L’accordo raggiunto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con i Presidenti delle regioni italiane circa una data nazionale di riapertura – il 4 maggio 2020 -, comune per tutto il territorio italiano, impone una presa di coscienza chiara ed inequivocabile.

Le forti scosse di terremoto registrate in questa settimana nel piacentino e nel pavese non devono farci cedere al panico e al catastrofismo. Questi fatti ci devono ricordare che le Marche sono una zona dove continuare – e terminare – la gestione di tutte le questioni legate al sisma che ha colpito nel 2016-2017.

Adesso è un momento nel quale ci vuole calma e sangue freddo.

Innanzitutto, il pensiero va a tutte le vittime in Italia, in Europa e nel mondo, senza dimenticare medici e personale sanitario italiano. Secondo l’ultimo conteggio e l’elenco stilato dalla FNOMCeO (Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri), il 17 aprile queste perdite enormi ammontano a 131 persone.

E’ assolutamente indispensabile avere profonda coscienza del rischio che si sta prendendo. Bisogna fornire tutte le informazioni delle quali siamo a disposizione oggi in maniera chiara e completa, e le ragioni che hanno spinto a prendere una tale decisione, nel contesto odierno ed attuale.

Diventa altresì importante essere consapevoli in maniera chiara – e spero ahimè definitiva – che bisogna prendere atto di quanto segue.

Bisogna porre le giuste domande su quali siano i nostri veri vincoli, i nostri punti deboli, quali siano le vecchie sfide ancora irrisolte o non affrontate, nonché evidenziare i nostri punti di forza. Bisogna tenere in considerazione tutti questi punti nella formazione dei processi decisionali con i quali saremo chiamati a confrontarci subito dopo quella data spartiacque del 4 maggio 2020. Da lì in poi, bisognerà fare e agire di conseguenza.

Dobbiamo prendere atto – qualora ce ne fosse ancora bisogno – che ci sono problematiche che ci portiamo dietro da anni. Cose che non vediamo o che non vogliamo vedere, quelle che attribuiamo ad altri attori (all’Europa per esempio), mentre in realtà queste derivano da una nostra decisione o mancata decisione, soprattutto a livello locale e regionale. Dobbiamo avere il coraggio di agire, allontanare i tabù, di non aver paura di mettere in atto, il più rapidamente possibile, la tecnica del partenariato pubblico-privato per esempio. Le battaglie precedenti che l’Italia stava portando avanti fino ad oggi non si vincono senza l’Europa. Ancora meno questa del Covid-19.

Poi, ci sono delle realtà emerse delle quali dobbiamo immediatamente tenere conto.

Se le vecchie sfide e priorità da gestire non vengono affrontate, se le realtà emerse non vengono trattate subito “a caldo”, saremo qui ancora fra qualche anno a lamentarci e a puntare il dito contro nuovi o gli stessi capri espiatori.

Vediamo brevemente lo stato attuale delle cose. A livello nazionale, più di dieci milioni di persone sono ferme, con conseguente rallentamento drastico dei lavori di ufficio e di azzeramento delle commesse per le industrie. Nelle nostre campagne – perché checché se ne dica l’Italia è un paese agricolo – esiste una grave carenza di braccianti che richiede, qualora ce ne fosse ancora bisogno, di considerare il nostro settore agroalimentare come altamente strategico per l’economia regionale e nazionale.

La quota parte della popolazione marchigiana (e italiana) al di sopra dei 65 anni supera il 20% della popolazione e continuerà sempre e comunque ad aumentare. La questione dell’assistenza di questi cittadini, che si apra ai loro bisogni e quella riguardante una industria connessa da sostenere, sono elementi che devono richiamare la nostra attenzione. Qui dobbiamo stimolare, far entrare in gioco la nostra creatività e la nostra fantasia.

La scarsa digitalizzazione ci ha aperto gli occhi e rischia di diventare un vero e proprio freno all’educazione dei nostri figli. E ritardi nella digitalizzazione non sono accettabili per un paese dove la burocrazia esiste dai tempi dell’impero romano, un paese che ha visto nascere il metodo scientifico di Galileo Galilei, l’arte insuperabile di Raffaello, i lavori di Guglielmo Marconi, un paese che ha dato i natali ad Antonio Meucci, Adriano Olivetti, Enrico Mattei, Maria Montessori, ecc.

Questo settore e questa sfida continuano invece a rappresentare un momento delicato nel quale le nostre imprese non possono ignorare che il mondo è uno spazio già aperto e che la nostra civiltà si sta orientando sempre più verso lo spazio. Digitalizzazione e Industria 4.0, riconversione sono temi da affrontare con serietà e impegno.

Il nostro personale sanitario sogna il riposo una volta usciti dall’emergenza e di riabbracciare i propri cari, di onorare i propri morti. I bambini vogliono tornare a scuola, le imprese vogliono riaprire, gli operai vogliono tornare in fabbrica.

Vediamo di lasciare indietro scuse come quelle di dare tutte le colpe ai migranti e all’Europa, a quest’ultima dedico una particolare attenzione in quanto si sta delineando una chiara tendenza: conversazioni e strategie politiche si stanno orientando verso il puntare a sparare tutto contro l’Europa. Questo avverrà sicuramente nei prossimi mesi e potrebbe durare anni, dimenticando – ancora una volta – di sfruttarne le opportunità e di pensare innanzitutto ad alzarci dopo questa prima caduta.

Non dobbiamo altresì dimenticare che dobbiamo fare e agire per contribuire alla tutela e alla difesa degli interessi della popolazione marchigiana – in una regione che esporta il 70% della produzione di beni e servizi verso la destinazione Europa – e non a trovare l’occasione di spingere esclusivamente una ideologia, fallita da tempo, che si vuole portare avanti sfruttando questa tragedia mondiale. Siamo sicuri che tutti vogliono uscire dall’Europa? Perché lo dovremo fare solo noi? Queste le domande per le quali aspettiamo delle risposte e delle motivazioni chiare nei prossimi mesi ed anni. Sarà una battaglia dura ed aspra.

La televisione – soprattutto quella pubblica – può e deve diventare un mezzo di educazione di massa, come lo era nei primi anni, invece di continuare a rappresentare l’arena dei nostri comportamenti peggiori, finendo per farci dimenticare che siamo la seconda potenza manifatturiera in Europa, dopo la Germania, tra le prime dieci economie del mondo e il paese esportatore al mondo. Infine, nelle Marche si produce di tutto e fino ad ora avevamo un saldo import/export in positivo.

Non dimentichiamo tutte queste cose così rapidamente per un confinamento che aveva come obiettivo principale quello di salvare vite umane.

La conclusione è che il momento del rientro significa anche fare ed agire da subito.

Pertanto, è un nostro dovere cercare di mettere in piedi il più rapidamente possibile un sistema in grado di affrontare le vecchie sfide (piccola dimensione delle imprese marchigiane e italiane, passaggio generazionale, sfida manageriale, la scarsa progettualità generale), senza dimenticare le nuove (digitalizzazione, economia circolare, Industria 4.0, senilizzazione). Prendiamo in considerazione di utilizzare più risorse possibili, sia umane (donne, talenti da ovunque provengano) che materiali (finanziamenti), per affrontare la prossima sfida in maniera ordinata ed organizzati al meglio delle nostre capacità, con donne e uomini necessari che la nostra regione è attualmente in grado di offrire.

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