Europa. I negoziati della Brexit non dovranno affossare la promessa: pace e prosperità

Il sangue ha smesso di essere versato in maniera massiccia e ricorrente sulle terre del continente europeo solo dal 1945. Il motivo principale che ha permesso di raggiungere questo risultato storico è la costruzione europea.

Non dovremmo scomodare troppo la Storia lontana, ma quella vicina ci informa che l’idea della costruzione europea nasce anche attraverso l’applicazione del Piano Marshall o Programma per la Ricostruzione dell’Europa.

Prima è stata la volontà di parlarsi e non di spararsi che ha reso le cose più facili. Poi, benessere, lavoro, fabbriche, vacanze di massa al mare e in montagna, talvolta anche all’estero, hanno garantito pace e prosperità.

Finché le cose andavano bene, abbiamo continuato a viverle questa pace e questa prosperità. Abbiamo superato numerose crisi, come quella del petrolio del 1973, vari crolli di borse in giro per il mondo, perfino gli attacchi dell’11 Settembre 2001. Poi è arrivato il terrorismo globale, che si è andato rafforzando progressivamente, senza dimenticare che – alla fine – sono sopraggiunti i problemi legati alla crisi economica del 2008, che fra poco compirà dieci anni.

È fuori dalla prosperità e dalla pace che i vecchi demoni dell’Europa si fanno vedere e sentire. Ma ci sono anche nuovi lumi e speranze, come quelli di due paesi che hanno perso entrambi la Seconda Guerra Mondiale – l’Italia e la Germania – dove uno è impegnato nel salvataggio in mare dei disperati con costi altissimi per il paese e la collettività, mentre l’altro ha deciso di accogliere un milione di rifugiati, provvedendo anche al loro inserimento nella società.

Le conseguenze della crisi del 2008 hanno dimostrato come e dove la nostra Unione deve lavorare per il futuro.

Primo: se ognuno ci dovesse provare da solo, nessun paese europeo sarebbe in grado di arrivarci. E la priorità urla: lavoro, crescita economica e prospettive future per i giovani.

Se vogliamo veder continuare gli effetti della promessa di pace e prosperità dobbiamo mettere di nuovo insieme le energie per una ripartenza del sistema economico sia dei singoli paesi dell’Unione che, in generale, dell’Unione stessa.

L’enorme violenza che stiamo subendo con il terrorismo internazionale è un chiaro esempio di quello verso il quale non dobbiamo andare: una recrudescenza della violenza cieca, che è facile cominciare ma che è poi difficile da fermare.

Nuove sfide ci aspettano all’interno della nostra Europa, ma anche lontano da casa nostra. Dialogo, mettere insieme risorse e politiche sono mezzi con i quali potremmo sconfiggere il rischio di decadenza dell’Europa.

Per evitare questa decadenza, è necessario puntare sul lavoro. Il lavoro artigianale, manuale, industriale-robotico (Industria 4.0), il lavoro intellettuale-creativo, il lavoro di ricerca e di innovazione.

E al momento, ci sono tutte le condizioni affinché questo avvenga.

L’importante è prima capire che cosa rappresenta l’Europa, sapendo che veniamo da un passato ma che dobbiamo soprattutto guardare avanti.

Specialmente se viviamo in un mondo completamente nuovo, dove la crescita economica non abita più esclusivamente sul continente europeo e dunque “a casa nostra”.

Specialmente se oggi la crescita demografica, le capacità industriali/produttive e i mercati si stanno sempre più spostando verso Est.

Senza dimenticare che il turismo potrebbe rappresentare un motivo straordinario per rilanciare l’Europa non più solo come continente della pace, ma soprattutto come una Destinazione che offre uno spettacolo agli occhi di chi verrebbe a visitarla.

Anche perché, con una popolazione sempre più longeva, l’Europa deve pensare al futuro dei suoi anziani, ma anche a quello dei suoi giovani, eredi che dovranno affrontare una sfida ancora più grande di quella dei propri padri e delle proprie madri.

Perché alla generazione odierna spetterà portare a casa il fatto di “parlare con una sola voce” nella politica estera e nella difesa comune ed avere lo stesso risultato sperato per le Marche, quello di costruire una società europea che vive in uno “sviluppo senza fratture”.

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