Con più di 150.000 mila imprese attive, più di 45.000 imprese artigiane e 20.000 imprese manifatturiere, le Marche sono senza dubbio un tessuto imprenditoriale fiorente. Come tutte le cose preziose, le attività imprenditoriali vanno curate attentamente perché oggi, dopo la peggior crisi economica che si è avuta dal 1929, il mondo nel quale viviamo ci dimostra ogni giorno che indipendentemente dagli schieramenti di destra o di sinistra è il lavoro a tenere unita la nostra società.

Senza il lavoro abbiamo assistito prima a disgregazioni familiari che imputavamo ai caratteri delle persone, poi a chiusure di imprese sane per mancanza di credito, successivamente a disgregazioni di territori per difficoltà aziendali che hanno finito per colpire grandi realtà lasciando capannoni chiusi e incompiuti. Infine, hanno cominciato a chiudere alcuni spazi nei centri commerciali, fino ai negozi nei centri storici delle città. I vantaggi economici legati ad un periodo sono quindi mutevoli nel tempo e bisogna adattarsi in continuazione. Vale per l’Italia, vale anche per le Marche. Questo è lo spettacolo al quale abbiamo assistito tutti, con la perdita di numerosi posti di lavoro, dalle città industriali come Torino o Fabriano o centri agricoli come l’Emilia Romagna o il Piceno. Nel frattempo, il mondo correva spostando il suo asse di crescita economica verso l’Asia. Poi arrivavano le sanzioni contro la Russia che riuscivano a mettere in crisi i nostri migliori comparti imprenditoriali ed infine il crimine informatico ed il terrorismo che mettono in pericolo addirittura l’intero sistema sociale in cui tutti noi oggi viviamo. Tuttavia un nuovo corso si è già avviato da molto tempo. La conoscenza, l’innovazione, la tecnologia – fattori catalizzatori della crescita economica – non sono più il monopolio delle società occidentali. Ce ne dobbiamo fare rapidamente una ragione, anzi società lontane riescono ad attirare giovani italiani offrendo loro opportunità che li fanno fuggire dal precariato e dall’assenza di un sistema meritocratico. Così il nostro sistema è costretto a rincorrere e a guardarsi alle spalle per non essere sorpassati da aspiranti concorrenti. Eppure, il lavoro procurato dalla “fabbrica” rimarrà ancora per lungo tempo un nostro “vincolo” del quale bisogna tener conto per sostenere l’occupazione e continuare a garantire traiettorie di “sviluppo senza frattura”.

Bisogna reagire. Reagire tenendo conto del nostro passato, quello che stiamo vivendo nel presente e ciò che ci riserva o ci potrebbe riservare il futuro.

Durante la crisi, non sono mancate alcune buone notizie per l’Italia e le Marche – come il crollo del prezzo dell’energia – ma quello che abbiamo guadagnato a monte rischiamo di perderlo a valle della catena, perché alcune zone produttrici di energia vedranno i loro redditi diminuire. Il mondo era già globale ma nel frattempo l’accelerazione della trasformazione digitale ha proiettato tutti, cittadini, consumatori, istituzioni, aziende grandi e piccole in un mondo completamente cambiato, ricco di sfide ma anche di opportunità. Lo scorso mese di ottobre, infatti, in occasione della presentazione ufficiale della Classifica delle Principali Imprese Marchigiane anno 2014, il Presidente della Fondazione incaricata di realizzare questo impegno annuale, l’Ing. Francesco Merloni, ha dichiarato: “C’è una svolta che, per la prima volta, ci fa pensare che la crisi degli ultimi sette anni sia finita, c’è un andamento piatto, con minime modifiche ma è il segnale che la discesa si è bloccata“.

L’Europa, inoltre, ci raccomanda di accelerare l’adattamento dell’industria alle trasformazioni strutturali, di sostenere un ambiente favorevole all’iniziativa e allo sviluppo delle imprese, chiamate sempre più a cooperare tra loro, e di incoraggiare un migliore sfruttamento del potenziale industriale delle politiche d’innovazione, di ricerca e di sviluppo tecnologico. In tale cornice, l’imprenditoria femminile marchigiana dimostra delle potenzialità e delle performance che non si può continuare ad ignorare; i mercati sono più complessi e lontani e nell’affrontarli dimostriamo ancora alcuni limiti in diversi ambiti (capacità linguistiche, integrazioni di sistemi informatici tra clienti e fornitori, scarsa presenza sul web, incapacità di raccontare storie imprenditoriali pluridecennali di successo). E la nostra struttura di micro imprese poco o per niente digitalizzate non facilita le cose.

Quali sono i prossimi passi da compiere? La creatività è tra i nostri patrimoni più importanti ed è proprio da qui che bisogna ripartire. Le Marche sono una regione manifatturiera, imprenditoriale, della micro impresa, ma dei passaggi generazionali con il contagocce. Bisogna spingere verso il mix tra famiglia e management ed investire in tutte le risorse umane. Bisogna continuare a lavorare ed integrarsi in un mondo nel quale la tecnica ha ormai un primato e nel quale i mercati sono sempre più lontani. Poi, come dichiarato autorevolmente, fare “prodotti speciali da specialisti”, fatti “in modo esclusivo per essere venduti in canali esclusivi”. L’Italia nel passato ha saputo creare un contestofavorevole all’emergere di idee e persone speciali. Guglielmo Marconi, Enrico Fermi, Giulio Natta solo per citare alcuni. E questo è un patrimonio che dobbiamo salvaguardare, non dimenticandoci di attrezzarci per un futuro che si annuncia pieno di sfide interessanti. E lo dobbiamo fare in un contesto nel quale i mercati mondiali si sono spostati lontano da noi e ci obbligano a considerare “il mondo come il nostro mercato” e a lavorare sulla domanda per attrarre i consumatori verso i prodotti e servizi marchigiani. Occorre, altresì, prepararsi alla nascita di altri poli tecnici e tecnologici concorrenti, senza dimenticare di lottare per preservare lo straordinario patrimonio inventivo italiano. E’ essenziale curare, finanziare, sostenere anche un ambiente propizio alla continuazione di questo fenomeno e indispensabile ad affrontare le sfide che ci aspettano: Internazionalizzazione, innovazione, passaggio generazionale, dimensione, distribuzione o Retail (E-Tail/M-Tail), marchio (brand), sfida manageriale e della comunicazione globale; Made in Italy. E tutto questo ci impone di lavorare seriamente anche dalla parte dell’offerta.

A questo scopo c’è bisogno di una entità capace di traghettarci verso nuovi orizzonti, capace di lavorare contemporaneamente sia dal lato della domanda che dal lato dell’offerta per mantenere e rafforzare il nostro patrimonio imprenditoriale creativo. Si tratta del Centro di Imprenditorialità Diffusa che mette le Marche davanti alla possibilità storica di inaugurare un modello di sviluppo della manifattura del 21esimo secolo in Italia.

Per aiutare al meglio le aziende – ma soprattutto per andare veloce – bisogna innanzitutto dividerle in categorie che raggruppano problematiche comuni. In questo modo si potrà offrire loro soluzioni simili. Le start up di tutti i tipi devono essere scovate, messe nelle condizioni di contaminarsi tra loro e con imprese più tradizionali, per favorire ed implementare l’innovazione di processo. Insieme all’imprenditoria femminile, devono poter accedere all’informazione e al credito. Il tutto in uno spirito di cultura dell’efficienza e della flessibilità e di emulazione imprenditoriale come un fattore costante nell’economia marchigiana. Il Centro di Imprenditorialità diffusa è concepito come una soluzione unitaria per attirare più di 150.000 imprese attive ed aiutare la moltitudine di imprese marchigiane in uno stesso spazio e luogo, spazio concepito tenendo conto dei vincoli agli assi di comunicazione e in cui le imprese possano trovare risposte “su misura” a diverse esigenze legate all’innovazione dei processi, alla digitalizzazione e tutela dalla loro dispersione su tutto il territorio regionale.

Nei Centri di Imprenditorialità Diffusa significa avere contatto anche con i Grandi Campioni Regionali Marchigiani – grandi intesi come realizzazioni e non come dimensioni – che ce l’hanno fatta, per conoscere il loro modello, seguire i loro consigli, collaborare con loro ed imparare dalla loro esperienza e leadership. Questi Grandi Campioni Regionali hanno bisogno del sostegno delle istituzioni per essere presentati nel mondo, come ottimo veicolo branding per la Regione Marche, e poter trainare a loro volta le piccole aziende. Favorire la contaminazione tra grandi, medie, piccole e micro aziende marchigiane deve essere la regola: non esiste miglior traino per quest’ultime. Senza aiutare i grandi si resterà inevitabilmente piccoli.

Poi viene la funzione di show room permanente – utilizzabile a turno – sia dalle aziende che dai territori. E’ un ottimo mezzo per la promozione a rotazione di capolavori artigiani, di prodotti e servizi anche per presentare le Marche sia come Sistema sia come Destinazione (attraverso il turismo enogastronomico, culturale o di ogni altro tipo). Con uno spazio mensa? L’Agricoltura è un settore strategico ed il territorio del Made in Italy e quello del Made in Marche è ristretto, unico ed irripetibile. La cultura, il modello e il tipo di alimentazione dell’Italia e delle Marche offrono delle opportunità ovunque nel mondo. Quale miglior pubblicità per il Made in Italy e l’Italian Way of Life attraverso le Marche?

Nei Centri di Imprenditorialità Diffusa è altresì prevista la funzione di attrattività leva cardine necessaria per lo sviluppo regionale. L’organizzazione di incontri delle piccole e medie aziende marchigiane con i buyer, imprenditori, investitori, finanziatori internazionali (fornendo un servizio accoglienza e interpreti di qualità) sono un mezzo da promuovere, per inserire le nostre aziende nelle grandi catene di valore internazionali. Ma anche per attrarre, da noi, talenti nazionali ed internazionali e raccogliere la sfida lanciata da nuovi settori strategici (smart cities, spazio, difesa, biomedicale, ecc). Obiettivo è far sopravvivere il più elevato numero di aziende create. Potrebbe anche diventare un quartier generale per conoscere, capire ed affrontare le crisi economiche settoriali e regionali che non mancheranno. Uno spazio di approfondimento in cui invitare studiosi, personalità del mondo dell’imprenditoria nazionale ed internazionale e della ricerca, autorità accademiche e politiche. L’anello mancante tra ricerca e produzione, un centro in cui svolgere al suo interno anche attività sociali in spazi condivisi per favorire il valore economico della condivisione nell’era della sharing economy e dell’economia circolare.

Tutto questo deve essere fatto in difesa del lavoro, dei nostri primati tradizionali di imprenditorialità nazionale ed europeo. Il Centro di Imprenditorialità Diffusa serve a quello.

L’ente pubblico deve iniziare a sostenere direttamente la creazione di spazi di lavoro comune – come quelli che oggi troviamo ad esempio a Pesaro, Marotta, Ancona, Ascoli Piceno, Osimo, Civintanova Marche, Tolentino, ecc, nati in autonomia con la determinazione ed il coraggio dei propri fondatori – oppure spazi di “impresa scuola” come già realizzato autorevolmente a Jesi in strutture all’avanguardia a livello nazionale. Questo non basta. L’Ente pubblico deve assumere un ruolo di leadership ed osare di più: favorire la creatività intellettuale su tutto il territorio della Regione Marche attraverso i Centri di Imprenditorialità Diffusa, un nuovo metodo di fare impresa che mette le Marche, e in questa fase la sua amministrazione PD, davanti alla possibilità storica di inaugurare un modello di sviluppo della manifattura del 21esimo secolo in Italia.

La struttura, per essere efficiente e rispettare il dettato costituzionale che garantisce la libertà di impresa, ha bisogno dell’indirizzo pubblico (indirizzo politico) e di metodi di gestione e di funzionamento del settore privato (coinvolgimento delle Grandi Imprese).

In un mondo in cui non manca la disponibilità finanziaria ma permangono sia problematiche delle imprese che l’assenza di progettualità di territorio, vincerà – realizzando appieno la sua mission – l’ente pubblico che saprà disegnare il modello di sviluppo più efficace, efficiente e duraturo nel tempo, basato su un progetto territoriale complesso e unitario per il bene di tutto il sistema produttivo e sociale delle Marche.

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