Il tentato colpo di stato in Turchia e il caos che ne è conseguito ci forniscono la perfetta occasione per spiegare due grandi urgenze prioritarie per le Marche, per le sue imprese, per i suoi imprenditori e per ogni suo cittadino che oggi abbia un piano o che svolga una qualsiasi attività (compreso lo studio) che avrà bisogno di superare le frontiere nazionali per essere messa in atto.
Si tratta di illustrare ancora meglio e di attuare prima possibile azioni necessarie volte ad applicare sempre di più alcuni principi fondamentali: come è stato più volte ripetuto in questa rubrica, il “mondo deve diventare il nostro mercato” e bisogna “evitare le sovraesposizioni delle aziende su alcuni mercati”.
Per essere ancora più chiari diciamo che, pur non facendo parte del terzo mondo, pur essendo inquadrata in una associazione militare all’avanguardia come la NATO, la Turchia ha rischiato in una sola notte di piombare nella guerra civile. Non sappiamo ancora se si può parlare di miracolo, ma poco ci manca. L’Italia e l’Europa hanno rischiato di svegliarsi con un conflitto interno in un paese militarmente alleato ed importante per le loro economie. E come possiamo dimostrare di seguito, le Marche hanno rischiato grosso. Anche loro.
Per le Marche – dati del 2015 – la Turchia rappresenta l’11esimo Paese nella classifica delle destinazioni export per un valore di 260 milioni di euro ed una percentuale pari al 2,1% dell’export totale regionale 2015 verso il mondo, registrando una straordinaria performance di +13,4% rispetto al 2014. Per quanto riguarda le importazioni la Turchia si trova al 15esimo posto per un valore di 148 milioni di euro ed una percentuale pari al 2% del totale import 2015 (balzo di +14,7% rispetto al 2014). Aggiungiamo pure che le Marche hanno corso un doppio rischio perché, nel caso di questo specifico Paese – sempre per il 2015 – la bilancia commerciale fra le Marche e Turchia è a favore delle Marche per una somma di 112 milioni di euro. E questo non è un piccolo dettaglio.
Ieri notte, dunque, si è giocata una partita lontano da casa nostra ma che, secondo fatti e numeri, come riscontriamo da dati oggettivi, avrebbe avuto un impatto diretto e devastante sulla nostra regione. Tutto questo, che lo vogliamo oppure no, che ci piaccia o meno.
Ecco un ulteriore esempio che spiega bene che cosa intendiamo quando affermiamo che oggi, nelle Marche, tutti dobbiamo orientarci ad una “analisi oggettiva dei dati”, lasciando da parte opinioni e comportamenti da tifosi.
Attenzione. Questo riguarda tutti i mercati, anche perché in questi giorni fattori di instabilità non si sono verificati solo in Turchia ma, ad esempio, anche negli Stati Uniti dove violenze della polizia contro una parte dei cittadini sono state al centro di disordini causando l’assassinio a sangue freddo di cinque poliziotti e scenari di una città sotto assedio come Dallas. Per non parlare di altre zone di crisi nel mondo, meno sotto ai riflettori. Ricordiamo per esempio l’evacuazione dei cittadini italiani, proprio in questi stessi giorni, dal Sud Sudan, vicenda passata più inosservata ma che rappresenta pur sempre una crisi con risvolti a livello internazionale ed imprenditoriale.
Oggi, nessuna zona del mondo si può dire al sicuro o lontano dal rumore mediatico e fattori di crisi e instabilità possono essere sia interni che esterni. Siamo, infatti, passati in rapidissima sequenza tra le sparatorie negli Stati Uniti, ritornati ai constanti bombardamenti che puntano a stanare ed eliminare la minaccia della violenza del cosiddetto Stato Islamico in Medio Oriente, seguiti a ruota dalla strage di Nizza e, subito dopo, dal tentativo di colpo di stato in Turchia.
Questi sono purtroppo i rischi del mondo odierno e cogliamo l’occasione per rivolgere, ancora una volta, un pensiero alle vittime innocenti di tutti questi tristi eventi e alle loro famiglie.
Forse – purtroppo in questo contesto quasi surreale di 4/5 giorni nei quali la storia dell’Italia, della Francia della Turchia e quella del mondo sono state nuovamente scosse e sconvolte per l’ennesima volta – si riesce a far capire meglio i concetti fondamentali che devono guidare l’economia marchigiana e i processi di internazionalizzazione.
Il mondo continua a correre e sappiamo che le crisi non sono dappertutto sulla faccia del globo. Non dobbiamo cadere nel pessimismo abbandonando il coraggio di voler lavorare per il bene e la crescita economica della nostra regione.
Pertanto, le imprese marchigiane e la politica regionale di internazionalizzazione devono tenere conto di questi dati puntando rapidamente ad ottenere da una parte un “balzo straordinario delle esportazioni” in termini quantitativi perché il mondo ha fame dei nostri prodotti e il numero dei consumatori continua ad aumentare ovunque in maniera esponenziale. Ma allo stesso tempo, gli sforzi devono essere indirizzati verso la più larga espansione possibile dell’export marchigiano sui mercati mondiali al fine di evitare eventuali e rischiose sovraesposizioni su singoli o pochi mercati che possono – in questo contesto internazionale – diventare oggetto di crisi in pochissimo tempo mettendo a rischio il nostro obiettivo strategico globale che è quello di garantire comunque uno “sviluppo senza fratture”.
Che cosa sarebbe successo ad un’azienda marchigiana che avesse avuto la Russia (sanzioni in corso) e la Turchia come i suoi unici due mercati principali se quest’ultima fosse piombata nel caos più totale oppure nella guerra civile? Scendendo drasticamente il proprio export avrebbe potuto garantire posti di lavoro?
Ecco il senso delle strategie prioritarie per l’internazionalizzazione delle aziende marchigiane: da un lato “il mondo deve diventare il nostro mercato” perché per il 2015, 61,8% dell’export delle Marche è andato verso i “soli” 28 Paesi UE (il dato sale a 73,3% se parliamo di tutta l’Europa); dall’altro dobbiamo evitare le “sovraesposizioni su alcuni mercati”, come la Russia (a causa delle sanzioni), anche perché oggi esiste un fattore oggettivo che fa si che una crisi può nascere ovunque e in qualsiasi momento.
Per concludere: la crisi turca del 16 Luglio 2016 ci ha appena dimostrato come, negli ultimi anni, i fattori di ordine a livello internazionale siano diminuiti in favore di quelli di disordine che continuano ad aumentare. In più, notiamo che esiste una certa moltiplicazione ed un’accelerazione del ritmo delle crisi, nonché la loro simultaneità. E tutto questo non può essere sottovaluto dalla politica, specialmente in piena era della globalizzazione ed interconnessione delle economie a livello planetario.