L’aspra concorrenza fra Stati per una corsa al materiale medico-sanitario, necessario ad affrontare la crisi provocata dal Covid-19, la dice lunga sulla forma ed il funzionamento dell’economia mondiale in questo momento della storia dell’umanità.

Ci sono delle situazioni spiacevoli, che auspichiamo poter cambiare, ma delle quali dobbiamo prima di tutto prendere atto.

Le Marche fanno parte di una delle zone del mondo e dei paesi nei quali si produce più di quanto si consuma. Si tratta di una grande regione esportatrice che ha avuto – fino ad oggi – un saldo positivo del proprio commercio estero. Questo è un dato di fatto.

In più, se si guarda al continente europeo, le Marche si trovano nell’area più prospera al mondo (circa 500 milioni di abitanti con i suoi 27+1 stati membri). Nella nostra zona, i diritti umani sono fondamentali, ci dobbiamo assicurare che la propria popolazione viva in pace, che la protezione sanitaria dei cittadini sia garantita, tutti compiti che rientrano tra le principali responsabilità delle autorità politiche elette dalla collettività.

Al di là della propaganda spinta dalle teorie del complotto circa l’origine del coronavirus, non bisogna aver paura di dire che il “lockdown” sia stato il prezzo che abbiamo dovuto pagare per vivere in una “democrazia”. Nel processo decisionale era giusto mettere la vita umana al primo posto. Questo non significa che sia andato tutto bene, specialmente se pensiamo ad alcune regioni (Lombardia in Italia) e ad alcuni paesi (Stati Uniti) dove abbiamo dovuto piangere molte, troppe vittime.

Ci sarà una seconda ondata o meno? Tra i nostri compiti e le nostre capacità qui sulla Terra, purtroppo non abbiamo la capacità di predire il futuro.

A noi, invece, spetta agire e fare. Agire per una ripartenza capace di tenere in considerazione di vincoli, legati ai nostri modelli produttivi. A noi spetta fare per migliorare le nostre condizioni di vita come paese, come continente e per contribuire a vivere in un mondo migliore, puntando per esempio sull’economia circolare.

E ci spetta anche non dimenticare che, anche in piena emergenza, molte regioni del mondo hanno ripreso o stanno riprendendo le loro attività, anche se a ritmo molto lento. Il commercio internazionale non ha cessato: nuove attività si sono sviluppate, visto che molte imprese e/o servizi si sono spostati totalmente o parzialmente in rete.

Le conseguenze di questi cambiamenti non saranno visibili subito. Bisognerà aspettare e gestirne le conseguenze, sia in termini di opportunità, di vincoli o di ricadute negative.

Prima della crisi sanitaria, eravamo preoccupati delle guerre commerciali, delle tariffe doganali e sicurezza delle vie di approvvigionamento tra grandi potenze nel mondo.

Con la pandemia, invece, ci siamo ritrovati con molteplici crisi che hanno seriamente fatto pensare ad un collasso del sistema. Sono stati colpiti pesantemente il settore dei trasporti (aerei, bus, treni), il settore del tessile, quello agricolo, ma anche in maniera più drammatica quello del turismo.

Per la ripartenza, dobbiamo puntare ancora una volta sull’internazionalizzazione delle nostre imprese marchigiane per essere pronti ad affrontare un mondo che si rinnova completamente e continuamente.

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