Dopo le elezioni presidenziali negli Stati Uniti d’America e la vittoria di Donald Trump, bisogna dare spazio alla realtà e tornare tutti con i piedi per terra. E il primo a farlo è proprio il neo Presidente eletto che, durante la campagna elettorale, aveva annunciato muri con il Messico e tuonato contro “l’ingresso dei musulmani negli Usa”. Adesso per Trump bisogna governare, dovrà attuare il proprio programma e prendere decisioni – non più in modalità consigli di amministrazione – per un livello planetario.
Per quanto riguarda l’Europa, le sue posizioni sulla NATO (e le dichiarazioni concilianti verso la Russia del Presidente Vladimir Putin) non rassicurano soprattutto i paesi dell’Europa dell’Est. In effetti, alcuni paesi che facevano parte del vecchio Patto di Varsavia – ormai pienamente integrati nella NATO e nell’Unione Europea – temono un eventuale disimpegno da parte degli Stati Uniti, che li potrebbe esporre ad una perdita della protezione garantita contro una minaccia russa, reale o percepita che sia. L’attuale Presidente degli Stati Uniti Barack Obama aveva già avvertito l’Europa sulla necessità di contribuire di più alla propria difesa. Germania e Francia stanno andando in questa direzione, parlando ormai apertamente di una “Difesa Europea”.
Per quanto riguarda il mondo contemporaneo, come già indicato da autorevoli fonti, la questione principale sulla quale impegnarsi si riferisce alle crescenti diseguaglianze. Poi seguono l’insicurezza economica, la paura sociale e la paura identitaria, che finiscono con facilità per orientare l’elettorato nelle braccia dell’estrema destra.
Questa iniqua distribuzione del reddito, nella quale i ricchi diventano più ricchi e il numero dei poveri aumenta, si traduce anche con l’assottigliamento della fascia della “classe media”. Un tempo, questa era numerosa e anche la principale beneficiaria di un sistema che si preoccupava del suo benessere. L’ascensore sociale si è praticamente bloccato, con la conseguenza che migliaia di giovani e meno giovani se ne sono andati, fuggiti per andare a lavorare all’estero. In queste condizioni resta solo la protesta, il richiamo a gran voce di un cambiamento sociale radicale.
Così, alcuni partiti propongono di attuare metodi di governo e di elezioni inadatti ad un paese come l’Italia, che – anche per una forte popolazione senile – non può permettersi di chiudersi su se stessa a discapito delle sue imprese e future generazioni. Ricordiamo che siamo vice campione europeo dell’industria, dietro una Germania che è un indiscusso campione globale anche in termini di export, avendo saputo conquistare il mondo, prima di noi, con i suoi prodotti. Proprio per questi motivi, abbiamo molto da imparare dalla Germania, come nell’apprendistato.
Come riprendere la via della crescita?
Uscire dall’Euro per salvare le economie dei paesi europei? Molte forze politiche hanno capito che non è più un argomento e che questa cosa non ha molto senso. Basta guardare il Governo del Regno Unito post Brexit, che non riesce a lanciare la procedura dell’Articolo 50. Non vuole più sapere dell’Europa, ma non vuole uscire dal Mercato Unico. La “botte piena” fa comodo a molti, a quanto pare, pure a quelli senza l’Euro.
No. La nostra economia non spiccherà il volo se usciamo dall’Euro, che ci dà invece la stabilità necessaria in tempi di crisi. No, la nostra difesa non sarà più efficace se la rendiamo solo più autonoma e nazionale, triplicando peraltro la spesa, senza collaborare con gli altri in un mondo molto più pericoloso rispetto al passato tenendo conto della necessità di una Difesa Europea. No, la nostra voce non si sentirà nel mondo se il megafono dal quale ci possiamo esprimere meglio e più forte non si chiama Unione Europea.
Se sul PD Marche e quello nazionale ricadono l’ONORE di essere il miglior quadro per traghettare la regione e l’Italia fuori dalla crisi, a loro – a noi – spetta anche l’ONERE, e diventa essenziale, di fornire SOLUZIONI ai numerosi problemi. Tra questi, dobbiamo includere in via prioritaria le paure reali del ceto medio. Abbiamo imparato sulla nostra pelle che non basta più governare bene. Piovono critiche da tutte le parti e anche i poli del buon governo del PD sono in crisi e perdono le elezioni.
Quello che ci vuole sono soluzioni ai problemi, risposte efficaci ai problemi, un cambio radicale delle politiche. Presto finiranno i periodi delle reazioni emotive e della confusione negli elettori. Il periodo sismico e le piogge stanno progressivamente richiamando tutti alla realtà.
Il PD Marche deve continuare a puntare e a proporre un progetto complessivo di visione per uscire in modo collettivo dalla crisi, un piano che deve resistere alla prova dei fatti, senza dimenticare di affrontare la sfida del rinnovamento. E bisogna far tornare di nuovo i cittadini nelle sezioni e riuscire nella sfida – anche introducendo nuovi metodi e strumenti per spiegare i dati oggettivi dell’attuale contesto socio-economico in cui vivono – di interessarli di nuovo alla politica e al progetto dedicato al loro futuro.
In tutto questo, tra eventi storici e politici, il 4 Dicembre segnerà una svolta.
Il 4 Dicembre si svolgeranno le elezioni presidenziali in Austria, nelle quali si affrontano un candidato indipendente, Alexander Van der Bellen, ed uno di estrema destra, Norbert Hofer. Il rischio di elezione del primo capo di stato di espressione dell’estrema destra esiste e potrebbe avere delle conseguenze sull’Europa.
Il 4 Dicembre dovrebbe essere la data dell’addio del suo popolo e del mondo a un Fidel Castro – uomo molto ammirato a livello planetario e compagno di Che Guevara – che ha segnato, a partire dal 1959, la politica internazionale nel mondo.
Il 4 Dicembre non è dunque solo la sfida del referendum costituzionale in Italia.
Dobbiamo farcene una ragione. Nel mondo ci sono ormai nuovi paradigmi. La crescita economica non abita più solo qui da noi, in occidente, ma anche e soprattutto nell’oriente del pianeta. La ricerca e le invenzioni non sono più il solo appannaggio delle università occidentali. La disoccupazione e la povertà colpiscono anche zone tradizionalmente ricche e nelle quali ha dominato lo stato sociale per lungo tempo. Le rivalità religiose continuano a mietere vittime e troppo spesso più tra i propri adepti che non tra fazioni rivali.
L’Italia deve decidere rapidamente e in modo convinto quale strada intraprendere per affrontare tutte queste nuove sfide, senza nascondere o sottovalutare gli importanti vincoli ai quali il nostro paese è sottoposto, come le calamità naturali e il debito pubblico. E il paese non deve chiudersi – da solo – le strade che rappresentano delle soluzioni come l’Europa e la collaborazione fra gli Stati in generale.
Qui siamo davanti ad un mondo del passato, fatto di scontri ideologici, che da una parte sembra chiudersi e dall’altra sembra riaprirsi di nuovo. Chiusura definitiva o ritorno alla guerra fredda?
Oggi non dobbiamo nascondere di vivere in un mondo che molti vedono con un futuro buio, fatto ancora principalmente di conflitti a bassa intensità, che improvvisamente sfociano in gravi crisi di conflitti ad alta intensità. Ma è proprio in un tale contesto che la ricerca della sicurezza perduta, tanto quanto l’obiettivo della crescita economica e quello della necessità di garantire il benessere al massimo numero di cittadini, assume un ruolo strategico.
E per affrontare questa strada del futuro, insidiosa e disseminata di trappole e di pericoli, sarebbe meglio farlo ben accompagnati.
In Europa e per l’Europa non ha proprio senso fare da soli. Soprattutto se ammettiamo che ci troviamo nel contesto di un mondo completamente nuovo, nel quale molti paesi membri sono in difficoltà economiche. Soprattutto se constatiamo che ci muoviamo in un mondo nel quale abbiamo ancora la capacità, i mezzi, la volontà – e la possibilità attraverso l’Unione Europea – di agire da protagonisti.

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