Decisioni avventate in politica e in economia, a livello internazionale, non sempre sono le più intelligenti. Basti pensare al ritiro unilaterale da parte degli Stati Uniti dal negoziato sul Trattato TTP (Trans-Pacific Partnership) che avrebbe associato dodici paesi senza la Cina.

Benché si tratti di un atto puramente formale – allo stato attuale delle cose il Trattato non era ancora entrato in vigore – qualche problema all’orizzonte per la nuova amministrazione si profila già, amministrazione che vorrebbe dominare i mercati del mondo. Per onore di cronaca, bisogna dire che non raggiungeva neanche l’unanimità tra i democratici.

Il Giappone – che aveva inviato il suo primo ministro alla “Trump Tower” per un incontro informale – ne esce praticamente umiliato e sappiamo quanto valore i giapponesi diano all’onore. In effetti, il Giappone aveva già chiuso le procedure interne di ratifica del TTP. Questo ritiro unilaterale spinge il Giappone, ma anche Australia, Nuova Zelanda, Vietnam, Thailanda, Malesia, Corea del Sud, Filippine e Indonesia con la schiena contro il muro.

Con tale gesto, si apre la zona al dominio economico della Cina, proprio quel dominio dal quale i paesi che volevano firmare il trattato avrebbero voluto sottrarsi. In questa analisi si capisce ancora meglio la posizione di una Gran Bretagna che punta ad un nuovo ruolo mondiale e che ha ormai attraversato il Rubicone. Con il voto della Camera di Comuni con 498 sì e 114 no, il governo di Theresa May può formalmente aprire la procedura di uscita dall’Unione Europea.

In tutto questo marasma, le Marche e l’Italia dovrebbero mantenere calma e sangue freddo. Gli Stati Uniti rimangono per noi un partner strategico essenziale sul quale abbiamo l’opportunità di aumentare le nostre quote di mercato, non solo perché si tratta della prima economia del mondo. Nel 2015, le Marche hanno esportato più in Asia (13% del totale) che sull’intero continente americano (8,8% del totale); inoltre i dati indicano che l’Unione Europea – dalla quale molti ci vogliono fuori – rappresenta il 61,8% del totale e dunque rimane la piazza principale sulla quale si sostiene il nostro commercio estero.

L’imprenditoria marchigiana deve prendere coraggio e non farsi abbattere dalle difficili condizioni dettate da crisi del mercato interno, terremoto, mancato ingresso nella digitalizzazione delle aziende, difficoltà di operare passaggi generazionali, disoccupazione giovanile, mancata reperibilità di manodopera tecnicamente qualificata, conseguenze di un euro forte, progressiva risalita d prezzi dell’energia e da tanti altri limiti e vincoli.

Bisogna guardare anche al lato vantaggioso della medaglia. Non c’è mai stata così tanta disponibilità finanziaria per finanziare progetti e crescita. Bisogna solo orientarsi e sapere a quale porta andare a bussare. Non ci sono mai stati in passato così tanti giovani (comprese le donne) che hanno un’alta formazione, conoscenze linguistiche, voglia e capacità di girare il contesto globale far conoscere l’Italia e i suoi prodotti.

Il nuovo corso nel quale si è avviato il mondo lascia un enorme spazio di sviluppo imprenditoriale all’Italia, uno spazio, un’arena, verso il quale il PD Marche indirizza per vederlo utilizzato a beneficio delle imprese marchigiane.
Adesso a mancare sono gli imprenditori che si mettano a rischiare, creando quei posti di lavoro dei quali abbiamo bisogno sia per garantire un reddito alle famiglie che per restituire la loro dignità ai lavoratori.

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