Per il 4 Dicembre erano previsti in contemporanea tre eventi storici. A livello mondiale, abbiamo assistito ai funerali di Fidel Castro, che chiudono un’epoca storica importante sia per la bellissima isola caraibica di Cuba, sia per le sue relazioni internazionali, sia per la teoria dei modelli di sistemi politici. A livello europeo, tutti gli occhi erano puntati verso l’Austria. Con soli sei milioni di persone chiamate al voto – invece dei 40 milioni in Italia – portavano la pesante responsabilità di una grave decisione. Presentare il primo Capo di Stato di estrema destra eletto in un Paese europeo alla guida del proprio paese e in Europa. Infine, citato per ultimo ma ovviamente più importante di tutti per noi, in Italia, c’era il referendum costituzionale che doveva rivelare se l’Italia è un paese nel quale si possono fare le rivoluzioni oppure no. I cittadini italiani – per tanti motivi, per colpa o per responsabilità provenienti da più parti – hanno deciso che non sarà neanche per questa volta.

Intanto – con tutto il dovuto rispetto al nostro partner greco e a tutti i greci – non ha mai avuto senso paragonare l’Italia alla Grecia e i dati spingono a ricredersi. Basti pensare che il numero dei cittadini italiani che hanno espresso il loro voto (senza i minori e quelli che non hanno votato) sia dalla parte del “NO” (19.419.507) che dalla parte del “SI”, superano entrambi e da soli, il numero di tutta la popolazione della Grecia. Dobbiamo rimetterci le cose ben chiare in testa. Siamo un grande Paese. Abbiamo un peso in Europa e nel mondo. E soprattutto, dobbiamo ricordarci che, prima di dire certe cose, bisogna informarsi, verificare ed evitare di diffondere allarmismi. Come la storia delle penne indelebili che ha fatto il giro del paese e del mondo, esponendo alla pubblica derisione non solo l’autore della bufala, ma anche tutta l’Italia.

Eppure, la Brexit – nella quale ricordiamo che il Governo del Regno Unito ancora non riesce a districarsi – ci aveva dato una chance storica. Quella di diventare una nazione che conta molto di più in Europa. Soprattutto perché siamo tra le prime economie del Continente. Proprio per questo motivo da una parte ci serviva – e ci serve ancora – una nazione stabile politicamente. E invece ci stiamo avviando verso l’ennesima crisi di governo. Dall’altra parte, proprio per tale ragione serviva una nazione forte economicamente. E, nonostante la crisi, lo siamo ancora. Avevamo bisogno – e abbiamo tutt’ora bisogno – di stabilità per convincere i nostri partner a mettere fine all’austerità, di stabilità per crescere economicamente, di stabilità per mantenere le nostre posizioni e difendere i posti di lavoro, muovendoci in un mondo complesso. Infine per questo motivo serviva l’eliminazione o la riduzione di livelli di governi (province), enti (CNEL e enti inutili), numero di politici, per semplificare e poter liberare risorse da investire meglio e altrove.

Invece – dal 1946 ad oggi – ci stiamo avviando verso il nostro 64esimo governo, con una durata media di 13 mesi e capi di governo in carica in media 31 mesi. A partire dal prossimo Capo di Governo passeremo ad un totale di 28 Presidenti del Consiglio. Tutto questo in 70 anni. Per fare un’analisi comparativa – e scegliendo sempre la base della permanenza di uno stesso sistema politico – prendiamo Francia e Germania. In Francia, dal 1958 ad oggi, la durata media dei governi è stata di 18 mesi, si sono susseguiti 39 governi per un totale di 20 Presidenti del Consiglio, durati in carica in media 35 mesi. Cambiando sistema nel 1958, anche loro sono andati verso una maggiore stabilità. In Germania, dal 1949 ad oggi, la durata media dei governi è stata di 35 mesi, ci sono stati 23 governi, con 8 cancellieri durati in carica, in media, per 100 mesi. Una potenza industriale che ha tempo di fare programmi e scelte.

In mancanza di poter esultare per l’Austria – dove la linea del manganello, dell’odio e il linguaggio della violenza hanno perso – l’esponente di estrema destra Marine Le Pen applaude l’Italia che, secondo lei, ha votato contro l’Europa e per la sovranità. Forse non ha verificato, prima, per sapere come era composto il fronte del no. Anche lei deve fare delle verifiche, assicurarsi che quello che sta facendo e dicendo corrisponde alla realtà. Per ora l’Europa è salva ma i problemi restano. Anche in Italia è così. Il Presidente del Consiglio uscente Matteo Renzi se ne va. Ma i problemi dell’Italia e dell’Europa rimangono.

Attenzione. La fortissima partecipazione popolare e il risultato di votare nella stessa direzione da parte di forze normalmente antagoniste, addirittura nemiche nella sfera politica quotidiana, lancia un altro messaggio – l’ennesimo per la verità – da parte dei cittadini. Ed è un messaggio al quale bisogna imperativamente rispondere. Speriamo che il messaggio sia arrivato forte e chiaro.

Esiste un forte disagio economico, sociale, e noi del PD Marche dobbiamo pensare ai nostri concittadini delle zone terremotate, che adesso hanno bisogno di tutela e di protezione, nonostante l’instabilità del paese e la crisi di governo. Non ci sono vincitori da questo punto di vista. In realtà, non ci sono state esultanze eccessive dalle forze politiche, perché quel quasi 60% di “NO” non se lo può intestare nessuno singolarmente. Da questo punto di vista, tutte le forze politiche sono state perdenti. E lo dimostra anche il Movimento 5 Stelle che dichiara ufficialmente chiusa la sua fase di antipolitica, smette di indossare i panni di quelli che dicono sempre “NO” e si candida ufficialmente come forza che vuole governare l’Italia.

Il referendum è stato giusto perché in caso di sconfitta o di vittoria non si sarebbe rischiato l’invasione sovietica o il ritorno al fascismo. I rischi di deriva che si temevano durante la guerra fredda – sia verso l’estrema sinistra che verso l’estrema destra – non ci sono più. L’Italia è ormai un paese adulto.

Sembra invece che l’Italia sia diventata un paese nel quale i cittadini vogliono lavorare e vivere in tranquillità e possibilmente godersi la propria pensione dopo anni di duro lavoro, e nel quale i genitori e i nonni non vogliono vedere i propri figli e i propri nipoti vivere in condizioni migliori delle proprie. Il referendum è stato giusto. Perché rispondeva ad una grande volontà di partecipazione popolare che c’è stata. Finalmente la gente è tornata nelle urne contrariamente a quello che si pensava tra chi anticipava brogli e chi gridava a controllare i voti degli italiani all’estero, che potevano fare l’ago della bilancia, visto che i cittadini non andavano più a votare.

Adesso si deve cambiare e agire. Bisogna “aprire una nuova stagione politica” e cambiare o introdurre un diverso “modo di fare politica”, tenendo conto che, nella nuova strada verso quale ci dobbiamo inderogabilmente orientare, l’Europa – salva per ora – non può non far parte dei nostri piani e delle nostre attenzioni.

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