Con l’operazione Mare Nostrum, nel pieno di una grave crisi economica che colpiva il Paese mentre di fatto eravamo ridotti allo stato di un partner lasciato un po’ da solo, l’Italia ha dimostrato al mondo che la vita umana è un valore prezioso che va difeso, ovunque e comunque.

Solidarietà e nuovo ordine mondiale

Le popolazioni delle nostre isole e quelle del Sud Italia – tanto criticate in altre circostanze – si sono contraddistinte per uno spirito di accoglienza fuori dal comune, che è sicuramente andato al di là di ogni aspettativa e ben oltre il tradizionale senso di ospitalità. In più, la Guardia costiera, la Guardia di Finanza, le forze dell’ordine in generale, i medici, gli infermieri, i volontari e purtroppo anche gli operatori dedicati al recupero e alla sepoltura delle vittime, erano e sono tutti italiani provenienti da ogni parte del Paese. Tutti questi elementi concorrono a riflettere su noi italiani come cittadini di un Paese che spesso viene tirato in ballo per vicende negative.

Oggi, anche l’Europa intera ci riconosce questo merito ma tutto ciò non ha fermato una crisi migratoria senza precedenti cominciata nel Mediterraneo, il “Mare Nostrum” appunto. Anzi quella crisi si è aggravata ed è iniziato un flusso interminabile, un arrivo massiccio di popolazioni in fuga da guerre, persecuzioni politiche, miseria e fame. Alla fine l’Europa, che aveva designato il 2015 come “Anno Europeo per lo Sviluppo”, è venuta in nostro soccorso. La Germania ed altri Paesi hanno aperto le loro porte ai rifugiati per far fronte ad un esodo che per la prima volta coinvolge anche chi, donne e bambini, tradizionalmente tendeva a restare vicino alle zone di conflitto. Di fatto stiamo assistendo ad un fenomeno di abbandono permanente e di svuotamento definitivo di intere aree di provenienza. Non era mai successo.

Questo è un campanello d’allarme importante perché si sono accese gravi e nuove problematiche alle quali neanche gli specialisti erano mai stati sottoposti. Come la protezione dei bambini e dei minori, come la questione della violenza e dei rischi dell’incolumità fisica delle donne, tutto questo sulle strade della migrazione, in pieno movimento.

A ciò si aggiungono altri fenomeni. La persistente minaccia terroristica e i continui attentati nel mondo, anche in zone ritenute tradizionalmente più tranquille, hanno finito per forzare la mano alle grandi potenze, nonostante la crisi ucraina. In effetti come conseguenza diretta Stati Uniti e Russia si sono messi d’accordo nella lotta al terrorismo. Le due grandi potenze hanno saldato un’alleanza trovando un’intesa su un cessate il fuoco in Siria, che sembra reggere. Tutto ciò ci porta dritti verso un nuovo ordine mondiale.

Per quanto riguarda l’Italia, quali riflessioni dobbiamo fare davanti a questo probabile ingresso in un nuovo ordine mondiale? Quali possono essere i nostri contributi per abbassare rapidamente il livello di violenza con pretesto religioso e conflitti provocati da crisi economiche? Il cosiddetto “dialogo tra il Nord ricco e il Sud povero” non basta più. Una autorevole riflessione ci arriva dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha richiamato “sull’esigenza di governare con responsabilità e solidarietà questo fenomeno così importante sul piano ormai storico che non si esaurirà in breve tempo e che comporta la collaborazione con i Paesi che sono all’origine del fenomeno.”

Aiuti allo Sviluppo

Evitare, ridurre le migrazioni significa prima di tutto non abbandonare la strada dell’Aiuto allo Sviluppo.

Nel 2014 la disponibilità dei Paesi del Comitato di Aiuto allo Sviluppo dell’OCSE è stata di 135,2 miliardi di dollari, pari ad un media di 0,29% del PIL di questi Paesi, che – invece – avevano sempre promesso di arrivare almeno allo 0,7% del PIL stesso. Dall’altra parte, secondo Jim Yong Kim, Presidente della Banca Mondiale, le necessità dello sviluppo chiamano un fabbisogno per gli aiuti di 1.000/1.500 miliardi di dollari aggiuntivi ogni anno, com’è stato dibattuto autorevolmente anche alla Conferenza Internazionale dello Sviluppo di Addis Abeba nel 2015. Inoltre i Paesi delle Nazioni Unite per i prossimi 15 anni hanno l’obiettivo di navigare verso l’Agenda 2030 – un quadro di riferimento universale per aiutare tutti i Paesi ad eliminare la povertà e a conseguire sviluppo sostenibile – mettendo in azione 17 nuovi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS), adottati a New York a settembre 2015 nel corso del Vertice straordinario dell’ONU.

Questi obiettivi richiedono la mobilitazione di tutti i Paesi, di tutte le parti interessate e incidono senz’altro sulle disponibilità finanziarie e sulle politiche nazionali dei singoli Paesi.

Come si può ben vedere, con le nuove e vecchie sfide in gioco, l’aiuto tradizionale allo sviluppo è uno strumento necessario ed essenziale, ma che non basta più. Bisogna puntare ad un aumento esponenziale delle risorse per gli aiuti, nonché ad un loro migliore ed efficace utilizzo. In caso contrario sarà tutta fatica sprecata.

Bisogna provarci. Bisogna partire da questi nuovi obiettivi (OSS), dalla volontà dei cittadini marchigiani tradizionalmente inclini all’aiuto verso il prossimo, anche dalle imprese e le start up che hanno dei sistemi efficaci ed efficienti per risolvere problemi vitali e magari dal loro interesse a comunicare i programmi di Responsabilità Sociale in cui saranno coinvolte. Partire da una Amministrazione PD che, da sempre, mette la solidarietà tra i popoli nelle sue priorità e individuare delle strade da percorrere.

Bisogna partire da un assetto completamente nuovo e tener conto dell’azione del legislatore nazionale che ha riunificato tutti gli attori nel sistema italiano della cooperazione per lo sviluppo con la nuova recente legge nazionale n.125/2014, in vigore dal primo gennaio 2016.

Strade da percorrere: il dialogo con l’Africa e la mobilitazione pubblico-privata

Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi è particolarmente attento al tema degli Aiuti allo Sviluppo. E’ stato tra i pochissimi Premier stranieri intervenuti alla Conferenza Onu per il finanziamento allo Sviluppo in Etiopia del 2015, tra quelli italiani che hanno viaggiato di più in Africa, rivolgendo da subito il suo sguardo a tale Continente. La dichiarazione congiunta, lo scorso novembre a Bruxelles, dell’Europarlamentare Gianni Pittella, Presidente del Gruppo S&D, insieme ai capi dei gruppi politici ALDE e EPP, è stato un appello ai leader europei a proseguire il dialogo con l’Africa attraverso la cooperazione allo sviluppo investendo in modo particolare in mobilitazione di fondi, progettualità e competenze. Il ruolo del Continente come partner interlocutore dell’UE è stato al centro del Vertice UE-Africa di Malta che ha visto riunirsi Capi di Stato e di Governo europei ed africani a La Valletta il 10-11 novembre scorsi. In tale occasione si è individuato un Piano di Azione da attuare entro la fine del 2016 ed avviato un Fondo fiduciario di emergenza per l’Africa. Gli interventi in questi giorni del Presidente Sergio Mattarella, impegnato in un viaggio di Stato proprio in Africa dal 13 al 20 marzo, insieme al quadro dei rapporti UE-Africa e le relative traiettorie di sviluppo socio economico, testimoniano la lungimiranza e la visione geopolitica del Governo Italiano, anche in vista della prima Conferenza Italia-Africa che si terrà a Roma il prossimo 18 maggio.

In tale contesto Regione Marche, Fondazioni, Onlus, Organizzazioni Non Governative, Associazioni, Cooperative, imprese e start up marchigiane – con tutto il sistema della cooperazione indicato nella legge 125/2014 – hanno l’occasione storica, irripetibile ma anche urgente, di dimostrare e di mettere le loro capacità ed abilità a disposizione del mondo. E’ necessario costruire una rete regionale per lo sviluppo e la riduzione della povertà, le azioni si possono svolgere negli ambiti più diversi ma serve la cooperazione di tutte le forze della società: Governi, società civile e mondo dell’imprenditoria. Che cosa significa questo slogan? Significa che il pubblico deve lavorare con il privato, che le imprese possono iniziare, partecipare o congiungersi a dei programmi che prevedano per loro un ritorno di immagine (Responsabilità Sociale). Che per la realizzazione dei programmi sono richiesti una progettualità ed una capacità di seguire la loro realizzazione. Senza dimenticare le risorse naturali e paesaggistiche, intellettuali ed umane interne nei Paesi destinatari, anche perché i beneficiari degli aiuti non devono essere in nessun caso esentati dal fare la loro parte.

Conclusioni

Il tempo non gioca a nostro favore. I processi possono essere lunghi e tortuosi, i dialoghi tra pubblico e privato lenti e difficili, i progetti nelle zone di destinazione difficili da elaborare.

Mentre dibattiamo sulle difficoltà a mettere in campo tentativi concreti, i migranti continuano ad affogare nei nostri mari, ma anche nei fiumi. E questi sono dei motivi in più per cominciare prima possibile perché “la migrazione è una responsabilità condivisa dei Paesi di origine, di transito e di destinazione”. Tutto per una causa tra le più nobili: ridurre la povertà, proteggere l’ambiente, nella finalità di creare sviluppo.

Questi sono i temi del futuro per tentare di fermare le violenze, i conflitti e le migrazioni, sempre alla ricerca ovunque, e non solo da noi, di uno “sviluppo senza frattura”.

E la Regione Marche deve prendere attivamente parte – e perché no – la leadership di questo processo che ha appena iniziato un nuovo cammino. Si è già data una missione di promozione dei diritti umani, della cultura di pace, della cooperazione allo sviluppo e della solidarietà internazionale con apposita Legge Regionale del 2002. Qui, dalla crisi migratoria, arriva anche l’occasione di farlo mano nella mano e con la mobilitazione della società civile marchigiana, senza dimenticare i marchigiani nel mondo.

Articoli simili