Domenica 31 Luglio 2016 è una data che segnerà il futuro delle relazioni interreligiose in Europa. Il martire da ricollegare a questa giornata è il sacerdote francese Padre Jacques Hamel dell’Arcidiocesi di Rouen, ucciso il 26 luglio mentre celebrava la messa da assassini che si richiamano al cosiddetto Stato Islamico.

L’artefice dell’effetto di raccoglimento della comunità musulmana intorno a quella cristiana invece è Papa Francesco che si trova, in questa data storica, nella patria di Papa Giovanni Paolo II, per la Giornata Mondiale della Gioventù. Semplici parole, ma che hanno avuto un grande impatto. Durante una conferenza con i giornalisti in volo ha affermato: “Da tempo diciamo che il mondo è in guerra a pezzi. Questa è guerra. C’era quella del 14 con i suoi metodi poi un’altra grande guerra nel mondo, quella del 39-45. Adesso questa. Non è tanto organica, organizzata si, ma organica dico, ma è guerra. Questo Santo sacerdote è morto proprio nel momento che offriva le preghiere per tutta la Chiesa ma è uno. Ma quanti cristiani, quanti innocenti, quanti bambini. Pensiamo alla Nigeria per esempio, ma quello è l’Africa. E’ guerra. Non abbiamo paura di dire questa verità. Il mondo è in guerra, perché ha perso la pace.”

Poi ha continuato, affermando “Quando parlo di guerra parlo di guerra sul serio, non di guerra di religione. C’è guerra per interessi, soldi, risorse della natura, per il dominio sui popoli. Questi sono i motivi. Qualcuno parla di guerra di religione, ma tutte le religioni vogliono la pace. La guerra la vogliono gli altri, capito?”.

E’ importante soffermarsi su queste parole perché sono quelle che hanno recepito molto bene i fedeli della comunità musulmana e gli altri esclusi della globalizzazione. Hanno capito che non solo la massima autorità della Chiesa alla quale apparteneva Jacques Hamel non cerca lo scontro ma che è anche cosciente delle ingiustizie e delle cause delle guerre e denuncia pubblicamente quello che è conosciuto meglio e vissuto da queste comunità. Questo, sull’accaduto, è un fattore importante e determinante.

Oltre a Saint-Étienne-du-Rouvray e a Rouen, sede dell’Arcidiocesi dove si sono raccolti i ministri del culto delle due comunità insieme ai fedeli, anche in Italia entrambe le comunità si sono riunite nelle Chiese.

A Roma in Santa Maria in Trastevere, Mohammed Ben Mohammed, Imam di Centocelle e Sami Salem di Magliana. A Milano, nella chiesa di Santa Maria di Caravaggio, è arrivata una delegazione di musulmani nella quale c’era l’Imam Bottiglioni per una preghiera insieme ai fedeli cristiani. C’è stato un abbraccio con don Paolo Croci. A Torino, i rappresentanti delle moschee torinesi hanno partecipato alle funzioni religiose. La messa delle 10 al Santuario della Consolata e alle 11 nella chiesa di largo Saluzzo a San Salvario, quartiere multietnico della città. A Firenze, l’imam Izzedin Elzir – che è il Presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia ed Imam di Firenze – si è presentato con la famiglia, con moglie e figlia.

Il maggiore simbolo della giornata spetta a Palermo. Presente il Sindaco Leoluca Orlando, nella Cattedrale d Palermo hanno partecipato alla funzione religiosa l’Imam Ahmad Abd al-Majid Macaluso, il console generale del Marocco Ahmed Sabri. Ricordiamo che la Cattedrale di Palermo è il luogo di sepoltura dell’Imperatore Federico II, nato nelle Marche a Jesi il 26 Dicembre del 1194. In quella che un tempo era una moschea, alla messa in cattedrale l’Imam ha parlato di “Vicinanza concreta ai cattolici”. Altrove nel Sud Italia, l’Imam Sharif Lorenzini legge il Corano nella Cattedrale di Bari e precisa che “Mai avrei pensato di dover dimostrare l’unità con i fratelli cristiani, ma se ci vuole, siamo pronti a farlo”. Tutti insistono sulla necessità di un dialogo continuo.

Intanto da Cracovia, mentre si svolge la Giornata mondiale della Gioventù, il cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, si rallegra di quanto sia successo in Italia affermando: «Siamo molto lieti e molto grati, insieme alle nostre comunità cristiane, di questa pronta risposta a un appello che aspettavamo». E il Ministro degli Affari Esteri comunica attraverso Twitter: «Grazie a tutti quegli italiani di religione islamica che indicano alle loro comunità la via del coraggio contro il fondamentalismo».

In tutti questi momenti di paura il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella interviene dichiarando che “non si può ignorare o condannare la paura: è uno stato d’animo che merita rispetto. Occorre rispondervi con grande serietà”.

Ma il Capo dello Stato aggiunge anche che “il terrorismo si può sconfiggere con una sempre più ampia e completa collaborazione operativa tra gli Stati, superando inerzie e resistenze a condividere informazioni. La violenza che proviene dall’interno della società si può combattere soltanto con un forte senso di solidarietà e di comunanza di vita. Con accresciuta coesione sociale e non con il disimpegno o la contrapposizione”.

E dopo aver tirato un sospiro di sollievo perché “la giornata è andata bene”, è dalle parole e dal quadro che traccia il Presidente Mattarella che dobbiamo ripartire.

Mentre era una Domenica di speranza in Italia, in Germania una grandissima manifestazione pacifica ha raccolto 40.000 persone a Colonia che manifestavano a favore del Presidente turco Erdogan e in ricordo delle 270 morti del golpe fallito.

Questa è una manifestazione che ha coinvolto persone con la doppia cittadinanza turco-tedesca, anche se c’erano cittadini turchi provenienti da altri Paesi europei. Questo evento – e fatto politico maggiore – dimostra ancora una volta che la globalizzazione ha cambiato tanti paradigmi, perché assistiamo ad un evento che supera le frontiere del territorio di crisi e che coinvolge soggetti con una cittadinanza europea pur essendo originari di un Paese candidato che rischia seriamente di non esserlo più.

Se l’allarme religioso, per il momento, sembra rientrato, il fronte politico invece sta prendendo delle pieghe strane. Non c’è solo questa manifestazione turca. La candidata – ormai ufficiale – alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti Hillary Clinton, ha dichiarato apertamente che: «Sappiamo che l’intelligence russa ha hackerato il Comitato Nazionale democratico». E questo sarebbe per favorire il candidato repubblicano Donald Trump.

Quando mancano circa 100 giorni, diventa sempre più evidente che la febbre di una elezione presidenziale storica stia salendo, ma nessuno si sarebbe aspettato un sottofondo di crisi internazionale in vista.

La questione turca sta superando i propri confini. Il Presidente della Commissione Europea, Jean Claude Juncker, ha designato un francese – l’ex commissario europeo Michel Barnier – a capo della delegazione europea che dovrà negoziare l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione. Nel frattempo, il Regno Unito non ha ancora fatto scattare l’Articolo 50 che darà via all’inizio delle trattative.

Nelle Marche e in Italia, che cosa dobbiamo fare? In un contesto così fragile da un punto di vista economico dobbiamo spingere affinché l’Europa resti un quadro vivo per creare le condizioni, mettere a disposizione i mezzi per uscire dalla crisi. E deve restare un attore in vita affinché i Paesi possano gestire in comune queste crisi transnazionali delle quali nessuno ha bisogno in questo momento. Né i cittadini che vogliono rivedere la pace e la tranquillità, né le amministrazioni pubbliche che guardano ai fondi europei per il rilancio dei territori, né le imprese che non sopporterebbero un’altra crisi internazionale che dovesse trasformarsi in sanzioni economiche, in limiti alla circolazione delle merci fino ad un calo di fiducia dei consumatori nazionali ed internazionali.

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