Secondo i dati più diffusi, in Europa esistono oltre 21 milioni di Piccole e Medie Imprese. Questo dato permette al vecchio continente di controllare un quinto del commercio mondiale, poiché le PMI costituiscono proprio la colonna vertebrale del sistema imprenditoriale europeo.
In tale contesto, le Marche sono molto fortunate ad occupare un posto importante, sia in termini di numero di imprese e di imprenditori sia in termini di “diversità imprenditoriale”, specialmente se ci riferiamo alla varietà di prodotti e servizi che siamo in grado di produrre e offrire.
Oltre all’obbligo e all’urgenza di aumentare il numero di imprese che operano anche all’estero – facendo della “voglia di internazionalizzazione” un sentimento diffuso nelle Marche – dobbiamo creare ancora più posti di lavoro legati all’export, al turismo e all’innovazione tecnica e tecnologica. E bisogna precisare che questo è un fattore che dipende più dall’imprenditorialità di casa nostra che non dalle opportunità che ci presentano i mercati vicini europei e quelli lontani dell’Asia o dell’America.
Tuttavia, chi dice imprenditorialità, oggi, non può dissociarla da creatività, ricerca e urgenza di accedere ai vari tipi di finanziamenti, e – per affrontare meglio il domani – nell’immediato futuro non potrà fare a meno della digitalizzazione, della crescita dimensionale, della necessità di raggrupparsi con altri partner come imprenditori oppure enti.
Considerato che il tessuto imprenditoriale dell’Italia è composto, in gran parte, da micro imprese che impiegano l’86% della forza lavoro nazionale, è facile capire come i loro successi siano importanti per le Marche e per l’Italia. Basti pensare al peso e alla rilevanza, ad esempio nelle Marche, del settore calzaturiero o della meccanica per comprendere quanto le PMI, con la relativa occupazione generata, siano strategiche e fondamentali anche per l’Europa.
L’imprenditorialità nelle Marche va sostenuta anche per un altro motivo importante, perché la crisi ha colpito più le PMI che le grandi aziende. Quelle che hanno saputo far meglio, esportare, innovare e essere più creative sono sopravvissute e con molti meno problemi. Le altre sono entrate in crisi o addirittura hanno dovuto chiudere.
Prima del 2008, molti si erano “invaghiti” dell’economia finanziaria, indirizzando i migliori cervelli e imprenditori verso quel settore. Così facendo, l’economia reale è stata tralasciata e sono venuti a mancare i finanziamenti. I paesi emergenti e la loro crescita, l’aumento della popolazione mondiale e l’uscita di milioni di persone dalla povertà ci hanno dimostrato che il mondo ha ancora bisogno della manifattura italiana ed europea, al punto che anche gli Stati Uniti d’America si stanno spingendo verso politiche che puntano verso tale direzione.
Per quanto riguarda l’Italia e le Marche, esiste un grande freno che va affrontato subito prendendo il “toro per le corna”. Riusciremo a mantenere o a far crescere il tasso di imprenditorialità delle Marche solo se incoraggiamo o ci facciamo carico di un cambio di mentalità e di cultura. Sarà necessario aprirsi “all’equity”, agli investitori e ai finanziatori/grandi aziende che credono nelle idee degli imprenditori.
Cambiamenti culturali, nuove fonti di finanziamento, apertura ai mercati sembrano essere tra gli ingredienti da aggiungere a quelli tradizionali per promuovere l’imprenditorialità nelle Marche. Questa continua a rappresentare un punto di orgoglio, ma anche la carta sulla quale il PD Marche deve puntare per un futuro di benessere, di creazione di valore aggiunto ma anche di posti di lavoro per migliaia di persone capaci, che non aspettano altro che di mettere in pratica le loro diverse competenze manuali, digitali, intellettuali. Competenze che, se ben indirizzate, andranno tutte, nessuna esclusa, a beneficio dell’intera comunità regionale.