L’attuale situazione delle relazioni internazionali politiche ed economiche ci impone di constatare che la questione delle migrazioni rappresenta, per alcuni paesi, una minaccia, mentre per altri una vera e propria opportunità.

Forse, cedendo l’1% del proprio PIL per la cooperazione allo sviluppo quando era il tempo di farlo, forse accettando il controllo delle nascite come misura per arginare la crescita demografica nei paesi poveri – misura adottata in Cina – forse, i paesi avanzati e le organizzazioni con influenza internazionale avrebbero potuto contribuire a migliorare la condizione globale rispetto a quella che viviamo oggi?

La Germania di Angela Merkel, accogliendo più di 1 milione di rifugiati l’anno scorso, ha deciso di affrontare la questione delle migrazioni cogliendone le opportunità. A questo punto ci si chiede come mai le elezioni dello Stato-Regione del Meclemburgo Pomerania abbiano suscitato molto rumore.

Parte della risposta ce la fornisce il Direttore del più prestigioso settimanale tedesco “Die Zeit”, Giovanni di Lorenzo, il quale, in un articolo pubblicato su Repubblica.it, afferma che “Il Land dove si è votato è il Land con l’indice più basso di stranieri di tutta la Germania e anche di profughi. In più è un Land che ha avuto successo per un buon governo e aiuti federali negli ultimi anni: disoccupazione dimezzata e Land economicamente in crescita”.

Allora, che cosa è successo in una zona grande quanto la Lombardia, con soli 1,6 milioni di abitanti su poco più di 23.000 km2, nella quale i cittadini erano chiamati a decidere l’attribuzione di 71 seggi tra i contendenti? Prima di tutto è successo che si trattava anche del collegio elettorale della Cancelliera Angela Merkel, nel quale si affrontavano ben 17 partiti, per un totale di 389 candidati e 7 candidati indipendenti. Erano chiamati al voto “solo” 1,3 milioni degli elettori in una Germania che conta 80 milioni di abitanti.

E’ successo che è cambiata la Storia. A cominciare da una affluenza del 61,6% contro quella del 51,5% nel 2011. Un partito (Atlernative für Deutschland – AfD), nato a febbraio del 2013, dopo le ultime elezioni, ma nell’ondata della protesta in Europa – partita dalla Spagna nel 2011 – è riuscito a raccogliere il 20,8% dei voti, soffiando i seggi del Parlamento locale ai Verdi (Die Grünen), ai Liberali (FDP) e al partito estremista di destra NPD (filonazista). Queste tre forze tradizionali in Germania sono state incapaci di superare lo sbarramento del 5% richiesto ed oggi sono, pertanto, escluse dal Parlamento. Una cosa mai vista prima.

In questo nuovo scenario, l’AfD è una forza che siede già in 9 dei 16 Parlamenti dei “Länder” tedeschi. Ottima mossa quella di riciclarsi da forza euroscettica per puntare verso nuovi obiettivi; in Europa molti partiti lo hanno fatto, dopo essersi trovati di fronte ad un’Europa fonte di soluzioni e non – come molti sostenevano – di problemi. Adesso per l’AfD l’euro non rappresenta più il problema. Ha scelto la politica di immigrazione della Germania e, al momento, sembra essere questa la sua forza vincente.

La crisi economica globale e la paura dei suoi effetti hanno generato crisi bancarie ed internazionali. Hanno provocato migrazioni massicce, con la conseguente “paura del diverso”. Tutto questo in una zona dell’ex-Germania dell’Est, tradizionalmente poco abitata e un po’ lontana da tutto e da tutti.

Questi – da soli – non possono essere gli unici elementi per spiegare un voto che implica una protesta.

Questo voto è da interpretarsi come un voto “contro Angela Merkel”. Finché insisteva sull’austerità e sui continui richiami verso gli “Stati indisciplinati del Sud Europa”, finché diceva che i tedeschi non possono pagare per tutto e per tutti, andava tutto bene. Basta analizzare la differenza tra l’export 2015 dell’Italia e quello della Germania – e la relativa bilancia commerciale – per capire che in Germania tutto sommato non se la passano così male. Se per l’Italia stiamo parlando di un avanzo 2015 pari ad € 45.166.017 (differenza tra Export €413.881.349 ed Import €368.715.332), in Germania la differenza tra Export (€1.195.940.000) ed Import (€948.050.000) ha determinato un avanzo 2015 pari ad € 247.890.000, cioè un ammontare corrispondente a cinque volte quello italiano. Un abisso tra le due prime potenze manifatturiere d’Europa.

La perdita di consenso dei movimenti neonazisti è un altro esempio per dimostrare che le cose non vanno poi così male, soprattutto quando la disoccupazione si è dimezzata in 10 anni e il turismo va a gonfie vele.

Dobbiamo concludere che l’esito del voto sembra trasmettere una sensazione: quella che i cittadini si siano ribellati perché non hanno più riconosciuto lo “Stato efficiente”, atteso in una situazione in cui i migranti, arrivando nel caos, rendono un’immagine di paese disorganizzato, proprio come sono percepiti quelli del Sud Europa.

I cittadini sembrano essersi ribellati perché – addirittura – non sono stati chiamati a dare il loro parere per decidere sul futuro assetto della popolazione della Germania accettando o meno questa immigrazione di massa. Hanno così punito il mancato coinvolgimento della loro voglia di partecipare. Allo stesso tempo, hanno espresso il sentimento diffuso a livello nazionale. Tant’è vero che il tema della campagna, l’immigrazione come materia del contendere, non riguarda affatto direttamente né la popolazione né il territorio nel quale si svolgevano le elezioni.

Attenzione. Non si tratta di sottovalutare o di ridimensionare. Si tratta di una pura analisi che, invece, come dimostrano i fatti, ha avuto un suo “peso”. E vedremo cosa dirà il prossimo appuntamento elettorale cruciale della Germania, quello della Città Stato di Berlino, Capitale del Paese, che si svolgerà tra qualche settimana.

Gli altri partiti d’Europa – compreso il PD Marche – devono trarre la lezione che sono cambiati i tempi. Ma soprattutto sono cambiati i cittadini.

Sulla scia delle piazze occupate, partendo dal 15 maggio 2011 a Madrid (Indignados e poi Podemos), fino a New York (Occupy Wall Street), passando nei laboratori politici che si sono svolti in Islanda, nelle scuole di un nuovo modo di fare politica presenti in Svizzera e nel modello di partito di protesta italiano, che ha fatto scuola in tutto il mondo, i cittadini chiedono disperatamente l’attenzione dei loro rappresentanti.

Vogliono partecipare alle decisioni che si riferiscono allo svolgimento della vita politica della comunità. Danno importanza all’etica nell’economia e nella politica. Non vogliono più decisioni calate dall’alto, rifacendosi così al “principio di sussidiarietà” che, insieme all’Europa, è stato ben recepito e spesso applicato.

Se non vogliamo più assistere a risultati di elezioni che, nella migliore delle ipotesi, continuiamo a non capire o, nella peggiore, a definire come irrazionali, i partiti devono smettere di interrogarsi sulle motivazioni di un così netto divorzio con le loro basi.

Partecipazione, coinvolgimento, condivisione sono i risultati che nel futuro prossimo dobbiamo raggiungere per non perdere il “soggetto attore base” della democrazia.

Articoli simili