Impiegare quattro anni e mezzo e tre Primi ministri del Regno Unito (David Cameron, Theresa May e l’attuale Boris Johnson) per raggiungere un accordo sta ad indicare che uscire dall’Unione Europea è un sogno per molti, ma non si tratta certamente di una passeggiata.

Non lo diremo mai abbastanza. L’uscita del Regno Unito e la “chiusura” da parte degli attuali Governi di alcuni grandi paesi dell’Europa dell’Est – che si sono dimenticati della caduta del Muro di Berlino, dei fondi europei che hanno portato loro sviluppo e di conseguenza pace e prosperità e che sono, invece, impegnati a rimettere in discussione diritti fondamentali dei cittadini – tutti questi elementi hanno contribuito e conferiscono all’Italia un nuovo ruolo da prendere molto seriamente.

La prima cosa da fare è assumere una chiara posizione pro europeista sia come Governo nazionale che come Amministrazioni locali. Senza sé e senza ma.

La seconda è prendere atto della nuova posizione che il nostro paese occupa nell’Unione Europea e accelerare il livello di progettualità per diventare esempio di un paese capace di spendere i fondi europei assegnati. A gennaio 2021, in OpenCoesione – fonte ufficiale del Governo sugli stati di avanzamento dei progetti – possiamo infatti leggere che, con riferimento alla programmazione 2007-2013, solo metà dei progetti è stato concluso.

Con il nuovo corso, dobbiamo evitare che questo accada nuovamente, soprattutto perché al momento, per la programmazione 2014-2020 la percentuale dei progetti conclusa è ancora bassa ed è solo 5% per quello che riguarda i progetti liquidati.

La sfida e l’obiettivo devono essere chiari a tutti. Dopo aver perso tra le lacrime un partner molto importante per l’Italia dal punto di vista politico (UE) e militare (NATO), un partner economico (export) e tecnologico (scienza, spazio e Università), dobbiamo imparare ad accettare e a gestire il nostro nuovo ruolo nell’Unione Europea del XXI secolo.

Dobbiamo crescere molto velocemente, come consapevolezza politica, come strutture organizzative nazionali e regionali ed imparare ad essere protagonisti mondiali, nonché a progettare e riprogettare per diventare un campione di spesa di fondi europei.

E in effetti, nel post pandemia, non c’è soltanto una sola via. Oltre al Recovery Plan, si parla di 57 miliardi di euro a fondo perduto. Non dobbiamo dimenticare la normale programmazione dei fondi strutturali europei che andrà ad abbracciare il settennio 2021-2027.

Chi vincerà la sfida di una vera e duratura ripresa economica in Europa? Quei paesi capaci di coordinare le progettualità ragionando in modo sinergico e non separato tra fondi del Recovery Plan e la programmazione europea 2021/2027.

Per la Storia, per i cittadini, nonché per la prosperità del territorio, del paese e dell’Europa, le Marche e l’Italia devono essere tra questi attori.

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