I legami delle Marche e dell’Italia con l’America sono molteplici e, in generale, non si possono ridurre solo ai viaggi e alle azioni del genovese Cristoforo Colombo o di Giuseppe Garibaldi “l’eroe dei due mondi”.
Molti Paesi – specialmente nel Sud America – hanno una base importante della propria popolazione di origine italiana. Un esempio autorevole è lo stesso Pontefice argentino Papa Francesco, così come il nome del Paese Venezuela che deriva da Venezia e dei governanti argentini che non lasciano nessuno spazio al dubbio.
Se concentriamo la nostra analisi sul Nord America, bisogna pensare al Canada verso il quale molti dei nostri concittadini si sono orientati quando eravamo noi ad emigrare e ancora oggi è un Paese che accoglie immigrati, anche se sulla base di titoli di studio e specializzazioni. Per quanto riguarda gli Stati Uniti d’America, invece, il nome stesso è un omaggio al navigatore toscano Amerigo Vespucci.
L’uscita dalla crisi finanziaria del 2008, dopo una lunga traversata del deserto, e scelte politiche senza precedenti come quella di cambiare la normativa che permette oggi agli Stati Uniti di esportare petrolio e gas, stanno segnando il ritorno degli USA sulla scena dei Paesi manifatturieri.
Questo è un dato che le Marche e le sue imprese non devono né ignorare, né sottovalutare.
Tale novità ci costringe a familiarizzare con nuovi termini come shale gas, shale oil, reshoring, e soprattutto a prendere contromisure o a sfruttare opportunità a seconda della posizione nella quale un’impresa si trova. Oltre ad essere un Paese fortemente manifatturiero – e sempre più chiamato a diventare tale – gli USA detengono alcuni primati a livello mondiale: primo mercato di consumo di beni (circa il 22/23%) e primo importatore; insieme al Canada, costituisce l’Area Nord America che nel 2015 ha rappresentato un valore export marchigiano pari a 816 milioni di euro; singolarmente, nella classifica delle destinazioni export della nostra Regione, gli Stati Uniti si collocano al quarto e il Canada al trentesimo posto.
Tra le grandi opportunità per le imprese marchigiane che agiscono su quest’Area o che intendono approcciarla vi è innanzitutto la possibilità di puntare ad un “polo del lusso”, senza tacere le forti disuguaglianze che caratterizzano tale mercato e quella parte del mondo.
Il secondo è quello del mercato dell’agroalimentare sul quale bisogna agire tempestivamente perché la tendenza, rispetto al livello nazionale, è decisamente negativa. Separando i due Paesi per una analisi di dettaglio infatti, rispetto al 2014, le aziende marchigiane hanno registrato un drammatico calo pari al 29% per gli Usa e al 6.1% per il Canada. L’agroalimentare marchigiano verso il Nord America si trova dunque in una situazione di estrema debolezza: parliamo sempre del Made in Italy/Made in Marche, dell’Italian Way of Life, che spopola, ma la classifica all’ottavo posto tra i settori merceologici a destinazione Nord America non sembra confermare questa situazione.
Qui, a far difetto, più che la questione della dimensione delle aziende marchigiane, devono essere questioni legate alla promozione dei prodotti, alla scelta e avvicinamento ai canali distributivi, nonché l’assenza di una conoscenza profonda della cucina marchigiana oltreoceano.
Questa situazione richiede un tempestivo intervento volto ad un sostegno a lungo termine, visto che non è da un giorno all’altro che i mercati adotteranno immediatamente i prodotti delle Marche. Al momento non abbiamo nulla di che vantarci se i risultati sono paragonati alle performance nazionali.
Ancora una volta possiamo riporre fiducia nella bontà e qualità dei nostri prodotti ma serve la regia del pubblico per aiutare il territorio a crescere in termini di notorietà e competitività senza trascurare il dettato costituzionale che l’iniziativa economica privata è libera.
“Calzature e pelletterie” rappresentano un comparto strategico a livello regionale collocandosi al secondo posto per destinazione USA e primo per destinazione Canada. “Meccanica, metallurgia e prodotti in metallo, apparecchi elettrici” (nell’ordine, primo, terzo e quarto posto come destinazione verso il Nord America) indicano che le Marche si collocano in una posizione di partner tecnologico che, avendo già performance positive in aree tecniche, ha grandi chance su questioni legate alla manifattura 4.0, al sostegno delle start up innovative, tecnologiche e PMI innovative. Campi nei quali abbiamo e avremo ancora da fare e dimostrare molto.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti soprattutto alcune aree possono risultare trainanti per le imprese marchigiane: a seconda dello Stato e della zona di interesse economico alla quale ci si rivolge è necessario individuare e indirizzarsi verso specifici cluster strategici, prioritari per le destinazioni export Marche, anche in termini di attrattività verso la nostra regione, quali ad esempio aerospaziale, biomedicale, manifattura avanzata (meccatronica/robotica), agricoltura e manifattura dei prodotti agroalimentari, tecnologie pulite, settore marittimo, nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, Scienze della vita e salute, smart cities. Il tutto in collaborazione con Università ed Istituti favorendo la scoperta e la nascita di nuovi talenti. Non va senza dubbio trascurato il settore della difesa in un momento storico di difficoltà legato anche alla cybersecurity e al terrorismo dilagante.
La recente visita del Presidente del Consiglio Matteo Renzi negli Stati Uniti ci ha dimostrato che le aziende Italiane (non solo l’ENEL per l’energia) e i ricercatori italiani possono avere molto da dire.
Le Marche devono mantenere grande attenzione sui gruppi che in Italia sono già molto avanti nelle attività, specialmente nei settori considerati di punta. Devono aprire e aprirsi alle realtà del Nord America tenendo conto della dinamicità oltreoceano e, laddove possibile e necessario, attirare queste realtà verso il nostro territorio.
Il tempo non gioca a nostro favore ma approcciando l’Area Nord America in modo sistematico e speculare rispetto ai nostri settori/cluster strategici abbiamo l’occasione storica di dimostrare l’unicità antropologica del nostro tessuto imprenditoriale e manifatturiero: la qualità dei nostri prodotti, la bellezza del nostro territorio, la necessità di spingere le aziende innovative al di fuori dei confini regionali. Abbiamo la possibilità di attirare investitori provenienti da un’area che al mondo si colloca, non dobbiamo stancarci di ripeterlo, come prima in termini sia di consumo che di ricerca e sviluppo.
Opportunità che non vanno sprecate, né oggi né mai proiettando – da subito – le traiettorie regionali di sviluppo nella cornice globale di riferimento per l’intera comunità internazionale, cornice sotto i riflettori proprio nelle prossime ore a New York: Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, da un lato, ai quali nessun Paese può più sottrarsi dal 1 gennaio 2016, e Accordo sul Clima Cop21, dall’altro, l’intesa mondiale che sta per essere siglata dal Premier Matteo Renzi nella città più popolosa degli Stati Uniti d’America.
Un mercato, un territorio, dunque, con il quale fare i conti in modo consapevole e deciso. In gioco vi sono i sogni degli imprenditori, la competitività di un sistema e una miriade di posto di lavoro: il futuro dell’Italia e delle Marche.