Il nome di Chongqing, detto così, potrebbe essere poco evocativo. Ma in un mondo globalizzato, come quello di oggi, nel quale dobbiamo affrontare sfide come la crescita della popolazione concentrata nelle città, organizzare la sostenibilità della vita negli ambienti urbani (smart city), mettere in piedi l’Economia Circolare, promuovere la Green Economy, affrontare la questione dell’Industria 4.0, aprire i mercati esteri ai prodotti italiani, è importante sapere almeno che si tratta di un luogo e indicarlo, orientativamente, su una mappa.
Cresciuta nell’arco di poco più di un decennio, dopo aver superato Los Angeles, Tokyo e Mexico city, la città di Chongqing, con trentadue milioni di abitanti, è considerata tra le più grandi al mondo. La concentrazione, in un solo agglomerato urbano, di poco meno del 50% della popolazione del nostro Paese, ci fa capire la situazione completamente nuova nella quale autorità politiche ed amministrative italiane, studiosi e ricercatori, imprese italiane e marchigiane e tutti gli altri numerosi attori nazionali ed internazionali sono chiamati ad agire.
L’inizio di un altro anno si presta sempre facilmente ad analisi del passato e, allo stesso tempo, si presenta come una buona occasione per fissare nuovi obiettivi.
Il 2016 ci ha dimostrato ancora una volta le capacità di resilienza delle Marche, della sua popolazione, pur colpita da una seria minaccia di senilizzazione. Lo stesso vale per le imprese marchigiane, che faticano a svilupparsi su un mercato interno che non decolla, perché ancora colpito dalla crisi. Ma alcune di queste aziende – purtroppo ancora troppo poche – cercano di resistere affrontando e affermandosi sui mercati esteri.
Purtroppo la crisi del lavoro e la scarsa fiducia nel futuro possono essere individuate come le cause dirette o indirette del profondo malessere che, da anni, ha invaso l’Italia. Tutto questo – insieme ad una crescita economica di modestissimo livello ancora prima della crisi del 2008 – ha portato alla nascita di movimenti di protesta, all’abbandono delle urne da parte degli elettori, ad una crescente protesta giovanile, rivelatasi quest’ultima decisiva nel referendum che – di fatto – ha mandato alle calende greche ogni speranza di riforme in Italia.
Ma non dobbiamo abbassare la guardia. La vera questione rimane quella di sapere da dove dobbiamo ricominciare. E una risposta c’è. Bisogna ricominciare dalle Marche.
Questo per il PD Marche significa doversi impegnare ripartendo dal lavoro e favorire qualsiasi forma di imprenditorialità. Il sisma, che ha colpito quattro regioni italiane, geograficamente il Centro Italia, ha reso le cose ancora più difficili e complicate, comporta concentrarsi sulle difficili e macchinose fasi di emergenza, ricostruzione e di futuro sviluppo, ma nessuno ha detto che sia impossibile riprendersi, sia per le Marche che per l’Italia.
Nelle Marche abbiamo bisogno di dare massima attenzione ai lavoratori, affinché possano vivere con dignità. Abbiamo bisogno di rassicurare quella massa di giovani avvolti nelle difficoltà quotidiane e che, sopraffatti dalla negatività, hanno visto i propri genitori disposti a cambiare per loro mentre gli stessi (giovani) ipotecavano il loro avvenire votando “No” al referendum. Dobbiamo organizzare una società che dovrà offrire e garantire educazione e formazione di qualità, una sanità attenta ai bisogni di tutte le fasce della popolazione, pur vedendo un futuro caratterizzato anche dal pensionamento di insegnanti e medici che non saremo in grado di sostituire tutti da subito.
La certezza di oggi è che per far qualcosa bisogna cambiare. Cambiare per qualcuno potrebbe anche significare tornare indietro, “all’età della pietra”, o attuare sistemi idealistici che non hanno funzionato in passato e dei quali qualcuno propone una rivisitazione.
Invece, la Storia e la realtà ci richiamano all’attenzione e ci indicano che bisogna restare con i piedi per terra e ripartire da ciò che funziona. Ecco perché le Marche possono e devono diventare un modello per l’Italia di domani, che non può pensare all’autarchia o a sistemi rivoluzionari che implicano una dittatura dei pensieri oppure la presa in ostaggio degli elettori per realizzare programmi legati a ideali o sogni che interpellano la protesta dell’elettore, ma senza fare il suo interesse.
La strada da seguire è quella di partire dai nostri punti forti interni.
Da una parte della medaglia, dobbiamo ripartire dalla grande capacità di lavoro dei marchigiani che, nata nei campi, è poi confluita nelle fabbriche. Dobbiamo sostenere la nostra creatività, il talento e lo spirito imprenditoriale, sfruttare una – nel complesso – positiva gestione amministrativa degli oltre duecento comuni marchigiani promuovendone anche una capacità progettuale in ambito di fondi europei, aprire gli occhi sui nuovi fenomeni come lo straordinario sviluppo della compagine femminile, che ha ormai raggiunto livelli imprenditoriali importanti e un tasso di iscrizione in tutte le quattro università marchigiane superiore a quello del genere maschile.
Altro aspetto da non perdere di vista è lo sviluppo di nuova imprenditorialità, così come l’affermarsi nelle Marche di fenomeni all’avanguardia – ambiti rispetto ai quali il PD Marche sta facendo la sua parte per scovarli, farli emergere e portarli all’attenzione a tutti i livelli politici e amministrativi – come il coworking, i fablab, la sharing economy, l’economia circolare, il fintech, lo sviluppo strategico del settore agroalimentare partendo dall’e-commerce per prodotti marchigiani di qualità, le start up innovative anche in settori di elevatissima potenzialità quali ad esempio aerospazio, meccatronica, robotica, automotive, green economy, biomedicale, silver economy, ecc. Per ottenere risultati concreti in tale complessità serve una visione di lungo periodo guidando un processo di sistema in cui rendere protagonisti del cambiamento anche nuovi attori. L’esperienza di soggetti, quali gli incubatori ad esempio, che hanno agito insieme per la prima volta, avviando una buona prassi regionale da lanciare anche a livello nazionale, insegna. Un risultato di tutto rispetto considerando il “tipico” individualismo dell’imprenditore marchigiano che, in questo caso, unendo forze complementari – thinking out the box, facendo le cose come non si sono mai fatte prima – crea un gioco di squadra che si trasforma in un vero motore di sviluppo. Affermazioni di successo di ciascuno, insieme alla forza trainante che esprimono insieme, sono proiezioni di un nuovo modo di fare e di agire da cui potrà trarre beneficio il territorio nel suo complesso.
Dall’altra parte della medaglia, dobbiamo guardare fuori da casa nostra, più lontano dalle piazze dei nostri bellissimi borghi e città. Dobbiamo guardare al mondo che deve diventare il nostro mercato, alle popolazioni del pianeta assetate di “Made in Italy”. Dobbiamo puntare a intercettare e soddisfare chi vuole conoscere l’arte, la musica, la cultura, la creatività, la cucina e il design italiano e giocare sul soft power del nostro modo di vivere (Italian way of life). Il vantaggio è che in questa regione si produce di tutto. Dalla lamiera per il settore automobilistico, all’industria manifatturiera da esportare ovunque nel mondo. Dai prodotti farmaceutici, che sono i primi a garantire il benessere e alleviare le sofferenze nelle società a livello globale. Dalla meccanica ai macchinari necessari alla costruzione di linee di produzione per qualsiasi prodotto. Dalle calzature e pelletterie al settore tessile e abbigliamento, dai mobili e prodotti in legno agli articoli in gomma e materie plastiche, dalla carta ed editoria all’agroalimentare, dal computer ed elettronica alla gioielleria, fino agli strumenti musicali; dai mezzi di trasporto al vetro, ceramiche, terracotta e cemento. In sintesi si produce di tutto. Puntare sull’estero non è un’opzione che si può scegliere o non scegliere. Questa è diventata un obbligo strategico per la regione e per il paese.
Il nuovo anno è iniziato a cavallo tra un sospiro di sollievo in Occidente e l’ansia del continuo ricorso agli attentati che creano paura e disperazione ai suoi confini in Turchia. Il 2017 deve segnare un nuovo corso, verso il quale la nostra regione e il nostro paese, guardando all’internazionalizzazione e all’innovazione come fattori strategici, dovranno puntare con urgenza per creare ricchezza. Un corso dove qualcuno si deve candidare per far risalire il nostro paese caduto dal cavallo della crescita economica.