Oltre ad essere il territorio in cui, nel 1957, è avvenuta la firma dei Trattati di Roma, se parliamo di Unione Europea l’Italia ospita “il luogo”, “la culla” dello spirito europeo dal quale tutto è partito.

Spieghiamo troppo poco che l’Europa è una soluzione e non “il” problema. Bisogna anche fare ammenda per riconoscere che – nel nostro paese – non si è mai parlato abbastanza della figura italiana di Altiero Spinelli.

Eppure, fa parte dei Padri fondatori, di coloro cioè che hanno sognato ed elaborato il pensiero che ha portato pace e prosperità dopo la seconda guerra mondiale: il principio della costruzione europea.

La storica “Dichiarazione Shuman” dell’allora Ministro degli Esteri francese risale al 9 maggio 1950 – data ufficiale che oggi segna la nascita dell’Unione Europea – ma è tra il 1941 e il 1943, con il “Manifesto per un’Europa libera e unita”, che Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Ursula Hirschmann hanno segnato la Storia della costruzione europea, proponendo l’istituzione di un Governo federale europeo ed un Parlamento Europeo eletto a suffragio universale. Se per il secondo sogno sono stati accontentati, per il primo la Storia sta ancora aspettando visto che le volontà, le scelte politiche e gli avvenimenti non hanno ancora ad oggi portato verso quella – auspicabile – direzione.

Il solo coraggio di elaborare una visione di così ampia portata in una condizione di confino a causa delle proprie idee politiche basta per essere lodati. In questo triste destino fu coinvolto anche colui che sarebbe diventato il futuro Presidente della Repubblica italiana Sandro Pertini. In un sentimento di profonda gratitudine e di rispetto per Altiero Spinelli ed i suoi compagni di strada, non dobbiamo smettere di insistere sul fatto che manca una narrazione tale da permettere ai cittadini italiani di conoscere il valore dei propri uomini e donne ed il peso storico che porta in dote il nostro paese.

In questo senso è da lodare l’iniziativa, lanciata proprio a Ventotene dal Premier Matteo Renzi, della costruzione di un campus universitario per formare “l’elite della nuova Europa”. Il nostro domani.

Tutti noi abbiamo bisogno di cittadini che conoscano meglio i fatti storici ed i giovani, a loro volta, di organizzarsi il proprio futuro in piena consapevolezza.

La Cancelliera tedesca Angela Merkel, il Presidente francese François Hollande ed il Presidente del Consiglio Matteo Renzi sembrano – con leggere sfumature – tutti orientati nella stessa direzione e tengono conto di tre dimensioni: economica (crescita), sicurezza (difesa comune, lotta al cybercrimine) e futuro (investimento sulla cultura, giovani e digitale, intervento massiccio nei paesi poveri per aiutare le persone direttamente sul posto, una maggiore presenza dell’Unione Europea in Africa).

In questa fase tra i passi considerati più credibili per andare avanti – perché nessuno dei paesi interessati è più in grado di fare tutto da solo – c’è quello della sicurezza comune.

Perché qui si potrebbe procedere abbastanza rapidamente? Perché, per il tema sicurezza, la questione ha assunto un’ampiezza ed un’importanza politica tali che ormai gli Stati non hanno più scelta.

Al momento, per la difesa comune, l’Europa procede in ordine sparso con varie combinazioni a geometria variabile. Oggi esistono già l’Eurocorps basato a Strasburgo (Francia, Germania, Spagna, Belgio, Italia, Polonia, Grecia e Turchia), una Brigata Franco-Tedesca nata nel 1989, una Brigata Tedesco-Olandese nata nel 1995 ed una Brigata Italo-Francese che ha avuto il suo battesimo operativo in Libano nell’ambito della missione UNIFIL nel 2015. Tutte queste azioni rappresentano una bozza di difesa comune e potenzialmente operativa.

Aver messo insieme soldati di nazioni diverse è un grande risultato. E’ stato un passo in avanti molto importante.

In più, quest’anno, il Ministero della Difesa tedesco ha pubblicato, per conto del Governo federale, il nuovo Libro Bianco 2016. La Germania, tramite il Ministro della Difesa Ursula von der Leyen, afferma adesso chiaro e tondo, “nero su bianco”, quanto segue: il paese, che durante le crisi internazionali aveva sempre praticato la politica del “paghiamo ma non andiamo”, “intende prendere più responsabilità a livello internazionale”. Si tratta di un cambio epocale, anche perché si parla addirittura di dotarsi dei mezzi che possano garantire tale risultato. Ciò significa aumentare le spese per la sicurezza.

Questo non è stato un Vertice per escludere gli altri 24 Paesi europei con i quali ci sarà una discussione a Bratislava a metà settembre. No. Questo è stato un Vertice per suonare la carica e far sapere al mondo che, malgrado la Brexit, si può dire con forza e convinzione: “l’Europa continua”.

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