In seguito alla propagazione del virus denominato SARS-CoV-2, la nostra regione e l’Italia si trovano in una situazione drammatica. Una parte di Europa è ancora addormentata ed alcuni paesi propongono di far contrarre la malattia Covid19 alla popolazione per “sviluppare l’immunità di gregge”. Tutto questo impone di fare delle scelte velocemente.
Nella Storia dell’Europa – oltre all’impegno civico e alle lotte per la conquista dei diritti – purtroppo, a contribuire allo sviluppo sociale e tecnologico sono state principalmente le guerre. Ad esempio, così entrano le prime donne in fabbrica, così cominciano a guidare imprese e mezzi di trasporti pubblici quando – e perché – gli uomini erano “al fronte”. E molte invenzioni provengono dal settore bellico. Purtroppo, è stata la guerra a provocare questi profondi mutamenti nella nostra società.

Per poter affrontare al meglio questa nuova sfida dobbiamo per forza considerarci in guerra?

Ricordiamoci che la “quarantena” è stata diffusa nel mondo a partire da Venezia. La situazione è grave. Sono state introdotte misure drastiche che riducono la libertà di circolazione sancita dalla Costituzione italiana e ci sono limitazioni nello spazio Schengen che ci fanno scoprire che esiste un’Europa basata su molto di più che mere relazioni commerciali. Inoltre dobbiamo registrare il divieto di ingresso imposto ai nostri cittadini in alcuni paesi in giro per il mondo che ci fanno capire meglio che cosa significa essere respinti nelle situazioni di bisogno e di pericolo.
Stiamo affrontando un nemico invisibile che di danni ne ha combinati tanti e ne sta combinando ancora.
Purtroppo, ci sono stati molti morti senza diritto di visita dei propri cari, senza funzioni funebri e senza essere accompagnati all’ultima dimora.
Danni a vite umane, che lottano ancora nelle sale operatorie, e a quelli che si sono rinchiusi in casa. Il Codiv19 porta con sé una valanga di problemi presenti e di sfide future che coinvolgono anche il personale sanitario, che ha dimostrato una devozione e senso di sacrificio infiniti. I medici sono ritornati o sono stati richiamati dalla pensione.

Ma non dobbiamo dimenticare né ignorare il contributo essenziale e decisivo delle esplorazioni terrestri (Charles Darwin), marittime (Cristoforo Colombo, Amerigo Vespucci) e spaziali (Sputnik, Yuri Gagarin e le Missioni Apollo) e degli atti proattivi che rilevano dalla volontà di fare allo sviluppo sociale e tecnologico. Non dovrebbero essere le guerre a farci cambiare.

A titolo di esempio, la protezione dell’ambiente e la nascita di molti movimenti che si trasformeranno in partiti cosiddetti dei “verdi” nascono dopo la diffusione mondiale della più famosa fotografia del nostra pianeta scattata dallo spazio (foto chiamata “Blue Marble” scattata il 7 dicembre 1972 dall’Apollo 17). Non fu la prima fotografia del pianeta scattata dallo spazio, ma fu quella che diede la coscienza diffusa che siamo tutti legati da un unico destino.

Da qui partì la democratizzazione dello studio, migliorando il modo di insegnare nelle scuole. Ma rimane ancora molto da fare.

Per quelli che si pongono ancora la domanda sul perché investire nella ricerca ed attività spaziali, la risposta dovrebbe essere chiara.

Molte delle cose che abbiamo conosciuto ed imparato dallo spazio hanno finito per avere un impatto qui sulla Terra. Queste attività sono anche capaci di stimolare l’attività imprenditoriale. Non è di pubblico dominio, ma molti paesi come il piccolo Lussemburgo hanno una quota parte importante del PIL generato dalle attività spaziali. In Italia, abbiamo ancora enormi spazi di crescita. Nel Lazio esiste un distretto nel quale molte imprese si dedicano allo spazio, mentre le Marche avrebbero tutte le carte in regola per molti processi di riconversione in questo settore.

Ma tutto questo richiede un cambio di passo perché siamo ad un crocevia.
Dobbiamo considerare che il nostro futuro come regione passa (anche) attraverso la scienza e la tecnologia, che non ci possono più essere opzioni, ma che esiste un perno per il rilancio dell’economia e per affrontare la questione delle 6.000 donne in più, rispetto ai colleghi uomini, iscritte nei 4 atenei marchigiani, così come risulta dai dati dell’anno di immatricolazione 2018/2019.
Certo, all’innovazione non si comanda. Ma ci servono più Scienze, più Tecnologia, più Ingegneria, più Arte e più Matematica: STEAM.

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