Tra le imprese marchigiane, nonostante la sua piccola dimensione con i suoi 1,5 milioni di abitanti, contiamo numerosi campioni a livello nazionale ed internazionale del “Made in Italy”, ma anche campioni della produzione di prodotti intermedi che costituiscono i due terzi dei beni scambiati nel mondo.
Questo non è il solo merito degli imprenditori che hanno avuto le idee, che hanno assunto il rischio, che hanno organizzato l’impresa. Ma è anche il merito dei lavoratori che mettono sapere, perizia tecnica e tempo a disposizione del loro datore di lavoro. Ma una cosa è sicura. Il senso di sacrificio è una caratteristica che dobbiamo riconoscere ad entrambi i nostri attori marchigiani, che siano gli imprenditori o i lavoratori. Pertanto, la ripresa economica, o meglio, una vera e propria ripartenza del sistema economico marchigiano, dovrà necessariamente ripartire da tre elementi. Imprese, lavoratori e uno spiccato senso di sacrificio.
Per non minimizzare il ruolo dell’imprenditore in un’organizzazione, bisogna guardare al mondo delle start up che sono nate in giro per il mondo, Italia compresa. Mentre in passato l’inventore poteva non corrispondere necessariamente con chi metteva a frutto l’idea, nel mondo odierno – e forse per la prima volta nella storia – una maggioranza di chi ha un’idea tende poi a diventare anche direttamente imprenditore. Per quanto riguarda l’importanza dei lavoratori, se l’insegnamento tecnico resta un punto doloroso per la preparazione di una mano d’opera qualificata, non si può mettere in dubbio la qualità dei manufatti marchigiani, dovuta alla maestria e all’abnegazione con la quale vengono svolte le mansioni all’interno delle imprese. La presenza delle donne e dei giovani resta senz’altro un punto dolente.
Guardiamo all’analisi delle denunce di chi sembra soffrire di più.
Dal lato dei lavoratori, è diventato necessario essere estremamente flessibili. Lo stesso prodotto fatto in una o due versioni nel passato, oggi deve essere fatto in una moltitudine di versioni che non devono soltanto corrispondere ai bisogni dei diversi mercati sui quali si è presenti. Bisogna anche tenere conto della massiccia introduzione del principio di “rispetto del gusto dei consumatori”, che portano ad una estrema personalizzazione dei prodotti. Questo è uno degli elementi che spiega l’ampio ingresso dei robot nella produzione manifatturiera e dell’esplosione dell’Industria 4.0 nei paesi manifatturieri, come la Germania e l’Italia, diventati concorrenti delle persone.
Lato imprenditori, invece, il mestiere è oggettivamente diventato più complesso. Rispetto ai loro genitori, che hanno operato il passaggio generazionale, molti imprenditori di seconda o terza generazione non hanno più solo l’Italia come oro principale mercato. L’impatto del mondo digitale sul mondo del lavoro ha creato un’impresa complessa che permette di gestire una molteplicità di elementi in modo più semplice. Non esistono più le vacanze della loro gioventù passate con genitori, dove si chiudeva l’azienda e si abbandonava tutto per un periodo. Oggi, devono garantire una focalizzazione sul proprio settore per non perdere l’anima della loro azienda, e oggi, la loro reperibilità deve essere quasi costante. Bisogna fare molti spostamenti per andare a trovare i propri clienti, anche in due parti opposte del globo.
Ricapitolando. Mentre al lavoratore marchigiano la nuova organizzazione dell’economia mondiale ha chiesto maggiore flessibilità, all’imprenditore possiamo dire che la maggiore mobilità e l’apertura a nuove culture sia stata la nuova richiesta rispetto al passato, senza dimenticare le proprie radici italiane.
In Italia e nelle Marche, bisogna costatare che il “contratto sociale” ha subito qualche perturbazione a causa della globalizzazione ma anche a causa del pesante debito pubblico che ci trasciniamo dietro da anni. L’immagine delle imprese che si sviluppano all’estero contrasta con una forte disoccupazione – spesso di lunga durata – che colpisce numerosi lavoratrici e lavoratori. In un paese nel quale gli stipendi sono mediamente più bassi rispetto ad altri paesi europei, il livello di accettabilità degli “stipendi d’oro” è molto più basso rispetto ad altri paesi. Anche questi aspetti della vita sociale dovranno essere regolati per ritornare a livelli di dialogo sociale accettabili, spostandoli dalla via che hanno preso, cioè, quella del confronto violento.
Il PD Marche – che opera in una zona a forte presenza imprenditoriale – si dovrà attivare per analizzare la possibilità di mettere in piedi un “patto sociale e imprenditoriale”, nel quale il primo obiettivo è quello di riconciliare i lavoratori con gli imprenditori. Ormai, dopo aver messo sette anni a tornare ai livelli di export del 2008, nelle Marche, dovremmo aver finalmente capito che abbiamo tutti un interesse nella creazione della ricchezza.
Tutti – tra imprenditori e lavoratori – devono capire che la loro sorte è legata a quella dell’altro. Durante il terremoto, ha colpito molto l’esempio dell’imprenditore marchigiano nel settore della pelletteria che ha offerto un tetto ai suoi dipendenti pur di continuare a produrre. Quale migliore esempio di questo?
I passi da fare sono ancora molti. Non basterà la sola e solita strada tradizionale “del dialogo”. In una regione imprenditoriale come le Marche, forse bisognerà osare, agire di più, per aumentare in maniera esponenziale il numero di istituzioni come quelle degli asili nido, per poter sperare di aumentare un giorno il numero di donne che lavorano.
Si può fare. Tutto è possibile, ma bisognerà fare delle scelte – qualche volta anche sofferte – ma l’obiettivo è quello di non doverci lanciare unicamente su strade per noi eccessivamente in salita, come quella della necessità di aumento della dimensione delle imprese italiane e marchigiane, sulla quale dobbiamo ancora lavorare molto.
Ma dovremmo anche pensare a fare passi ancora più audaci. Proprio perché siamo confrontati a sfide importanti come quella della necessità di proteggere il nostro modello sociale, riducendo la spesa pubblica e migliorando la necessità dei servizi pubblici. Alla stessa stregua, dobbiamo studiare con attenzione e favorire delle possibilità come la partecipazione dei dipendenti al capitale delle imprese, oppure a realizzare una forma di partecipazione dei dipendenti al controllo delle imprese svincolata dal possesso di azioni.
Dobbiamo anche avere il coraggio di guardare o di scegliere nuovi modelli imprenditoriali, perché l’obiettivo finale è quello di essere capaci di preservare il nostro primato imprenditoriale marchigiano con il massimo numero di posti di lavoro a lui connesso.