale è la Germania odierna, uscita in ceneri dalla seconda guerra mondiale, che oggi si ritrova a lottare con i fantasmi del passato. Un partito con idee palesi di estrema destra è di nuovo in Parlamento con quasi cento rappresentanti su circa settecento.
In Catalogna, nel Nord Italia, in parte del Belgio, nei Paesi Bassi e altrove in Europa, pressioni che puntano alla disgregazione sono all’opera.
Ma arrivano anche le nuove classi dirigenti di domani. Come in Austria dove il presidente eletto, che l’ha salvata dal salto nel buio con l’estrema destra al potere, ha dato l’incarico ad un futuro capo di Governo di soli trentuno anni. Ma anche lui si renderà presto conto che la vera sfida per tutti è quella di affrontare un mondo non semplicemente cambiato ma completamente nuovo.
Il sistema europeo ha dei problemi, va sicuramente riformato, non possiamo più fare le cose come le abbiamo sempre fatte, ma l’idea di “Pace e Prosperità” rimane più attuale che mai. E senza l’Europa, affrontare questo mondo completamente nuovo si rivelerà e rimarrà non solo utopia, ma soprattutto un gioco pericoloso.