Abbiamo più volte ricordato che in Italia, fin dagli anni Novanta, la crescita economica era sempre stata modestissima, ma che questo non aveva impedito un certo sviluppo dell’economia con relativa creazione di ricchezza. Le problematiche vere in Italia sono cominciate nel 2008 e da quando il lavoro è entrato in crisi.

Non dimentichiamo che il passaggio di alcuni paesi dallo stato di “paesi in via di sviluppo” allo stato di “paesi emergenti” ha sorpreso molte delle nostre aziende marchigiane. Ne stiamo pagando ancora e tutt’ora le conseguenze, proprio perché i costi di entrata su questi mercati, che dobbiamo affrontare oggi, sono molto elevati. Specialmente se molte imprese hanno fretta di compensare, con queste nuove opportunità, le perdite subite su altri mercati in crisi. Purtroppo gli importanti tassi di crescita che si offrivano in passato non sono più quelli odierni.

Per le aziende marchigiane, la quota di produzione per il mercato estero è andata sempre più crescendo, mentre quella per il mercato italiano interno è andata sempre più diminuendo.

La globalizzazione e, soprattutto la crisi del mercato interno per l’Italia, hanno favorito chi era già impegnato nella produzione per l’estero. Così, quella che un tempo era una parte marginale delle attività delle imprese italiane e marchigiane, ha finito per diventare il maggiore fattore di crescita o di sopravvivenza delle imprese nostrane. Questo fattore è molto importante, perché ha influito profondamente sulle modalità di organizzazione, di “governance” di relazione tra imprese. Per esempio, questa nuova situazione ha richiesto una maggiore presenza di manager esterni nelle aziende, una profonda modifica del processo decisionale, l’utilizzo di un nuovo tipo di risorse umane.

Andare verso l’estero rimane una delle poche carte da giocare per molte imprese che vogliono crescere. Alcuni settori richiedono imprese che crescano molto di dimensione, azione senza la quale rischiano di sparire, “mangiate” da altri attori più grandi. La novità è che questi nuovi attori pronti ad acquistare le nostre aziende, possono oggi provenire da paesi un tempo considerati poveri come il Brasile o l’India. A questo punto, se non vogliamo o non possiamo crescere di dimensione, ci dovremmo inventare un altro sistema per vedere le nostre imprese sopravvivere.

Altro problema è quello della soluzione alla questione del malessere sociale, ormai molto diffuso in Italia e in Europa. In effetti, molti sono d’accordo ed affermano che la soluzione a questo problema in Italia debba passare attraverso una buona redistribuzione della ricchezza. Qui, concordiamo tutti che bisognerà che il sistema sia in grado di creare questa ricchezza prima di redistribuirla.

Purtroppo, o per fortuna, uno dei fattori capaci di creare ricchezza è rappresentato dalle imprese. Per nostra fortuna, sulle venti regioni che costituiscono l’Italia, le Marche fanno parte di quelle che hanno moltissime imprese. Fortunatamente ancora, non si tratta solo di imprese tradizionali, ma disponiamo anche di imprese capaci di tenere testa ai massimi sviluppi imprenditoriali e tecnologici esistenti oggi al mondo.

Affianco a queste richieste, che chiedono urgentemente di ripristinare più stato sociale, di fare molta più redistribuzione, esiste un paradosso. L’elemento cardine che ci permetterebbe di vedere uno spiraglio nella soluzione dei nostri problemi – la globalizzazione – viene vissuta come un malessere. Viene vissuta come qualcosa che “toglie” qualcosa agli italiani e ai marchigiani. La globalizzazione – a torto o a ragione – viene considerata come una cosa che non porta valore, che non porta migliori condizioni, ma viene vissuta come una vera sorgente di inquietudine, una vera e propria minaccia.

Il vero problema, invece, è che parte dell’economia italiana è in declino. Altra parte della stessa economia non viene sfruttata con sufficienza come il comparto del turismo, proprio mentre la globalizzazione – ancora – che ci dovrebbe favorire portando più turisti in casa nostra, viene vissuta da molti italiani come un’entità che viene a togliere loro qualcosa. Il forte indebitamento dello Stato dovrebbe essere invece, per noi, la prima preoccupazione, soprattutto se la senilizzazione della nostra popolazione – soprattutto nelle Marche – rischia di far esplodere questo indebitamento, se il nostro sistema non viene adeguatamente e rapidamente sostenuto da una crescita economica importante.

In futuro, sempre più pensionati si avvieranno verso la fine della loro carriera lavorativa e bisognerà trovare rapidamente un modo adeguato per provvedere al pagamento di quello che è loro dovuto. Bisognerà offrire loro servizi in grado di farli vivere dignitosamente e soprattutto continuare ad avere una vita attiva. Affianco a questo, sappiamo che il numero degli ammalati cronici aumenta ovunque in Europa occidentale e l’Italia non sarà un’eccezione.

Dobbiamo adattarci puntando sulla decrescita felice? Forse, ma bisogna anche monitorare quello che fanno gli altri paesi che predicano la fine della globalizzazione, ma che si preparano a conquistare il mondo con i loro prodotti o servizi, come dichiarano alla luce del sole il nuovo Presidente degli Stati Uniti, l’imprenditore Donald Trump e il Primo Ministro del Regno Unito Theresa May. In più, per noi nelle Marche, accettare la “chiusura dei mercati internazionali” significa mettere a rischio tutte quelle imprese che non hanno ancora chiuso, che offrono ancora posti di lavoro e che magari fanno più del 50% del loro fatturato all’estero. Che ne sarà di loro?

I fatturati delle imprese li decidono i clienti. Purtroppo, nel mondo odierno, nel quale la concorrenza è diventata quotidiana, capita che i clienti possano essere anche molto lontani da casa nostra. L’impresa con le sue attività e i lavoratori con le loro prestazioni devono smettere di inseguire questi clienti ovunque essi siano? Non sembra la miglior soluzione ai problemi da affrontare oggi. Dall’altra parte, l’universo digitale e la trasformazione dei modelli economici hanno profondamente mutato l’approccio all’economia e alla società da parte di tutti noi. Questo fa sì che i clienti possano avere delle casse di risonanza importanti per esprimere il loro dissenso rispetto a qualsiasi impresa, quasi in tempo reale, oppure che hanno a loro disposizione un mezzo molto rapido per scegliere un altro prodotto o un altro fornitore.

Questo è il mondo che si rinnova continuamente e nel quale le imprese marchigiane si trovano ad agire oggi. In più, questa nuova era digitale richiede un’impresa blindata dal punto di vista dell’offerta dei prodotti e quella dell’offerta marketing. L’impresa deve stare estremamente attenta al rispetto delle regole etiche, e solo l’impegno convinto dei lavoratori per la sua difesa in caso di crisi o di problemi è in grado di salvarla in caso di attacco.

L’impresa marchigiana deve riorganizzarsi rapidamente, imparando a diventare un’organizzazione umana nella quale bisogna determinare con regole chiare e partecipative quali siano le interazioni tra imprenditore, macchine e lavoratori. Solo così si potrà rapidamente vedere il rinascimento industriale e si potrà pensare di continuare a conquistare il mondo non con il solo scopo di arricchire gli imprenditori, ma anche con quello di garantire uno sviluppo senza frattura e numerosi posti di lavoro.

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