La più vecchia banca del mondo in attività, il Monte dei Paschi di Siena, in questo momento sta passando nelle mani dello Stato. Molte squadre di calcio del campionato di serie A e aziende storiche del settore della moda e dell´abbigliamento sono già passate in mani straniere da qualche anno. E´ notizia degli ultimi giorni che un gruppo mediatico italiano stia chiamando i tribunali e i giudici alla riscossa – dei quali abbiamo sentito dire di tutti i colori e di tutti i mali – per impedire che un gruppo francese ne acquisisca il controllo.
Questo è purtroppo il quadro dell´altra faccia della medaglia dell´imprenditorialità italiana di successo, di quella che è riuscita a conquistare il mondo, quella che nonostante la crisi del 2008 ha continuato ininterrottamente ad aumentare il fatturato fino ad oggi come chi riesce a fatturare un miliardo di euro all´anno vendendo calzature e pelletteria.
I motivi di queste difficoltà sono molteplici e non possono essere tutte qui riepilogate Ma è evidente che tutto questo non può essere solo frutto di fattori esterni. Perché anche le imprese italiane e gli imprenditori italiani dovranno cominciare ad ammettere che ci sono dei punti deboli nelle loro strategie e delle resistenze di cambiamento che finiscono per penalizzarli, così come anche i lavoratori, che sono quelli a ritrovarsi spesso in mezzo ad un strada dall´oggi al domani.
E´ vero che il livello di tassazione delle imprese è molto alto in Italia. Ma è altrettanto vero che spesso molti lavoratori dichiarano molto più dei loro datori di lavoro, che invece hanno macchine di lusso, oppure molto più delle cosiddette “partita IVA”, che non hanno una ritenuta delle imposte alla fonte, come accade invece per i lavoratori che non possono evadere.
E’ vero che l´accesso al credito sia diventato molto difficile e quasi impossibile per aziende nuove che si vogliono affacciare sul mercato internazionale. La stretta di credito c’è stata, ma le aziende italiane non sono andate in difficoltà solo per problemi legati al bisogno di un sostegno finanziario.
I nostri problemi sono – ripetiamo ancora nei casi opposti nei quali le aziende italiane stanno sperimentando un successo enorme – conosciuti da molto tempo. Il mercato mondiale con una globalizzazione che non ha portato solo cose buone è molto complesso e lontano. Richiede rinnovo nei prodotti, nelle idee e nel modo di vendere prodotti e servizi. Richiede di affacciarsi con coraggio al mondo della digitalizzazione sia come mezzo che come opportunità per fare impresa.
Il PD Marche è costretto a scendere nell´arena del lavoro attraverso uno stretto contatto con le cose del mondo imprenditoriale, affinché diventi un soggetto parte di un percorso di rinnovamento e di cambiamento di strategia delle imprese. Dobbiamo essere in grado di richiedere una maggiore partecipazione dei lavoratori nei processi strategici dell´impresa come metodo per evitare errori fatali per le sorti dell’azienda. Ma anche per favorire la possibilità di avere lavoratori pronti – nel futuro – ad intraprendere.
Per il PD Marche diventa prioritario prendere in conto tutte le categorie impegnate nell´imprenditoria (tradizionale, femminile, giovanile, tutte riconducibili al modello delle cinque categorie di imprese quali imprese storiche familiari, PMI, nuove imprenditorialità, start up innovative, PMI innovative) affinché per le Marche venga determinato un percorso virtuoso capace di ricorrere alle idee e tecniche (come Economia circolare, innovazione sostenibile, anni d´argento, industria 4.0, sharing economy). Infine, sarà necessario ricorrere alla meritocrazia per prendere i giovani più capaci e motivati, e ricorrere alle competenze richiamando coloro che hanno fatto esperienza all´estero.
Tutto questo perché le Marche e l´Italia hanno bisogno di andare il più velocemente possibile verso la strada di un nuovo miracolo economico.