Introduzione
Lo spoglio avvenuto nelle 388 sezioni elettorali dei Paesi Bassi ha dato il suo verdetto per le elezioni della Camera bassa. L’affluenza del 74,6% registrata nel 2012 è schizzata all’80,4% nel 2017, indicando una massiccia mobilitazione degli oltre dodici milioni di elettori aventi diritto.
A chi ha l’abitudine di denigrare l’Italia, comparando il Bel Paese alla Grecia o ad altri paesi partner ai quali va la nostra massima solidarietà per i gravi problemi economici che stanno affrontando, approfittiamo per ricordare che il numero degli elettori olandesi corrisponde, per poco più, alla popolazione della Lombardia.
Tuttavia, bisogna riconoscere che, nonostante la piccola dimensione del paese, la posta in gioco era altissima. Era in gioco l’Europa, da cui i populisti vogliono uscire, sulla scia di una Brexit per la quale, con la firma della regina Elisabetta II, si stanno concludendo in questi giorni le procedure per l’avvio dell’Articolo 50 del Trattato.
Inoltre, la paura diffusa in Olanda e altrove in Europa, era costituita da veri e propri fantasmi del passato. Si trattava del rischio di vedere ripetersi l’arrivo al potere di un partito estremista attraverso le elezioni, come successe per il partito del nazionalsocialismo di Hitler poco prima della seconda guerra mondiale. L’Europa respira, ma restano le elezioni nelle quali sono coinvolti personaggi e partiti politici euroscettici in Francia e in Germania a maggio e a settembre del 2017.
Per chi non comprendesse bene l’esultanza dopo queste elezioni, ecco qualche spiegazione per rinfrescare la memoria.
I fatti
Ricordiamo che il partito-associazione-fondazione “della Libertà”, costituito da una sola persona (la legge olandese lo permette) islamofoba ed antieuropeista come Geert Wilders, aveva proposto di “vietare la vendita del Corano” e l’ingresso dei musulmani nel paese. Si tratta dello stesso tentativo di “chiusura” fatto dal nuovo Presidente degli Stati Uniti tramite due decreti, già bocciati dalla magistratura.
La vittoria netta – anche con la perdita di otto seggi rispetto alle elezioni precedenti – è quella dei liberali dell’attuale Governo diretto da Mark Rutte che ha raccolto il 21,3% dei consensi. Ma non deve dimenticarsi di “ringraziare” un partner Nato come la Turchia.
Con le sue provocazioni, l’attuale Governo della Turchia esigeva di portare avanti delle campagne elettorali sul prossimo referendum in patria, tramite comizi da svolgersi sul territorio olandese, di fronte a cittadini turchi immigrati o con la doppia cittadinanza.
La replica del Governo di Mark Rutte non si è fatta attendere. Ha reagito con un secco “no” ai comizi, divieti di atterraggio per voli ministeriali turchi in Olanda, e accompagnamenti forzati di membri di governo alla frontiera.
Questo è un episodio che bisognerà ricordare sempre nella Storia, perché sono quei piccoli eventi che hanno un peso straordinario ma che cadono spesso nel dimenticatoio della “Storia”. Eppure, sarebbe bastata appunto la lettura di qualche manuale di Storia per non chiamare gli olandesi “nazisti”.
Come possiamo interpretare questo grave errore storico del Governo turco?
Sarà stata la foga nel contribuire a distruggere questa Europa che non vuole la Turchia tra i suoi membri? Sarà stata la voglia di vendicarsi del colpevole “silenzio-assenso” di alcuni paesi europei durante il golpe fallito nel 2016? Sarà stata l’occasione ghiotta di farsi rappresentare come il paladino dei musulmani in Europa e giocarsi questa carta nella propria politica mediorientale? Sarà stata la nuova politica degli Stati Uniti, che non considerano più l’Europa come uno strumento strategico nella loro politica, ad incoraggiare l’attuale Governo turco ad agire contro l’UE?
Forse sono proprio tutti questi quattro elementi che hanno di fatto provocato la follia politica oppure l’ignorare la Storia definendo come “nazista” il paese che ha subito più vittime in rapporto alla popolazione nella seconda guerra mondiale. Un paese nel quale le politiche della Germania nazista hanno portato alle peggiori repressioni contro gli ebrei e omosessuali olandesi, fino a far morire di fame – nonostante la loro stirpe germanica – anche popolazioni civili. Questi episodi avvenuti realmente hanno dato luogo, per lungo tempo, ad un odio tra le due popolazioni. Questo si traduceva perfino nelle violenti partite di calcio richiedendo persino uno dei processi di riconciliazione tra i più difficili e complessi in Europa.
Il sospetto è che questo atto sciagurato del Governo turco abbia favorito da un lato l’attuale Premier che ha affermato – nel linguaggio ben compreso dai populisti e di chi li vota – “l’Olanda è casa degli olandesi”, e dall’altro i rischi che parole pronunciate possono far correre alla collettività. Molti non hanno accettato di vedere olandesi e tedeschi considerati “nazisti”. Hanno capito che queste semplificazioni provocatrici dei populisti possono essere false ma anche pericolose.
Se, a quanto sembra, gli Olandesi hanno deciso in extremis di rifiutarsi di rincorrere i populisti, il secondo ad esultare è il partito della Libertà che cresce del 3% rispetto al 2012 e raggiunge il 13,1% con 20 parlamentari su 150. Ma il primo ad esultare per non dover governare è lo stesso Geert Wilders, perché l’esperienza dei populisti – arrivati al potere altrove in Europa e negli Stati Uniti – sta dimostrando che una cosa è urlare, una cosa è criticare e un’altra – invece – è governare.
Conclusione
Ma alla fine, una cosa è certa e vale per tutti i paesi dell’Unione Europea.
L’Europa è salva. Per il momento. Ma va riformata per non ritrovarci fra poco nello stesso vortice nel quale la paura reale, quella provocata o quella percepita, diventi – ancora e di nuovo – l’unico strumento di comunicazione politica.
L’affluenza dell’80% continua a dimostrare la straordinaria voglia, da parte delle popolazioni ovunque in Europa, di partecipare e che – contrariamente a quello che si pensa – la democrazia è viva e che non è in così grave pericolo. Questa aspettativa non deve essere tradita. Agli elettori non si possono più dire bugie oppure proporre soluzioni irrealizzabili rispetto ai loro gravi problemi quotidiani. A questo proposito, rispetto alla partecipazione, si segnala anche l’ingresso di partiti anti razzisti nel parlamento olandese, proprio per controbilanciare questo squilibrio nel quale la parola e la “ragione” sono state monopolizzate dai soli populisti.
La progressiva uscita dalla crisi e le migliorate condizioni economiche in Olanda hanno senza alcun dubbio contribuito a questo risultato elettorale che non deve far abbassare la guardia ma, al contrario, fornire speranza. A tal proposito, molte forze apertamente europeiste oppure che chiedono maggiore integrazione si sono lanciate nella mischia e hanno aumentato il loro consenso.
Così, questo brivido olandese alla fine ci ha trasmesso un messaggio semplice ma chiaro. La fiducia degli elettori si conquisterà solo con una maggiore consapevolezza di sé stessi, con la difesa dei propri valori, con la pratica di politiche che siano in grado di favorire la crescita.
Ci salveremo promuovendo bene un’Europa – in grado di funzionare bene se ne abbiamo consapevolezza – che non deve andare in ordine sparso su questioni vitali per il nostro continente ed il mondo.