Per la prima volta dal 2008, i quattordici membri dell’OPEC (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio), riunitisi ad Algeri il 28 settembre 2016, avevano definito un accordo di principio sul calo della produzione. L’organizzazione avrebbe voluto ridurre la sua produzione fino a raggiungere tra i 32,5 e i 33 milioni di barili al giorno, contro i 33,24 milioni di oggi.

Il loro obiettivo era quello di far risalire i prezzi del barile. Questo effetto è stato prodotto visto che la risalita dei prezzi del barile di petrolio è già arrivata al 5%. Ricordiamoci che la crisi finanziaria post-Lehman Brothers aveva fatto crollare il prezzo dai 147 dollari al barile – durante l’estate del 2008 – a meno di 35 dollari solo sei mesi più tardi.

I motivi di tale riduzione della produzione – che ha normalmente l’effetto di far salire i prezzi – risiede in un errore strategico commesso da questi paesi, che puntavano ad “eliminare o rendere meno dannosa” la concorrenza contro il petrolio risultante dallo “Shale Oil” degli Stati Uniti, i cui costi di produzione sono nettamente più alti. Sul medio lungo termine, la tattica di tenere i prezzi bassi non ha giovato proprio a questi paesi produttori, che si sono ritrovati senza entrate e senza valuta straniera. Precisiamo anche il fatto che molte delle loro economie si basano quasi esclusivamente sull’esportazione del petrolio. Così, per esempio, l’Arabia Saudita è precipitata in una situazione finanziaria drammatica, arrivando a prendere misure come la diminuzione dei salari dei funzionari pubblici. Senza parlare dei paesi poveri di altri continenti, che hanno bisogno di finanziare i loro piani di sviluppo e di costruzione di infrastrutture.

La risalita dei prezzi non dovrebbe tardare a rendere conveniente la produzione degli Stati Uniti e di altri paesi che hanno costi (di produzione) più alti, senza contare la presenza di attori nuovi, come l’Iran, che non sono più sotto lo scacco delle sanzioni internazionali e possono quindi immettere quantità di petrolio sul mercato. E poi c’è da considerare anche la reazione della Russia, che non si è mai lasciata influenzare – affermandosi così come un attore imprevedibile – sul quando e come immettere petrolio sul mercato.

Intanto per le aziende marchigiane, la salita del prezzo del petrolio non è necessariamente una buona notizia, perché significa “aumento dei costi di produzione”. Pertanto, di conseguenza, aumentare la competitività rimane una questione chiave e sulla quale bisogna continuare a lavorare.

Queste considerazioni a poche ore dal giuramento del nuovo Governo guidato dal Presidente Paolo Gentiloni (già Ministro degli Affari Esteri nel Governo Renzi dimissionario), figura istituzionale che onora Le Marche – come evidenziato in un comunicato stampa dal Segretario PD Marche Francesco Comi in quanto “Paolo Gentiloni, cittadino onorario e originario di Tolentino” – ci ricordano che se le urgenze del nuovo Governo sono principalmente due – la ricostruzione delle zone colpite dal terremoto e la legge elettorale – non dobbiamo dimenticare che il mondo economico continua a correre e non possiamo arrestarlo.

Nella sua dichiarazione ufficiale da premier incaricato, prima ancora di formare il Governo, il Presidente Gentiloni ha citato l’urgenza di agire subito anche rispetto alle priorità internazionali, economiche e sociali.

Il mondo economico globale interconnesso procede velocemente, non si arresta aspettando i tempi italiani della legge elettorale. Nel frattempo che si fa?

La riconferma di Carlo Calenda, già titolare del Dicastero dello Sviluppo Economico nel Governo Renzi, consente di riprendere da subito la via già tracciata nei mesi scorsi, dal suo primo insediamento, e di proseguire su importanti dossier, come ad esempio Industria 4.0, puntando sempre l’attenzione sull’importanza dello sviluppo internazionale delle imprese italiane.

In una economia interna in crisi riprendere la via della crescita significa puntare all’internazionalizzazione.

Concentrarsi solo su quanto accade in casa nostra non deve distrarci ignorando quanto succede nell’arena globale. Alcuni processi non possono arrestarsi.

Per fare un esempio concreto di grande attualità: le opportunità dell’internazionalizzazione per le aziende e le start up marchigiane possono manifestarsi anche su un nuovo territorio. In effetti, in occasione della visita dell’Alta rappresentante Federica Mogherini a L’Avana, l’Unione Europea e Cuba, rappresentata dal governo di Raul Castro, hanno siglato un accordo storico. Si tratta di un «accordo di cooperazione» che avviene dopo la revoca nel 2008 delle sanzioni europee contro l’isola caraibica. L’accordo – nonostante le difficoltà iniziali che ci potranno essere – è un’ottima opportunità per consentire il posizionamento delle imprese italiane sul mercato cubano.

In questi giorni, inoltre, si dovrebbe svolgere il convegno “Ready to Silicon Valley” alla presenza del Presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli e dell’Assessora alle attività produttive Manuela Bora, appuntamento nel quale si parlerà di innovazione, di come rendere attrattivo il nostro sistema regionale e di come approcciare il mercato nordamericano. In questa occasione e in presenza principalmente di incubatori e di venture capitalists – e non solo – per facilitare l’accesso al credito e al mercato internazionale di imprese vocate all’innovazione, bisogna ribadire sempre un concetto importante.

Ormai, la crescita economica e le opportunità dei mercati non abitano più qui, si sono spostati lontano dalle nostre frontiere, soprattutto se parliamo di occasioni per tutte le nostre imprese, partendo dalle nostre start up e pmi innovative, ancora piccole nei numeri ma che meritano ampio sostegno con adeguate scelte politiche volte ad incoraggiarle, assisterle e ad accompagnarle.

Detto questo, bisogna dire che conquistare i mercati esteri non è un mestiere semplice. Ci vuole fiuto, capacità imprenditoriali e disponibilità economiche. Per come stanno le cose oggi, le Marche hanno bisogno di fare un salto di qualità nel loro posizionamento internazionale.

È pertanto dovere del PD Marche, adottando un approccio basato sull’organizzazione del sistema imprenditoriale e sul principio dell’offerta, fare tutto il possibile, da un lato per favorire l’ecosistema regionale dell’innovazione – implementando anche politiche nazionali legate al Digital Innovation Hub – e dall’altro per mantenere il focus sull’internazionalizzazione delle imprese marchigiane per un futuro di prosperità.

Il futuro di prosperità passa attraverso il mantenimento e la creazione di posti di lavoro, obiettivi che potranno trovare nel posizionamento sui mercati globali – con conseguente aumento di export – una vera boccata d’ossigeno per la nostra regione.

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