Introduzione
Serve uno spirito nuovo per rimanere competitivi e conservare il primato marchigiano di imprenditorialità.
Due fattori hanno portato ad una straordinaria trasformazione dei modelli economici (e-transformation): innovazione e digitalizzazione.
Essi devono diventare i nostri fari per guidarci sulla strada della creazione esponenziale di tutte le categorie di imprese. E non solo. Devono anche orientare le nuove competenze e fare delle scuole laboratori di apprendimento continuo.
In effetti, il 2020 si annuncia come un anno cardine per le Marche: possiamo cominciare citando l’anniversario dei cinquecento anni dalla morte di Raffaello Sanzio che ci proietta in un passato molto lontano. Il genio universalmente riconosciuto – nato ad Urbino – insieme al padre Giovanni Santi e alla sua bottega, sono lì per ricordarci che, bellezza, eccellenza, arte, cultura ed innovazione hanno una tradizione lontana e ben ancorata sul nostro territorio.
Siamo gli eredi di questa cultura e quindi chiamati a perpetuarla, anche dopo il 2020, tenendo in considerazione nuovi tempi e nuovi vincoli.
L’anno 2019 appena concluso, invece, ha segnato i cinquanta anni dalla conquista della Luna, il più grande obiettivo fissato dall’uomo che determinò il vincitore della lotta/sfida tra due grandi leader di un mondo cosiddetto “bipolare”. Uno di questi attori – l’Unione Sovietica – incapace di portare avanti un proprio modello economico, fallimentare sotto molti aspetti, non esiste più. Proprio la sua scomparsa ha permesso la nascita di una Europa allargata, per la quale lottiamo continuando ad indirizzare verso l’obiettivo di “Pace e Prosperità” ed auspicando una maggiore integrazione in tutti i settori.
Questo mondo – del dopo 1945 – è un mondo che ha visto un’Italia attiva e protagonista, considerato che il nostro paese è stato, dopo URSS ed USA, il terzo a conquistare lo spazio. Un paese che ha perso la seconda guerra mondiale, che è diventato protagonista di una Unione Europea nata nel 1957 con i Trattati di Roma, e che ha avuto anche il tempo di compiere progressivamente una straordinaria crescita definita come “il miracolo economico”.
Spirito europeo ed imprenditoriale
Nel 2020 tutto questo sta per cambiare: per la prima volta dalla sua creazione, uno Stato ha deciso di uscire dall’Unione Europea. Si tratta di “Brexit” con cui il Regno Unito “ha scelto l’Impero”, seppur diviso dal sottofondo di rumorose proteste di Scozia e Repubblica di Irlanda.
Da parte nostra, sono qui a chiedere con forza ai miei concittadini marchigiani di non dimenticare mai che l’Europa, dopo due conflitti mondiali, è diventata la salvezza per il nostro continente e per il suo modello economico di Stato Sociale. Non lo dimentichiamo mai, soprattutto su un territorio come l’Italia e le Marche dove – ricordiamolo ancora una volta – produciamo più di quanto consumiamo.
Con Brexit, l’Europa sta per perdere una grande potenza economica, sesta destinazione dell’export Marche nel 2018. Stiamo per perdere un membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, una potenza nucleare, un campione di libertà, di diritti e del libero scambio. Tutto vero.
Ma vorrei anche rassicurare.
Il contesto odierno – quarta rivoluzione industriale – è un’epoca nella quale l’Italia e l’Europa stanno colmando il loro “ritardo imprenditoriale” relativo alla nascita e finanziamento di start up.
Questo ci indica che il futuro deve vedere le Marche e l’Italia protagonisti nella stessa sfida sulla quale è chiamata a confrontarsi anche la nuova Commissione Europea guidata dalla tedesca Ursula von der Leyen.
Le start up hanno finito per conquistare il mondo. E l’Italia ha enormi vantaggi. Innanzitutto perché abbiamo creatività, capacità di risolvere problemi complessi e disponiamo anche di un grande mercato ancora in grado di assorbire produzioni intellettuali, materiali e servizi.
Oggi il mondo si sta facendo conquistare da questa “nuova cultura” del fare impresa (start up). In realtà, si tratta di un modello ed una cultura già ben ancorati nel modello economico marchigiano stesso. Cose che noi conosciamo già da molto tempo.
Tutto il mondo è rimasto affascinato dalla “normalità marchigiana”: una cultura di lavoro definita “nuova” fondata sull’agilità, l’autonomia, la cultura dell’apprendimento, del fallimento, un management basato sul coaching e la motivazione dei propri collaboratori piuttosto che sul controllo e la gerarchia.
Ma tutto questo non ci sembra un modello già familiare? Sì. Si tratta del nostro modello, concentrato principalmente sulle aziende manifatturiere che hanno contribuito a portare l’Italia in vetta in Europa, facendola diventare la seconda potenza manifatturiera, dietro solo alla Germania.
La cultura del “garage” non è altro che la cultura della bottega o del laboratorio sotto casa, come ne troviamo tanti costruiti lungo le vie dell’entroterra marchigiano. Anche l’architettura è qui a testimoniare tale primato.
Ma adesso viene il difficile. Dopo il 2020 dobbiamo spostare questa mentalità già acquisita (piccolo è bello, la cultura della bottega, la mentalità e la logica della multinazionale tascabile) verso il mondo dell’innovazione, della tecnologia, verso le nuove sfide mondiali, come i cambiamenti climatici, la gestione ed il trattamento dei rifiuti terrestri o spaziali, l’invecchiamento della popolazione, se guardiamo a quelli della generazione dei nati tra il 1945 e il 1975.
Abbiamo bisogno di donne e uomini necessari, capaci di portare le loro esperienze dal mondo manifatturiero e di trasformarsi in nuovi manager in grado di capire e di gestire team di carattere (anche) internazionale. Così come devono capire e saper stimolare processi di rapida internazionalizzazione, riferiti a strutture che dovranno anche imparare a coordinare e non più soltanto dirigere. Il mondo è diventato e resta il nostro mercato.
È arrivato il momento di prendere il “toro per le corna”. Non si tratta soltanto di dare il via ad una rivoluzione dell’imprenditorialità, anche femminile. Non si tratta soltanto di far nascere progetti innovativi, coraggiosi e nei quali i protagonisti dovranno buttare il cuore oltre all’ostacolo. Non si tratta soltanto di fissare degli obiettivi difficili – e perché no – anche folli. Non si tratta soltanto di lasciare sfogare l’innovazione come lo hanno già fatto nella Storia i cantieri navali di Venezia, con una espansione marittima e terrestre che hanno lasciato il segno nella Storia.
Si tratta di fare le cose come non le abbiamo mai fatte prima.
Ecco quello che – in questo presente – tocca fare nelle Marche e in Italia dal 2020 in poi, il presente di un futuro che è già qui. Dobbiamo ritrovarci tutti insieme per rilanciare di nuovo il modello economico marchigiano – un nuovo rinascimento industriale – adottando una nuova visione dell’imprenditorialità.
Questa non dovrà certamente abbandonare il settore manifatturiero. Deve giusto adattarsi ed abbracciare l’innovazione e la tecnologia, senza escludere i talenti, indipendentemente dalla loro provenienza. Questo presente deve trovare luoghi per agevolare la nascita o la rinascita delle imprese, deve aiutare a trovare i fondi necessari per finanziare attività imprenditoriali e fare un lavoro sartoriale per i suoi beneficiari.
Dobbiamo organizzarci e riorganizzarci rapidamente laddove necessario per poter rimanere competitivi. Una via preferenziale è e rimane quella della creazione esponenziale di tutte le categorie di imprese, che siano PMI, nuove imprenditorialità, start up innovative, PMI innovative, salvaguardando quelle storiche. La creazione di impresa significa posti di lavoro.
Le Marche e l’Italia hanno bisogno di difendere posti di lavoro e di crearne nuovi in un sistema economico sempre più caratterizzato da una distruzione creatrice di imprese e dall’affermazione di Industria 4.0. Abbiamo bisogno di affrontare l’enorme sfida dell’impatto degli esseri umani sull’ambiente promuovendo il cosiddetto “Green New Deal“, guardando a nuovi modelli di sviluppo sostenibile che ci dovranno vedere protagonisti anche nell’economia circolare con Agenda 2030 dell’ONU quale orizzonte comune.
Conclusione
In generale, chi meglio delle start up e dello spirito delle start up potrà aiutare a promuovere e gestire nuove politiche industriali in un periodo storico plasmato dall’era digitale?
Chi meglio delle start up e dello spirito delle start up sarà in grado di produrre uno slancio continuativo dell’innovazione, dell’investimento su una società della conoscenza ormai orientata verso lo spazio?
Chi meglio delle start up e dello spirito delle start up potrà fare delle nostre società regionali e nazionali delle entità capaci di rimanere competitive affrontando e risolvendo allo stesso tempo la grande sfida/opportunità di una società in forte fase di invecchiamento?
I primi 20 anni del nuovo millennio sono passati come un fulmine dal quale dobbiamo captare l’energia per proiettarci in avanti, sapendo che la strada sarà difficile. Senza dimenticare che l’Italia e le Marche ne hanno viste ed attraversate tante. Ma sempre e comunque nella consapevolezza che il mondo non ci deve perdere come protagonisti attivi del futuro del pianeta.
Un futuro che non si deve, che non si può né disegnare né vivere senza il nostro protagonismo e nel quale le nostre impronte devono restare ben visibili – come Raffaello appunto – a futura memoria di chi verrà dopo di noi.