La politica non è morta. Si è semplicemente trasformata in un processo completamente nuovo, dimostrato dalla proliferazione – a partire dalla crisi del 2008 fino ad oggi – di movimenti di protesta (es. Movimento Occupy Wall Street negli USA, Podemos in Spagna, Piraten in Germania, M5S in Italia, ecc.) e dal fenomeno del populismo. Anche questa è politica. Ed è nostro compito sforzarci di capire che cosa sia successo.
Oggi, la modalità del cittadino di confrontarsi con la politica è completamente nuova. Le informazioni non vengono più selezionate PER gli utenti, ma – soprattutto – NON possono più essere “imposte” attraverso organi di stampa del proprio partito o del proprio orientamento politico.
La globalizzazione ha avuto almeno due effetti sulla comunicazione politica. Da una parte, ha dato luogo ad uno straordinario bombardamento di informazioni, che ha le caratteristiche di essere costante e di provenire da tutto il mondo. Dall’altro sono, invece, gli stessi utenti a decidere che cosa vogliono sentire, ascoltare e vedere. Gli interessi sociali e politici dal livello generale si sono così “frammentati”, creando una moltitudine di “nicchie politiche”, ognuna con particolarità specifiche e che, grazie alla tecnologia, sono in grado di farsi sentire comunque e ovunque.
Ecco da dove nasce la sfida della partecipazione che riesce – a causa della tecnologia – a convivere perfettamente in un ambito di scarsa partecipazione alle elezioni.
Ecco perché il ricorso alla corretta rappresentazione di fatti, con numeri, statistiche e dati oggettivi, diventa importante e strategico, per districarsi in questo mondo politico che, dalle piazze, si è spostato nella rete Internet, attraverso i blog e i social media, dai quali anche piccoli gruppi con la giusta politica di comunicazione – ma spesso semplicemente grazie alla provocazione – riescono a farsi sentire.
In questo momento storico, nei sistemi democratici e per i processi elettorali in generale, stiamo assistendo a due fenomeni che si sviluppano in parallelo. Da una parte, esiste un crescente di astensionismo e, dall’altra, una straordinaria voglia di partecipare, che mette vecchi comportamenti, protagonisti e sistemi della “vecchia politica” sotto un’enorme pressione e davanti a difficoltà che oggi sembrano insuperabili.
Eppure, una via d’uscita c’è. Si tratta di procedere a nuovi modi e metodi di fare politica con almeno quattro obiettivi strategici. La logica è che, da una parte, si tratta di riportare la gente nelle sezioni locali mentre, dall’altra, bisogna rispondere a questa straordinaria voglia di partecipare con risposte ai quesiti e con azioni legate alle richieste legittime dei cittadini.
La prima risposta strategica è quella di riportare la gente nelle sezioni grazie alla ludopolitica.
Partiamo da una considerazione. Oggigiorno tutti gli individui/persone, partiti politici, associazioni, movimenti, paesi, organizzazioni, imprese, artigiani, ecc., si devono confrontare con sfide ad almeno cinque livelli: locale, regionale, nazionale, europeo, globale. Alcuni considerano tali interdipendenze talmente complicate che si rifiutano di volerle capire ed approfondire. Ma tutti i fenomeni globali, siano essi percepiti più o meno complessi e lontani da “casa nostra”, hanno in realtà effetti e ripercussioni sulle nostre realtà quotidiane. Occorre quindi trovare un modo per spiegare fenomeni – nell’era della globalizzazione riguardano tutti, nessun cittadino escluso – in un linguaggio semplice. Specialmente in una fase in cui, come si è precisato, si è bombardati da informazioni.
Parte della soluzione appare quella di far tornare a parlare le persone tra loro, ma serve ritrovare uno spazio fisico nuovo, nuovi negli approcci e nei metodi, uscendo dal virtuale per rientrare nel reale. Parte della soluzione è realizzare un circolo, in cui ricorrere a materiali, giochi, mappe, oggetti “parlanti” o in generale interattivi che spiegano bene le problematiche e che possano servire anche a sfatare miti e leggende metropolitane (es. Europa solo austerità). La ludopolitica serve a dare un contributo, attraverso un metodo innovativo da far vivere e animare nei circoli, per uscire dalla finzione e dal nascondere i veri problemi (es. nei quattro Atenei marchigiani vi è un numero più elevato di donne laureate rispetto al numero di colleghi uomini e questo comporta impostare fin d’ora la via irrinunciabile dell’imprenditoria femminile per il futuro fiorente delle Marche), serve a guardare in faccia alla realtà, partendo innanzitutto da una corretta e oggettiva conoscenza della stessa, per rimettere il Paese in cammino con cittadini più consapevoli ed informati, che guardano quello che succede sia intorno a noi (Comune, Regione, Italia), che nel mondo (partendo dall’Europa), piazza dove l’Italia deve andare a giocare per affrontare sfide globali (riscaldamento globale, energie rinnovabili, questioni migratorie, ecc).
Far progredire il Paese significa quindi mettere i cittadini e la futura classe dirigente in condizione di essere consapevoli – capire i problemi, saperne spiegare bene l’origine – per trovare le migliori soluzioni da applicare. Occorre promuovere il principio dei diritti ma anche dei doveri (il dovere di informarsi?).
Ad esempio è un dovere informarsi sull’Europa e su quello che può rappresentare per una realtà a vocazione imprenditoriale, manifatturiera, della micro-impresa ed esportatrice, come le Marche.
Oggi il tentativo di affrontare la grande sfida di far tornare l’Europa nei cuori della gente si traduce, per il PD Marche, cercando di spiegare concetti come: a) l’Unione Europea non è il mostro che i suoi avversari vogliono presentare; b) non è dispendiosa come alcuni dei suoi stessi Stati Membri; c) alcuni comuni di città europee hanno più dipendenti dell’Unione Europea stessa. Questi concetti si potrebbero spiegare ricorrendo alla ludopolitica, proponendo nelle riunioni di circolo grafici, dati, numeri e oggetti, per evidenziare il paragone del peso dei budget dei singoli Paesi rispetto al budget totale UE tradotto in grafici e oggetti. E così, partendo da pochi grafici e numeri da tradurre anche in oggetti – comunicazione semplice ma oggettiva priva di ogni propaganda – può scaturire una riflessione politica. A questo esempio si potrebbe anche aggiungere la rappresentazione della quota export marchigiana verso la Destinazione Europa che è pari, dal 2013, a oltre il 70%. Dunque la domanda che si potrebbe fare ad alcuni lavoratori marchigiani, che hanno preso la via della contestazione dell’Europa o che si sono messi ad ascoltare le sirene dell’euroscetticismo, sorge spontanea: per quei lavoratori che contribuiscono tutti i giorni a fare grande il nostro sistema produttivo marchigiano, ha senso lavorare la settimana intera per guadagnarsi lo stipendio in aziende che vendono in Europa e andare poi in comizi nei quali si punta il dito contro l’Europa, dove cioè tutti i mali sono dell’Europa?
La seconda risposta strategica si chiama “politica di servizio”. Si tratta di mettere in campo persone nuove o che abbiano voglia di mettersi in gioco sulla base di chiare competenze da mettere a disposizione della Collettività, del proprio Territorio, del proprio Paese e al servizio dell’Europa (CTPE).
La terza risposta strategica consiste nel mettere in campo contenuti sulla base del fatto che il nostro mondo si muove sempre di più verso una base tecnica, matematica e scientifica e che l’evoluzione e lo sviluppo delle nostre società non deve essere bloccato da idee superate (blocchi ereditati dalla Guerra Fredda, comportamenti reazionari contro le conquiste dei nuovi diritti civili, perenni differenze e discriminazioni basate sul genere, etc.)
La quarta risposta strategica consiste nell’aprirsi ai nuovi metodi di concepire la partecipazione dei cittadini alla politica (prove di democrazia diretta a livello locale), aprirsi ai nuovi metodi di lavoro (coworking, FabLab, Contamination Lab, Spin off, Incubatori, Acceleratori) e diffondere i nuovi modi e tecniche di produzione e di consumo (Economia Circolare, Green Economy, Sharing Economy, ecc). Bisogna dedicare particolare attenzione ai nuovi concetti e ai nuovi principi che ci circondano, come quelli del lavoro a distanza dei propri clienti, dai propri datori di lavoro o il lavoro in remoto rispetto alla propria azienda.
Queste soluzioni potrebbero rivelarsi degli stimoli straordinari in grado, da una parte, di aumentare l’occupazione e, dall’altra, di avere cittadini informati e consapevoli in grado di comprendere determinate scelte e indirizzi, evitando così polemiche e propagande inutili. Diventa indispensabile, come cittadino e come politico, conoscere alcuni elementi fondamentali su cui poggiano migliaia di posti di lavoro (es. Europa, Internazionalizzazione e Imprenditorialità) per favorire il massiccio ingresso di giovani ma soprattutto donne – l’altra metà del cielo senza l’intervento della quale ogni sviluppo sarà vano – nel mercato del lavoro di un’economia che comincia a dare segnali di ripresa.