Imprenditorialità. Salire sul treno della globalizzazione portandoci dietro i nostri valori
Non lo diremo mai abbastanza che ci troviamo in un mondo completamente nuovo.
Ma tutti i giorni siamo chiamati a confrontarci con dichiarazioni sull’uso di bombe atomiche, avvenimenti storici come i tentativi di secessione/indipendenza (esempio in Catalogna), con marce indietro quali il ritorno all’uso massiccio di carbone negli USA, con uragani, inondazioni e fuochi di foresta che devastano intere isole e regioni rispetto alle quali, per un ritorno alla normalità, ci vorranno ingenti investimenti.
Il mondo completamente nuovo è anche segnato da un contesto nel quale i paesi ricchi dicono che la globalizzazione e l’economia di mercato non funzionano più mentre i paesi emergenti si rifiutano di scendere dal treno. Siamo ad un paradosso totale.
Questo stato delle cose è confermato dalle dichiarazioni incrociate del Presidente Cinese Xi Jinping, fatte all’inizio del 2017 in Svizzera, secondo il quale “700 milioni dei suoi concittadini sono usciti dalla povertà grazie ad una crescita trainata dal libero scambio”.
Poi ci sono state le dichiarazioni della Direttrice del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde che – oltre ad appoggiare la tesi della globalizzazione che ha salvato milioni di persone dalla povertà – aggiunge che “bisognerà fare delle analisi per capire che cosa ha distrutto i posti di lavoro, la tecnologia o la globalizzazione”.
E da questo punto di vista nelle Marche ciò aprirà un nuovo punto di discussione e di crisi, perché sta arrivando Industria 4.0 mettendoci proprio davanti ad una situazione del genere.
E questa volta non si potrà negare che sia la tecnologia – la quale ci fornisce allo stesso tempo anche opportunità straordinarie – ad essere la causa della scomparsa o profonda modifica dei lavori e delle professioni.
Nelle Marche sappiamo perfettamente che sono state le delocalizzazioni a portar via posti di lavoro, ma sappiamo anche che abbiamo “dormito” dimenticandoci che c’era un mondo da conquistare con il “Made in Marche”, il quale avrebbe potuto salvare e creare nuovi posti di lavoro.
Quello che ci viene chiesto oggi dalle piazze e fomentato dai populisti è molto chiaro. Dobbiamo “voltare le spalle alla globalizzazione”?
Le domande sorgono spontanee. Ma gli altri le stanno voltando le spalle alla globalizzazione?
Stanno voltando le spalle i nostri partner/concorrenti francesi con il loro sguardo ammirato sul numero delle nostre imprese esportatrici e che – loro – non riescono ad eguagliare? Lo stanno facendo i nostri partner/concorrenti tedeschi campioni mondiali di export che si vogliono lanciare – ancora – alla conquista di altri mercati? Lo stanno facendo i nostri partner/concorrenti della Gran Bretagna che hanno avviato Brexit convincendo la popolazione a votare “Sì” anche perché questo avrebbe dato maggiore autonomia, influenza ed espansione commerciale e finanziaria internazionale?
Queste sono le vere domande che ci dobbiamo porre.
Ma attenzione. Non dobbiamo far finta che tutto sia facile e bello in un contesto nel quale da qualche anno l’1% dei ricchi di questo pianeta ha in mano e possiede quanto tutto il resto del mondo messo insieme.
In un articolo pubblicato su Repubblica.it, il 12 Ottobre 2017, è scritto nero su bianco che “Dei 155 milioni di bambini che soffrono di malnutrizione cronica (un minore su quattro sotto i 5 anni nel mondo), più della metà si trova in Asia, in particolare in Asia Meridionale (oltre 61 milioni), e il 30% in Africa”.
La vera risposta è che la globalizzazione va gestita, rispettando i nostri valori e cercando di proteggere la struttura economica della nostra regione, alla quale si deve dare maggiori opportunità di sopravvivenza, chiedendo magari in cambio una maggiore partecipazione attiva nella risoluzione di problemi internazionali e locali legati ai nostri valori e alla nostra responsabilità come esseri umani.
Sembra che la globalizzazione – come l’abbiamo conosciuta fino ad ora – dominata dai paesi anglosassoni sia in affanno. La tendenza sembra orientarsi verso lo sviluppo di blocchi regionali che hanno un “leader”, come la Cina che sta cercando di giocare il ruolo di catalizzatore della globalizzazione in Asia.
Portare l’imprenditorialità marchigiana verso una maggiore conquista dei mercati mondiali e allo stesso tempo – rimanendo fedeli ai nostri valori – renderla partecipe ad una strategia che tende verso una globalizzazione sostenibile ed inclusiva, attraverso la promozione della Responsabilità Sociale delle Imprese, è un obiettivo facile ma soprattutto nobile per la spina dorsale del nostro sistema economico e sociale regionale.