Introduzione
Tra le sfide più conosciute e riconosciute dalla collettività e quelle molto mediatiche e mediatizzate, possiamo citare crescita economica, lotta al terrorismo internazionale, digitalizzazione e sicurezza dei dati (cybersecurity). Eppure, ne esiste anche un’altra che rappresenta un obbligo morale importante, ma disatteso – purtroppo – da moltissimi anni.
Si tratta della sfida di impostare una cooperazione capace di generare un vero e proprio sviluppo sul Continente africano, in grado di trattenere le persone sulle loro terre, creando sul posto opportunità di lavoro, e provare così a fermare il fenomeno delle migrazioni internazionali che hanno reso il Mediterraneo – il mare nostrum – un vasto cimitero a mare aperto.
Qui di seguito proviamo ad articolare una riflessione, partendo dallo stato dell’arte e focalizzando l’attenzione sul fatto che nessun obiettivo potrà mai essere raggiunto senza un forte coinvolgimento anche del settore privato e della Responsabilità Sociale di Impresa.
1) Motivi: umanitario, geografico, politico
Contenere le migrazioni internazionali – oltre ad essere un obbligo morale disatteso da anni – è diventato oggi un obbligo strategico per l’Italia e per l’Europa. La Storia delle migrazioni internazionali sarà per sempre collegata alla Storia dell’Italia per molti motivi: umanitario, geografico, politico.
Il primo motivo è umanitario. Al di là delle polemiche e di alcuni casi che dimostrano il contrario, l’Italia è stata tra i paesi che, quando si è trattato di salvare vite umane in mare, non ci ha pensato due volte.
Malgrado il periodo di grave crisi economica e finanze pubbliche in cattivo stato, sono state investite risorse economiche senza badare né a sforzi né a ulteriori spese, caratteristiche unite a pazienza, solidarietà dei cittadini, insieme alla professionalità del personale militare e civile.
Il secondo motivo è geografico. In effetti, l’Isola di Lampedusa è stata il punto di attracco di molti migranti. A largo delle nostre coste ci sono state numerose vittime. Molte sepolture di migranti, che resteranno sconosciuti per sempre, si trovano proprio sul nostro territorio.
Il terzo motivo è di carattere politico. Per rimarcare questo fenomeno nella nostra Storia, l’Italia è stata tra i rari – se non l’unico paese – ad istituire per legge, promulgata dal Presidente della Repubblica il 21 Marzo 2016, la “Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione”.
Solo dopo tantissimi sforzi e proteste dei nostri vari governi, questa questione per la quale noi italiani siamo sempre stati in prima linea – e spesso da soli – è finalmente diventata una questione europea. Ed è esattamente da qui che deve ripartire l’analisi profonda delle questioni che hanno portato ad uno spostamento di popolazioni di tale portata, fino ad oggi sconosciuta.
2) Destino imposto, promesse mai mantenute e nuovo obbligo
Povertà, guerre con logiche locali o quelle su procura a difesa di interessi che abitano altrove non sono fenomeni che nascono oggi sul Continente africano. È stato il destino imposto (essere – e di rimanere solo – il fornitore di materie prime del mercato mondiale così come essere sempre stato definito impropriamente “Continente nero”) che ha provocato le conseguenze che conosciamo bene oggi.
Eppure, promesse nella direzione degli aiuti c’erano sempre state. La promessa – mai mantenuta – dei paesi sviluppati era di dedicare 1% del proprio PIL alla Cooperazione allo Sviluppo. Ad oggi, solo i paesi scandinavi si avvicinano al massimo di 0,7% che i paesi ricchi dedicano alla Cooperazione allo Sviluppo. Nel frattempo, l’Africa è passata dai circa 300 milioni di abitanti, all’alba delle indipendenze negli anni Sessanta, ad una popolazione di 1 miliardo e 216 milioni di abitanti del 2016. Ecco perché progetti come l’elettrificazione del Continente diventano priorità strategiche. Non solo perché l’elettricità è la base di tutto un impianto di sviluppo, ma soprattutto per via dell’estensione territoriale ed il numero delle popolazioni coinvolte in tale processo. Inoltre in molti Paesi interessati la popolazione ha meno di venticinque anni e diventa importante soddisfare anche bisogni come ad esempio educazione, salute e sport.
Per tutti questi motivi ci dovrà essere già ben chiaro – fin dall’inizio – che gli Stati avanzati non saranno in grado di vincere questa sfida da soli. Già da subito si deve essere perfettamente consapevoli – causa rischio fallimento dell’obiettivo di diminuire drasticamente o di eliminare la povertà in Africa – che sarà indispensabile coinvolgere altri attori, diversi dagli Stati, dalle organizzazioni internazionali o dal settore pubblico.
Stiamo parlando non solo della necessità ma di un nuovo obbligo di coinvolgimento sia della società civile europea che anche di quelle numerose del Continente africano, delle varie fondazioni ed associazioni già coinvolte nelle questioni dello sviluppo da moltissimi anni e ad un livello quasi professionale. Per reperire il massimo di risorse umane, materiali e finanziarie a beneficio della Cooperazione allo Sviluppo, si deve anche parlare con e coinvolgere associazionismi locali, come quelle del mondo marchigiano per esempio impegnate ne volontariato e che chiedono sostegno e apertura alle loro idee, per poter continuare attività senza scopo di lucro. E non sarà comunque sufficiente.
3) Situazione critica: OSS, disponibilità finanziaria insufficiente e fabbisogno reale
L’anno 2015 ha segnato la fine degli 8 Obiettivi del Millennio adottati nell’anno 2000, sostituti a settembre dello stesso anno da 17 Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile con una durata pari a quindici anni. Ricordiamoci che, rispetto al passato, questi obiettivi non riguardano solo i paesi meno avanzati, ma riguardano TUTTI i paesi firmatari del mondo.
E pensare di risolvere la questione della Cooperazione allo Sviluppo attingendo SOLO allo 0,7% del PIL dei Paesi avanzati è una pura illusione. Se dovessimo considerare l’ipotesi fatta dal direttore della Banca Mondiale Bertand Badré all’inizio del 2015, cioè se tutti i Paesi versassero la loro quota dello 0,7% del PIL – ipotesi ad oggi mai concretizzata – si tratterebbe di una disponibilità comunque di “soli” 300 miliardi di dollari annui contro un fabbisogno annuo della Cooperazione allo Sviluppo che si aggira, come stimato dal Presidente della Banca Mondiale Jim Young Kim, intorno ai 1.000/1.500 miliardi di dollari aggiuntivi.
Queste dichiarazioni provenienti da fonti autorevoli ci presentano un quadro reale di una situazione abbastanza critica. Allo stesso tempo, lasciano anche pochissimo spazio ai dubbi sulla scelta da fare. Bisogna agire. Agire veloce e cercare di fare presto. Oggi – in seguito alla crisi del 2008 che è venuta a peggiorare una situazione che era già critica in termini di aiuti allo sviluppo – bisogna aiutare di più con meno risorse a disposizione. In che modo?
4) Responsabilità Sociale delle Imprese come fattore indispensabile
Leggendo queste cifre è evidente che, da una parte, l’Aiuto allo Sviluppo da solo non potrà essere sufficiente per coprire i fabbisogni e che, dall’altra, l’obiettivo e l’impegno di dedicarvi lo 0,7% del PIL da parte dei Paesi avanzati rimane fissato per il 2030. È chiaro che ogni altra fonte o forma di aiuto sia la benvenuta.
Vista la situazione oggettiva di risorse limitate nella quale ci troviamo rispetto a sfide e bisogni, diventa assolutamente indispensabile coinvolgere dei partner – anche nuovi – da portare su questa strada, anche attingendo tra attori del settore e dell’economia privata innanzitutto attraverso l’azione ed il coinvolgimento della Responsabilità Sociale delle Imprese (o CSR Corporate Social Responsabilty). Non dobbiamo neanche dimenticare un nuovo fattore strategico capace di risolvere rapidamente ed in modo efficace problemi secolari o di grande impatto sociale o ambientale come il mondo delle start up. Anche le imprese coinvolte nel settore della Green Economy oppure dell’Economia della Condivisione (Sharing Economy) sono in grado di apportare la loro “pietra all’edificio”.
A tale scopo, il Centro di Imprenditorialità Diffusa, già proposto negli articoli precedenti come soluzione per affrontare diversi problemi e sfide delle imprese marchigiane, appare un luogo fisico adatto per promuovere anche la Responsabilità Sociale delle Imprese (CSR) legata al tema della Cooperazione allo Sviluppo. Si potrà incentivare anche il loro ricorso a fondi europei dedicati al tema, a volte inutilizzati per mancanza di risorse umane competenti in europrogettazione. Oltre al coinvolgimento della popolazione nelle operazioni di solidarietà, questa attività può essere estesa infatti a tutte le aziende che, indipendentemente dal settore di appartenenza, possono essere invitate a partecipare alle operazioni. In questo modo potrebbero far beneficiare anche il proprio territorio di un ritorno di immagine, partecipando alle operazioni di raccolta fondi, come impresa donatrice o come operatore incaricato di eseguire i lavori. In caso di successo delle proposte progettuali, per l’Amministrazione locale o regionale esisterebbe infatti una buona possibilità di ottenere importanti risultati quali: a) realizzare un gran numero di progettualità, nonostante la scarsità di risorse economiche, coinvolgendo l’associazionismo e volontariato locale; b) diventare un modello ed esempio da seguire per il metodo di lavoro; c) incentivare la notorietà di autorevoli personalità legate sia alla Cooperazione allo Sviluppo che all’Italia – e nel nostro caso specifico anche alle Marche – le quali hanno reso grande il nostro Paese nel mondo. E si potrebbe guardare con attenzione al coinvolgimento proprio delle Grandi Imprese, a volte accusate di non far beneficiare le popolazioni locali delle ricchezze che quelle stesse imprese traggono dalle risorse di quei paesi. Potremmo rappresentare una Eccezione Marchigiana anche in questo.
Conclusioni
Possiamo pertanto affermare che la Cooperazione allo Sviluppo del presente e del futuro deve svolgersi in una chiara consapevolezza: quella che nessuna nazione, nessuna organizzazione internazionale di stampo politico o economico, nessun settore sia esso pubblico o privato, potrà – da solo – essere sufficiente a soddisfare l’immenso fabbisogno di risorse economiche che siamo ormai costretti a considerare per un obiettivo che, oltre a coinvolgere il nostro animo dal punto di vista di un obbligo morale, è ormai un vero e proprio obiettivo strategico per la stabilità economica e sociale delle nostre società. Ovunque si trovino. Perché l’interesse ad un rapido sviluppo non coinvolge più una sola parte, ma è ormai diventato un punto di riflessione globale che fa finalmente pensare e sperare che anche le soluzioni lo diventeranno presto.