Dopo tutti questi giorni che stiamo vivendo, tutte le informazioni che stanno trapelando, ma soprattutto in memoria di quelli che ci hanno lasciato – e dopo aver superato la soglia degli oltre centodieci medici deceduti in questa immane tragedia – nessun comune, provincia, regione, paese del mondo potrà sottrarsi da un lavoro certosino di retrospezione sulla maniera nella quale questa crisi mondiale è stata gestita.
Alcuni hanno già intrapreso la via della solita scorciatoia individuando subito il maggior responsabile di questa strage degli innocenti – maggiormente anziani – in quel capro espiatorio dell’Europa e trovando finalmente un motivo “populista” di forte appiglio per un ripudio totale e definitivo.
Non dimentichiamoci che, al di là delle tensioni che si possono verificare nei processi decisionali europei, di cattive decisioni prese in piena emergenza, alcuni malati italiani e francesi sono stati accolti in Germania. Non avevamo mai sperimentato la solidarietà sanitaria che oggi segna invece un’altra pietra miliare nelle relazioni con i nostri partner europei.
Qualcuno vuole spingerci sulla strada degli errori politici e strategici commessi dai britannici con Brexit e che si sono oggi risvegliati – loro come noi – con un vero nemico, diverso da quello che credevano o che ci era stato dipinto come tale. In Gran Bretagna, per quelli che tifavano Brexit, il dirottamento dei finanziamenti in miliardi da orientare verso un sistema sanitario quasi al collasso è rimasto una promessa elettorale che oggi abbiamo l’obbligo di ricordare, senza polemizzare sulle bare dei morti, ma per ricordare come l’inganno può portare e potrebbe portare pesanti conseguenze nelle nostre vite. Accanto a questo, i migranti che sembravano aver invaso ogni spazio della nostra vita, delle nostre città e che occupavano la maggior parte delle nostre riflessioni politiche, fanno parte delle forze che si prendono cura dei nostri e che puliscono ambienti nei quali lavorare oggi è mettere la propria – e quelle delle proprie famiglie – a rischio.
Oggi, qualsiasi sistema di gestione o di governo che possa dare spazio o permettere alla solidarietà di agire per vincere il male deve essere salvaguardato. Al di là di tutte le sue imperfezioni che vanno prontamente individuate, e modificate, come “il patto di stupidità” denunciato in tempi non sospetti da Romano Prodi.
Questa necessità di retrospezione non riguarda solo l’Europa. Per essere più chiari, e per imparare che la solidarietà paga, osserviamo il paese più potente al mondo e guardiamo quello che sta succedendo all’economia più forte del mondo. In questi giorni di aprile 2020, gli Stati Uniti stanno purtroppo per entrare nella fase più acuta della malattia Covid-19, il momento più difficile in termini di vittime del virus e di probabile rischio di saturazione degli ospedali. Nessun paese al mondo, per quanto grande esso sia, potrà mai provare e cercare di fare da solo in situazioni come queste.
La disoccupazione di massa che sta per colpire il paese potrebbe essere peggio di quella della crisi del 2008 in quanto comparti economici, turistici e culturali non erano in passato quasi tutti al fermo, come invece sta capitando nella fase odierna.
Oltre all’Europa – che qualche errore grave lo ha commesso – questa necessità di retrospezione non riguarda solo il paese più potente del mondo, ma dobbiamo scendere ai livelli amministrativi più bassi per capire le implicazioni della solidarietà.
Che cosa sarebbe stata la nostra vita senza la solidarietà di questi giorni?
Che cosa sarebbe stata, senza le misure prese a livello locale da sindaci coraggiosi rimasti ai loro posti di combattimento? Che cosa sarebbe stata la nostra vita senza i numerosi sacrifici degli operatori sanitari, che hanno compiuto il loro dovere fino alla morte in molti casi? Che cosa sarebbe stata la nostra vita senza il sacrificio delle forze dell’ordine che hanno lasciato le loro famiglie a casa per recarsi al lavoro tutti i giorni, nelle strade e negli spazi pubblici, affrontando quotidianamente il costante pericolo del virus invisibile? Come sarebbe stato il nostro dolore senza i nostri militari lontani dalle loro città di origine, e che hanno partecipato alle vaste operazioni di raccolta delle salme dei nostri cari per la sepoltura di questi cittadini che hanno giurato di proteggere nel “difendere la patria” e rimasti vittime di questa strage inaudita?
Prima ancora della Pasqua del 2020, l’Italia aveva superato la soglia dei cento medici morti a causa del virus e dei 20.000 morti. Non dovremmo mai dimenticarlo, soprattutto se pensiamo che qualche medico era pure volontariamente ritornato in corsia dalla pensione.
Non dobbiamo e non possiamo dimenticare tutto questo.
Restiamo con gli occhi aperti. I nostri occhi accecati dalle lacrime di dolore, i nostri cuori che grondano di sangue per la sofferenza dovuta alla perdita in poche ore di parenti cari e – soprattutto – per non averli potuti salutare degnamente, non devono impedirci di sentire. Dobbiamo restare capaci di sentire il loro richiamo all’unità e alla solidarietà del bel paese che, dopo la crisi sanitaria, avrà bisogno di tutta la sua lucidità e tutto il suo realismo e senso della realtà per fare e agire.
Un partenariato pubblico-privato per affrontare un mondo completamente nuovo sarà assolutamente inevitabile, soprattutto per affrontare la crisi economica che seguirà questa sciagurata crisi sanitaria. Non è la prima crisi sanitaria che conosce il mondo, ma questa arriva ad un momento nel quale le interconnessioni erano ad un livello altissimo e forse mai visto fino ad ora. Arriverà la gestione (più lunga) della crisi economica, per la quale i rischi di lacerazioni della nostra società saranno anche grandi.
Vogliamo far ripartire l’economia? Allora lo dobbiamo fare nella piena consapevolezza che siamo un paese che produce di tutto e più di quanto consuma, che l’economia interna è stato il nostro punto debole, ma che possiamo e dobbiamo rilanciarla con l’economia circolare. Dobbiamo rilanciare l’economia prendendo coscienza che siamo un paese che non ha risorse energetiche sufficienti sul proprio territorio e trarne le dovute conseguenze.
Proprio in quei futuri momenti di difficoltà e di aspre discussioni che arriveranno, dovremo riguardare indietro e ricordarci – e purtroppo molti rischiano di averlo dimenticato quando arriverà il momento – che è stata proprio solidarietà, anche economica, che ci fece uscire piano piano da una crisi sanitaria nella quale fummo capaci di appendere le bandiere fuori dalle nostre finestre e dai nostri balconi, ma che fu anche la stessa solidarietà a far stare il mondo sui balconi pensando e cantando per il nostro paese, l’Italia.