L’arrivo del 5G segna una rivoluzione tecnologica che rischia di trovare l’Italia – ancora una volta – intricata in una interminabile serie di difficoltà nel gestire una transizione storica, esattamente come successe dopo la caduta del Muro di Berlino nel lontano 1989. Sono passati esattamente 30 anni.

Non possiamo dire che siamo da punto a capo, ma che siamo in una situazione molto simile.
Ma con un grande vantaggio. Questa storia, l’abbiamo già vissuta.

Qualora ce ne fosse ancora bisogno, dobbiamo ricordare che forza delle democrazie sono le istituzioni e non le persone.
Facciamo in modo che la stagione che ci ha consegnato “uomini forti e soli al comando” per quasi 20 anni non si ripeta più prendendo questa volta il toro per le corna.

Ci sono innanzitutto evidenti difficoltà politiche molto gravi. Si tratta della frammentazione del quadro politico e partitico nazionale che, invece, dovrebbe essere incaricato di trainare l’Italia più avanti nel XXI secolo.
Poi, ci sono gravi fenomeni di comunicazione politica legata alla questione dei migranti. Questa viene usata da più parti in maniera impropria per addossare ad una questione reale e ad esseri umani in uno stato di bisogno – tema che dovrebbe interrogare ogni Stato civile – responsabilità di sistema che non hanno niente a che vedere direttamente con questo fenomeno.
Infine si sta delineando una cecità politica che sta ignorando l’importanza che l’Italia ha guadagnato in Europa e di conseguenza il suo nuovo posizionamento internazionale, in seguito – e dovuto – alle conseguenze del referendum sull’uscita della Gran Bretagna dall’UE nel 2016, processo che risulta tuttavia non ancora finalizzato al momento della pubblicazione di questo articolo.

Poi ci sono delle gravi questioni economiche e sociali. Le crisi aziendali con operai che vogliono tornare in fabbrica si sono moltiplicate. I fenomeni di aggregazione – diventati inevitabili per grandi aziende italiane con altri gruppi europei o mondiali – continuano a far preoccupare lavoratori ed amministratori locali circa chiusure o trasferimenti di stabilimenti produttivi.

Non dobbiamo dimenticare le questioni legate alle ineguaglianze che hanno di nuovo riportato tensioni sociali nel nostro paese, fenomeno da affrontare insieme all’invecchiamento della popolazione italiana che si dirige progressivamente verso un tasso pari al 25% sopra i 65 anni.

In tutto questo, il mondo in attesa del 5G non smette di correre e di aggiungere nuove imprese, nuovi talenti ed ingegneri sullo scenario competitivo internazionale, provenienti soprattutto da paesi emergenti.

Le nostre imprese hanno creatività, fantasia e prodotti da vendere. Il Made in Italy è richiesto ma non presente ovunque nel mondo. L’Italian way of Life attira sempre più gente ed adepti nel mondo.
Ma come è già accaduto dopo la caduta del Muro nel 1989, siamo in una Italia nella quale le forze politiche sono impegnate in una lotta interna per contendersi briciole elettorali mentre il paese produce più di quanto consuma e nel quale le piccole e piccolissime imprese sono lasciate sole in questo vasto mondo nel quale hanno bisogno di crescere e di espandersi.

L’internazionalizzazione delle imprese italiane e marchigiane è una priorità strategica di primo livello, se vogliamo affrontare un mondo che è diventato il nostro mercato.

Dobbiamo accelerare su questo fenomeno – senza ulteriori ritardi e senza esclusione di settori – per ogni impresa in grado o con la volontà di farlo, promuovendo luoghi e attività adatte ad imprese di ogni ordine e grado.

La Storia non perdonerà a nessuno dei politici e degli amministratori locali – e ancor meno ai beneficiari stessi – un ulteriore ritardo nella proiezione internazionale delle nostre imprese.

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