2015: Italia, coraggio!
Quest’anno il mondo, per affrontare temi di portata globale, ha dato appuntamento a se stesso curando un’agenda ricca di incontri internazionali. Milano a maggio (avvio Expo 2015), Addis Abeba a luglio (conferenza sul finanziamento dello sviluppo), New York a settembre (Onu e la nuova agenda degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile), Parigi a novembre (conferenza mondiale sul clima). Appuntamenti annunciati in occasione dell’evento “Come cambia il mondo” promosso dal PD a Roma, lo scorso 14 febbraio, e che ora, dopo aver scandito un 2015 che sta volgendo al termine, consentono di fare un bilancio per definire la cornice in cui la comunità internazionale dovrà muoversi nei prossimi decenni. Un dato certo: l’armonia di folle oceaniche che, in sei mesi, hanno percorso il Decumano dell’Expo e il dialogo di pace tra popoli e nazioni, firmatari della stessaCarta di Milano, sembrano già un lontano ricordo, spazzate via da una data. Il 13 novembre 2015.
La speranza e l’azione saranno le migliori armi per uscire da questo lutto infinito che ha scosso la Francia e che nelle ultime settimane ci ha fatto cantare uniti la Marsigliese in ogni momento ed ogni dove. I tempi del lutto, della pietà e dell’indignazione non sono ancora passati. I 130 morti, tra cui l’italiana, figlia dell’Europa, Valeria Solesin, nonché i numerosi feriti dei quali non conosceremo mai tutti i nomi né i volti, hanno riacceso dibattiti, antiche e nuove polemiche e provocato violenze verbali e fisiche. Ma – soprattutto tra i giovani – hanno anche portato voglia di capire che cosa stia succedendo. Voglia di capire la religione musulmana, se è vero o no che sia una religione di violenza. Voglia di capire come mai figli di una nazione possano ritorcersi contro un sistema che li ha cresciuti, educati e dato libertà di circolare ovunque nel mondo, fornendo loro opportunità che altrove avrebbero fatto fatica ad ottenere. Qualcuno, al contrario, sostiene che il problema stia proprio lì, che in realtà i terroristi non sono figli veri di quelle nazioni, Francia e Belgio, nostri partner europei. Perché, non sono mai stati integrati o per loro volontà o per colpa di un sistema che non li ha mai considerati come figli propri. Ognuno è libero di formulare il proprio giudizio. Ma niente e nessuno può giustificare una violenza cieca, che ha finito per travolgere persone di 17 nazionalità diverse, con vittime fra gli stessi musulmani, a partire dalla strage di Charlie Hebdo a gennaio 2015, nei quali un musulmano salvò ebrei in un supermercato. Ma vittime musulmane anche tra quelle del 13 novembre a Parigi. Questo è un dato di fatto e non un’opinione. Questo toglie facili argomentazioni ai mercanti dell’odio religioso, un odio che ha insanguinato l’Europa per secoli, lo conosciamo bene. Evitiamolo. Per esperienza.
In questi anni, nelle relazioni internazionali, i problemi non sono mai mancati, ma in questo caso specifico, a partire da giugno 2014 – con l’annuncio della volontà di creare un “Califfato”, dalla città di Aleppo (Siria) fino alla provincia di Diyala (Iraq) – si stanno moltiplicando in maniera esponenziale. Da allora, più di 15.000 morti e 2 milioni di rifugiati, che hanno dovuto abbandonare le loro case, sono il bilancio in Iraq. In Siria, 4 anni di guerra hanno provocato più di 220.000 morti e più di 4 milioni di rifugiati. Altri fatti e persone che in maggioranza professavano la religione musulmana. In tutto questo disordine mondiale, l’ISIS sembra disporre di più di 30.000 combattenti, tra cui 20.000 sono di origine straniera (Tunisia, Arabia Saudita, Russia, Giordania, Marocco, Francia, Libano, Germania, Regno Unito, Libia, Turchia, Pakistan, Uzbekistan e anche provenienti dall’Italia). I combattenti stranieri: elemento principale che rende questa minaccia particolarmente insidiosa e duratura nel tempo. Molti di questi individui sono pronti a commettere attenti suicidi – adesso sul territorio europeo – proprio come si è verificato a Parigi, appunto.
Dopo questi tragici eventi, alcune domande sorgono spontanee.
Che cosa sarebbe successo dopo le stragi e gli attacchi di una tale portata ad una Francia con più di 5 milioni di musulmani praticanti e ad un Belgio bloccato per alcuni giorni, giustamente, per tutelare l’incolumità dei propri cittadini? Quali conseguenze sulle loro economie? Come proteggere i nostri valori e la sicurezza delle persone e dei beni senza collaborazione europea? I pessimi analisti e gli immancabili speculatori – nascosti dietro al loro anonimato – non avrebbero certamente avuto pietà dei morti e dei feriti e degli interessi di queste due economie che hanno saputo rispondere positivamente a questi grandi rischi. Dobbiamo smettere di vedere problemi laddove ci sono anche soluzioni. Schengen ha senza dubbio costituito un elemento che i terroristi hanno saputo utilizzare a loro vantaggio. Ma non è certamente da considerare solo una “faglia” nel sistema in quanto tale. La stragrande maggioranza dei terroristi erano cittadini europei. L’Euro rende difficile le transazioni internazionali per le nostre imprese? La realtà è che sono poco competitive in termini di prodotto e di prezzi. Ricordiamolo. È stato lo stesso Euro ad essere il vero garante della stabilità dell’economia europea in questi giorni bui, come lo è stato nel 2008 dopo l’inizio della crisi economica mondiale iniziata negli Stati Uniti proprio in quell’anno. Anche questi sono fatti.
Purtroppo, il risveglio dal torpore e il ritorno alla nostra realtà quotidiana sono duri. I vincoli che c’erano prima sono rimasti tali. In alcuni casi si sono aggravati nei fatti, fortemente appesantiti. La risposta è una sola. Reagire, con coraggio. Le nostre economie non possono arrestarsi. Quali traiettorie seguire?
L’internazionalizzazione. Le attività produttive possono, devono essere rilanciate guardando con apertura ai mercati mondiali poiché rappresentano la porta di rilancio dell’occupazione e del lavoro. Alcuni mercati sembrano destinati verso tempi di crisi e di conflitti lunghissimi. Ma dobbiamo insistere cercando nuove opportunità, riflettere sui diversi scenari globali e sulla proiezione internazionale del nostro Paese, perché il mondo deve diventare il nostro mercato.
L’imprenditorialità. La digitalizzazione del mondo continua senza sosta ad avere un impatto rivoluzionario sulle nostre vite quotidiane e a provocare una continua trasformazione dei modelli economici. Alcuni (giovani) imprenditori, anche marchigiani, hanno saputo interpretare correttamente questo nuovo cambiamento epocale, adattare le loro imprese, creare start up innovative e non, partendo proprio da questo nuovo paradigma. È nostro dovere, dovere di tutti, stare al loro fianco, mettendo a disposizione ciascuno nel proprio ruolo, servizi al cittadino e alle imprese (Amministrazioni pubbliche), visioni e indirizzi (politica e associazioni di categoria), capitale umano (università), talenti creativi (imprenditori con esperienza) e mezzi finanziari (sistema bancario e nuovi finanziatori). Tutto questo per salvare un patrimonio – il sistema produttivo marchigiano – che, con azioni di sistema e progettualità di medio lungo periodo, sarà in grado di superare anche questa crisi. Il mercato interno deve riprendere. Dobbiamo continuare,accelerare il nostro impegno a rilanciare l’economia in generale.
L’Europa. Proprio questa Europa non può più ancora, continuamente e provocatoriamente, essere considerata un problema: è il “contenitore giusto” per convivere nella diversità e lottare contro lo stesso crimine. Il terrorismo. Ma non solo, semplicemente perché l’Europa è LA soluzione. È una soluzione alla quale dobbiamo tendere le mani, anche per migliorarla, perché rappresenta la nostra sicurezza collettiva. La situazione ormai è chiara: la Francia non potrebbe mai rispondere da sola ad una tale minaccia.
Dopo questi tragici eventi del 13 novembre 2015, numerosi feriti continueranno a vivere in questa Europa e il ritorno alla quotidianità è estremamente difficile. Ma dobbiamo ricordare due cose: la libertà odierna, conquistata anche in Italia, deriva dai valori di “Liberté – Egalité – Fraternité”; la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo è stata scritta anch’essa da mani francesi. Ma questi principi vanno migliorati, perfezionati e, laddove necessario, costruiti e rafforzati. Dal basso. Stringiamoci tutti intorno a questi valori e principi in onore dei morti e dei feriti, in difesa di una nazione sorella e cugina. Ma se vogliamo sopravvivere a questa ferita, esiste una casa nella quale riusciremo a fare massa critica, a difenderci, a cooperare, a collaborare, a crescere.
Stringiamoci a coorte, sì. Ma intorno all’Europa. Italia, coraggio!