L’approvazione del Parlamento Greco che dà il via libera al “sì” al pacchetto di riforme imposte dai creditori e il mantenimento della Grecia nell’Euro ci fanno tirare un sospiro di sollievo. Ma per quanto tempo ancora?

Dopo l’intransigenza della Germania, che prima ha preteso ed ottenuto una politica del rigore, politica che ha una parte di responsabilità nella situazione attuale di crisi economica del Paese, la Cancelleria Merkel sta iniziando finalmente ad aprire all’idea di una cancellazione parziale del debito. In passato, la stessa cosa era avvenuta per quella che – dopo la sconfitta del 1945 – è oggi la prima potenza economica d’Europa.

L’Europa è salva per oggi. Ma le dobbiamo costruire un futuro vivibile, sia dal punto di vista politico che dal punto di vista economico. Da un punto di vista politico non possiamo più permetterci di agire in ordine sparso, e soprattutto con dei Paesi di “piccole dimensioni” in un mondo di giganti e nel quale appaiono nuovi attori che hanno ottime carte da giocare (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa detti BRICS, ma ai quali bisogna anche aggiungere Argentina, Messico, Nigeria, Egitto, Turchia, Iran, Pakistan, Bangladesh, Indonesia, Thailandia, le Filippine e la Corea del Sud). Troppi attori per essere affrontati e sfidati da parte di ciascun Paese, ciascuno per conto suo.

Da un punto di vista economico, c’è bisogno di crescita, di crescita economica. È dietro la fame in Grecia, perché c’è anche quella, dietro la precarietà diffusa, dietro la drammatica questione dei migranti che gruppi nazionalisti in tutta Europa stanno costruendo o ricostruendo la loro forza politica e il loro consenso nella popolazione. Se non ci sarà crescita economica, il rischio di ritrovarci sacche di conflitti sul Vecchio Continente non fa che crescere. E il mondo oggi ci permette di crescere economicamente solo con una attenta gestione delle risorse, risorse che sappiamo essere limitate. E in questo la tecnologia ci sta aiutando molto.

Oggi, ci troviamo in un mondo completamente cambiato. Con 11,64 milioni di barili di petrolio prodotti al giorno nel 2014, gli Stati Uniti sono ormai il primo produttore di petrolio nel mondo (Arabia Saudita 11,51 barili/giorno e Russia 10,84 barili/giorno). Questo record arriva dopo quello di primo produttore di gas naturale, dietro la Russia, conquistato già nel 2011.

E chi se lo sarebbe mai aspettato? Nessuno. Questo è un esempio di quanto la strategia, aiutata dalla tecnologia, possa portare a grandi risultati in poco tempo. La stessa cosa, una lungimiranza strategica fuori dal comune, vale per Dubai che si sta affermando come una piattaforma straordinaria per raggiungere ogni punto nel globo con la sua compagnia Emirates.

Ma torniamo agli Stati Uniti. Gli effetti di questi primati energetici sono stati il basso costo del petrolio e del gas, dei quali anche l’Europa sta beneficiando, che hanno spinto la ripresa dell’economia americana. Il manifatturiero ha ripreso la produzione locale e alcune imprese hanno iniziato il processo inverso alla delocalizzazione. L’industria petrolchimica statunitense ha ripreso o incrementato la propria attività.

Gli Stati Uniti, affiancando la Germania, si stanno pertanto preparando a diventare una potenza manifatturiera. Per capire la potenza tedesca, basti pensare che con l’1% della mano d’opera mondiale, riescono a produrre qualcosa come il 10% dell’export mondiale. E noi nelle Marche, parte operosa di un’Italia seconda potenza manifatturiera in Europa dietro la Germania, che cosa abbiamo deciso di fare?

Dobbiamo ridurre gli atteggiamenti tattici che guardano solo al domani.

Serve guardare oltre per non subire questo mondo, ripeto, completamente nuovo. Servono visioni che sappiano dove vogliamo condurre la nostra Regione, i nostri territori, le nostre imprese e quale futuro vogliamo lasciare ai nostri figli.

Quello che dobbiamo fare è la differenza che passa tra fare una Costituzione e fare una legge.

Dobbiamo costruire qualcosa di solido, capace di resistere nel tempo, garantire stabilità e benessere sul lungo periodo. Bisogna fare scelte coraggiose, fare cose doverose ma che non si sono mai fatte prima, come la concessione del voto alle donne nel 1948. Dobbiamo avere il coraggio di lavorare perprogetti, avendo cura di precisarne il dialogo e il significato sin dall’inizio, di spiegarne la giustificazione ai cittadini, di equilibrare i bisogni dei portatori di interesse, di vagliarne attentamente i requisiti, di fissarne gli obiettivi con lungimiranza, di proporre delle opzioni chiare e variegate ed enunciarne lo scopo nell’interesse della Regione Marche, nell’interesse dell’Italia.

Articoli simili