Introduzione

Le Marche non sono state risparmiate dalla rivoluzione digitale, fenomeno che ha finito per influenzare e trasformare pesantemente i modelli economici ovunque nel mondo. Non si tratta più dello scenario della bolla internet del 2000, che ha portato ad un crollo borsistico. Né la bolla, né la crisi iniziata nel 2008 hanno impedito al fenomeno invasivo dell’e-transformation di avanzare.

Questa trasformazione, che ha convissuto con una crisi che dura ormai da sette anni, rappresenta una trasformazione eccezionale. Anche in piena crisi economica la cosiddetta e-transformation è stata in grado di portare cambiamenti radicali, come grandi sono state, ad esempio, le trasformazioni, durante il Medioevo, provocate dall’invenzione dei mulini ad acqua, dell’orologio meccanico, della stampa a caratteri mobili di Gutenberg o l’invenzione dell’aratro pesante. Dagli anni 2000 fino ad oggi l’e-transformation è, alla stessa stregua di queste luci nell’ombra del Medioevo, un fattore che influenzerà, segnerà e determinerà il mondo del futuro. E le Marche non si possono permettere di essere assenti da questa scena, perché tale fenomeno, al quale assistiamo quotidianamente, è ormai il paradigma, la base di riferimento del presente che disegnerà il nostro futuro e quello dei nostri figli.

Come ogni fenomeno, va analizzato da diversi punti di vista. Da un lato persiste la crisi, dall’altro aumentano i movimenti di merci nel mondo e sempre più consumatori si stanno riversando nella classe media, consumatori lontani e solo in apparenza difficili da intercettare: la tecnologia, infatti, ha fornito i mezzi e le opportunità per poterli individuare ovunque, a qualunque ora del giorno e della notte. Cose impensabili alcuni decenni fa, nell’era del commercio tradizionale. Con l’e-transformation il mondo è più interconnesso: internet delle cose, e-commerce, big data, ad esempio, sono ormai parte del linguaggio comune.

Altre sfide continuano a nascere, in un contesto nel quale siamo al tempo stesso sia inseguitori che prede. Non basta più avere un sito internet e fare commercio elettronico. La nuova sfida è affrontare anche il mobile commerce (m-commerce) che vede Regno Unito, Germania e Francia già ai primi posti. Bisogna realizzare siti “mobile friendly” sia per la navigazione sia per le operazioni di pagamento, pratica ormai diffusa nel mondo attraverso gli smartphone. Altro effetto da gestire per le aziende marchigiane è l’aumento delle vendite sia web to store (acquisto su internet e consegna in negozio) che store to web (acquisto in negozio e consegna a casa).

Tutti questi elementi impongono alle nostre aziende di reagire. Non solo rivoluzionare la loro presenza sul web, ma adottare un modello “mobile friendly” capace di attrarre i consumatori. Sì, è vero. Si tratta dell’ennesima discontinuità rispetto al passato. Oggi, come nel Medioevo, è la tecnologia che parte da pochi, da intuizioni, da idee, da capacità di mettere insieme diversi elementi tecnologici, ma soprattutto da vocazioni imprenditoriali orientate a risolvere problemi, a fare la differenza. Pertanto, chi si impegna in questi settori, compresi quelli che vogliono semplicemente tentare, va aiutato, accompagnato. Chi fallisce va affiancato, sostenuto, e non solo finanziariamente, per rimettersi in piedi e provare di nuovo.

Il fenomeno delle start up innovative, in continua crescita nelle Marche e nel mondo, è infatti una risposta tangibile del potenziale creativo alle sfide dell’era dell’e-transfromation: la rapida crescita ed i numeri positivi che si registrano ogni mese, tuttavia, sembrano far fatica a trovare finanziamenti, che siano quelli provenienti dai tradizionali business angels (investitori delle prime ore disposti a rischiare partecipando al capitale) che dalcrowdfunding (raccolta di fondi con piccoli contributi da gruppi molto numerosi). E non è solo tutta colpa della crisi.

Riorganizzare il sistema produttivo

Una politica lungimirante deve orientare la collettività a gestire e domare questo fenomeno, agendo con istituzioni, banche, altri attori specializzati e non solo. Allo stesso tempo le PMI non devono considerare le start up come meri concorrenti: il loro potenziale innovativo e creativo rappresenta un’opportunità, una possibile leva per la salvezza e sopravvivenza di interi comparti attraverso l’introduzione di innovazioni di processo. Rinunciare, laddove possibile, ai loro metodi produttivi tradizionali per abbracciare la tecnologia innovativa potrebbe portare molti frutti, specialmente per quanto riguarda efficienza e produttività, fino a creare un vero e proprio fenomeno di artigianato digitale. Non si tratta di sostituire vecchie imprese con nuove. Tutt’altro: è necessario sostenere le imprese innovative per creare fornitori di tecnologie indispensabili per la crescita (e la salvezza) delle imprese tradizionali. Si tratta di innescare un meccanismo di interconnessione delle une con le altre in cui tutti i soggetti, la politica in primis, sostengano il loro enorme potenziale orientando linee di indirizzo strategiche di sistema. Per una regione manifatturiera come le Marche è cruciale non disperdere il potenziale creativo e tecnologico.

La soluzione? È quella di fare un lavoro sartoriale, volto a sostenere il numero maggiore possibile di imprese, per i loro vari bisogni, settori e dimensioni. Questo permetterebbe di offrire anche servizi su misura e di farle corrispondere, il più possibile, con le loro naturali e più appropriate fonti di finanziamento. Si tratta di favorire un’eventuale aggregazione e di accompagnarle in un loro processo di internazionalizzazione.  (Anche in questa direzione vanno le proposte indicate in articoli precedenti, alcune delle quali sono state inserite nel programma di governo delle Marche). Ed è proprio questo il senso della suddivisione tra start up innovative e PMI innovative, e, più in generale, della categorizzazione in 5 categorie di imprese (imprese storiche/familiari, PMI, nuove imprenditorialità, start up innovative, PMI innovative). Inoltre l’individuazione di una categoria speciale dei Grandi Campioni Regionali, che attraverso il raggio planetario delle loro esportazioni rappresentano Ambasciatori dell’imprenditoria marchigiana in grado di promuovere insieme ai loro prodotti anche il brand Marche nel mondo, è parte delle soluzioni, così come un dialogo costante con le nuove piattaforme dell’innovazione economica e sociale (coworking, fablab, acceleratori, incubatori) e la creazione di luoghi e spazi fisici, i Centri di Imprenditorialità Diffusa, nei quali far confluire imprese marchigiane sulle quali vogliamo puntare i fari, al fine di farle riconoscere da investitori nazionali ed internazionali.

Diventa pertanto essenziale inserire le start up – in modo organico – nella pianificazione del sostegno del tessuto produttivo. Altrettanto giustificata e urgente è la necessità di occuparsi di un’adeguata categorizzazione delle 186 start up innovative e 2 PMI innovative esistenti ad oggi (agosto 2015) nelle Marche: numeri che in apparenza possono sembrare piccoli, ma che – se adeguatamente sostenuti – possono portare a grandi risultati.

Il sistema di finanziamento delle start up

La vera sfida rimane quella di indirizzare le start up marchigiane verso la corretta fonte di finanziamento, anche perché i dati ci dicono che non c’è mai stata così tanta disponibilità monetaria. In più, esiste un numero elevato di soggetti eterogenei interessati a finanziare le start up stesse con nuovi metodi o nuovi strumenti finanziari. Spetta al decisore pubblico avere, innanzitutto, consapevolezza del quadro generale di finanziamento delle start up e fare in modo che non venga sprecata alcuna risorsa, alcuna opportunità, né risparmiato alcun tentativo.
I canali di finanziamento, infatti, si possono suddividere principalmente in attori tradizionali (banche e fondi istituzionali) e nuovi attori (gruppi industriali e fondi provenienti paese, principalmente Stati Uniti).  Un sistema politico al servizio dello sviluppo economico deve orientare i fondi laddove possibile, assegnarsi dei compiti e permettere alle aziende di accettare e di affrontare delle sfide. Ogni canale di finanziamento ha le sue regole davanti alle quali il sistema politico e il sistema delle start up sono chiamati a interagire, facendo ciascuno la propria parte. Nello specifico:

  • Le Banche rappresentano gli strumenti tradizionali attraverso i quali l’UE e la BCE vogliono favorire la crescita, ma la problematica principale sta nel fatto che l’idea su cui poggia una start up, di per sé, non è considerata né costituisce una garanzia. In questo caso due gli sforzi congiunti richiesti: alla Politica/Sistema Marche quello di orientare i fondi verso aziende meritevoli e con alto potenziale di crescita; alle start up marchigiane quello di realizzare progetti di sviluppo di servizi locali o progetti territoriali (ad es. servizi per anziani, gestione di rifiuti, ecc.) per risolvere problemi strutturali della nostra regione
  • Fondi Istituzionali si auto indirizzano verso le start up al verificarsi di bassi rendimenti nei canali tradizionali e in presenza di qualche start up che può essere molto redditizia. A questo tipo di investitore la Politica/Sistema Marche deve mettere in luce start up marchigiane che possono offrire alti rendimenti.
  • grandi gruppi industriali, coscienti che l’e-transformation può costituire una minaccia per le loro attività attuali, si sono lanciati recentemente, anche loro, nella ricerca dell’idea vincente. Se negli anni passati erano dedicati in gran parte alla produzione, oggi si sono adeguate alla digitalizzazione: in questo caso la Politica/Sistema Marche deve aiutare ad individuare e segnalare start up con un forte impatto sull’economia reale e sull’occupazione, mentre la sfida per le start up è presentare progetti con un impatto sul mondo della manifattura, sull’innovazione di processo e puntare su nuovi prodotti.
  • Fondi paesi (specialmente provenienti dagli Stati Uniti): L’Europa è più indietro nelle tecnologie digitali ma non manca di talenti. È un problema culturale: mancano solo la cultura del rischio, del fare impresa, di accettare il fallimento o una combinazione di alcuni o tutti questi fattori insieme. Oltreoceano, va detto, esiste anche una maggiore disponibilità di fondi e, non da ultimo, ci si crede di più. Sono questi i motivi per i quali, in questo caso, la Politica/Sistema Marche deve impegnarsi a professionalizzare le proprie attività, sponsorizzando start up ad alta e altissima tecnologia, progetti molto costosi e ad elevato rendimento. Alcuni fondi paesi sono scommettitori di natura e ricercano proprio idee in grado di trasformare un’intuizione, un’idea brillante, in un’impresa grandiosa e molto redditizia.

 

Conclusioni

Dopo tutta questa lunga esposizione di fatti, rischi e opportunità, che cosa fare allora? Tre azioni. Primo, andare a stanare tutti i “garage/start up” marchigiani ovunque essi siano. Secondo, procedere ad una suddivisione delle start up secondo il loro scopo, adeguandole, mettendole in luce rispetto alla tipologia di finanziamento alla quale queste possono interessare. Terzo, aprirci ad una internazionalizzazione diffusa e proattiva. Questo perché la trasformazione digitale e il crollo della domanda interna lo impongono, ma ricordandosi che questa inattesa opportunità della domanda estera si gioca in dura concorrenza interna da un lato (altre regioni italiane) ed esterna dall’altro (Paesi europei e non).

Solo così, anche per le start up, i fondi potranno arrivare in maniera ingente e veloce. In più, a tutte sarà data la possibilità di lanciarsi prima possibile sul mercato e ad alcune di loro sarà permesso di avere rapidamente il mondo come loro mercato.

La strada per le start up è – e deve essere considerata ormai – una corsia preferenziale per il rinascimento industriale. Per questo motivo, creare momenti istituzionali di confronto sul tema e occasioni imprenditoriali di presentazione delle idee e dei prodotti è d’obbligo. Perché è arrivato ilmomento di lasciare sbocciare il fiore. Quelli dei nuovi Raffaello e del Bramante, per citare ad esempio solo due tra i maggiori artisti del Rinascimento, figli illustri di questa terra marchigiana che diedero luce artistica con inimitabili capolavori, lasciando i loro nomi sui libri di storia e contribuendo a lasciarsi alle spalle gli anni bui del Medioevo, come anche noi oggi siamo chiamati ad uscire più rafforzati da questa infinita crisi.

Occorre agire, agire subito, ricordandosi che all’innovazione non si comanda e che le idee non hanno l’abitudine di aspettare.

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