Rivoluzione della Classe dirigente nel Regno Unito. Sta per scattare l’Art. 50 del Trattato di Lisbona?

Alla fine il Primo Ministro del Regno Unito David Cameron non rimarrà in carica fino ad Ottobre. Dopo tanti errori, ecco una decisione di buon senso. Dopo il clima di incertezza che si riflette sul mercato finanziario e immobiliare non vale la pena far planare ulteriore indecisione sulla situazione interna al Regno Unito stesso – la questione Scozzese – e sulle relazioni future con il resto dei 27 Paesi UE. Senza dimenticare che dei Paesi membri due di loro fanno parte del Commonwealth (Cipro e Malta).

Theresa May, la candidata Primo Ministro che si insedierà oggi 13 luglio 2016 al nr. 10 di Downing Street, lo ha detto forte e chiaro il giorno in cui ha vinto la leadership del partito conservatore: “Brexit significa Brexit”. Bisogna portare a termine una chiara scelta espressa dagli elettori “e non cercare di rientrare nell’UE dalla finestra”.

La domanda sorge spontanea: a che cosa somiglierà l’Europa alla fine dei negoziati per l’uscita?

Ad oggi, nessuno lo sa. Tutto quello che si può immaginare è che questi negoziati potrebbero dare mano libera e leadership indiscussa al Regno Unito nell’ambito dell’internazionalizzazione e l’imprenditorialità nei 53 paesi che costituiscono il Commonwealth. Da partner europeo, il Regno Unito si potrebbe avviare a diventare un concorrente sul mercato internazionale.

Perché? Basta guardare ai fatti. Verso quale mondo stiamo andando?

Quando termineranno i negoziati di uscita dall’UE, il mondo sarà ancora “più grande, più ricco e più interdipendente” di quanto non lo sia mai stato. Non solo rispetto ad oggi. Ancora altri milioni di persone saranno uscite dalla povertà riversandosi nella “classe media”.

Sempre più ci troveremo in una situazione di riduzione delle distanze, in un mondo sempre più interconnesso, di economie maggiormente interdipendenti, con un crescente ruolo dei soggetti privati ​​e delle organizzazioni sovranazionali.

Attenzione: non ci sono soltanto buone notizie. Divergenze cognitive, in ambito filosofico, spirituale o provocate da provenienze culturali differenti potrebbero continuare a dividere l’umanità.

Una delle conseguenze dirette è il fondamentalismo religioso – non solo islamico – anche se, per ora, è quello che mostra la più grande violenza sul terreno. In più – e purtroppo – le disparità economiche rischiano di continuare ad allargarsi, creando un mondo nel quale ci saranno ancora più diseguaglianze anche se probabilmente i poveri saranno in numero inferiore.

Le previsioni sono sempre difficili ma facendo alcune ipotesi, analizzando le grandi tendenze, la demografia, le scienze e l’innovazione che avanzano a ritmi mai conosciuti prima, ecco il contesto nel quale le Marche, l’Italia e il Mondo rischiano di trovarsi andando sempre più avanti.

Quali sono le nostre ambizioni, quali sono le influenze che possiamo utilizzare e con quali mezzi intendiamo agire per raggiungere l’obiettivo primario di “uno sviluppo senza fratture” nella nostra regione? Come più volte ricordato, i nostri campi di azione si devono allargare dalle Marche, regione in una condizione di difficoltà per via del crollo del mercato interno. Dall’Italia che fa degli sforzi enormi – specialmente con l’arrivo del Ministro Carlo Calenda al Ministero dello Sviluppo Economico – per aumentare la sua “capacità di offerta”, dobbiamo rapidamente spostarci alla conquista del Mondo se vogliamo sperare di salvare le nostre imprese, i nostri nuovi distretti o quelli che si sono trasformati, e di garantire un futuro ai nostri figli e anziani.

Il Brexit rischia di spostare l’asse dell’Unione Europea verso l’Est, mettendo Paesi come la Spagna alla periferia e Paesi come la Germania ancora più al centro dell’Unione. Infine – e in più – l’uscita del Regno Unito dall’UE rischia di far vincere il concetto che solo l’integrazione economica è quella vincente (perché unisce molto più facilmente) mentre l’integrazione politica rimane quella perdente (perché divide molto più facilmente). Proprio quello che il Regno Unito ricerca e pensa di trovare nel Commonwealth verso l’interno e verso l’esterno.

In questo contesto significa essere un facile profeta prevedere che, per gli anni a venire, il motto “Unità nella diversità” rischia di essere tirato dall’uno o l’altro campo.

Ma per le Marche, per l’Italia, dobbiamo essere chiari. Oltre alla priorità per la Regione stessa, al mantenimento e sviluppo di un ruolo a livello nazionale (Italia), l’Europa costituisce ancora un livello intermediario e forse la miglior strada per rimanere in contatto con il Mondo e per contare più di quanto lo faremo se facessimo anche noi la scelta di uscirne.

Questa è l’amara ma reale lezione che possiamo trarre dal Brexit. Quello che qualcuno ha considerato come la più grande minaccia alla propria sopravvivenza è invece per noi una grande – e cerchiamo di renderla tale – opportunità. Un’opportunità, per l’Italia, mai vissuta dalla firma – che risale ormai a quasi 70 anni fa – dei Trattati costitutivi nel 1957.

Tra tutti i vincoli, malintesi, tensioni che possano esistere tra i Paesi europei, una certezza rimane insormontabile.

Ciascun Paese, da solo, sarà incapace di affrontare tutte le sfide che ci prepara un mondo sempre più grande, nel quale gli attori si diversificano ma che hanno bisogno di peso – di stare insieme – per contare.

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